In Gestione la discussione procede e il tempo stringe. Pamini (Udc): ‘Possibile compromesso tra borghesi’. Plr e Centro sono cauti. Ps e Verdi: no netto
«Non siamo a riva e nemmeno vicini. Anzi, siamo ancora piuttosto in mare aperto». È con questa chiara metafora che Fiorenzo Dadò sintetizza lo stato delle discussioni sul Preventivo cantonale 2023 in corso all’interno della Commissione della gestione, della quale è presidente. Sono tre i grossi capitoli su cui i gruppi parlamentari dei diversi schieramenti politici non hanno ancora trovato una solida maggioranza, illustra Dadò a ‘laRegione’: «Innanzitutto non c’è una convergenza sulle cifre visto che si sa già che alcune saranno diverse, come ad esempio quelle relative alle imposte di circolazione, quelle per i sussidi di cassa malati, e non solo».
Oltre a ciò, come noto, vi è infatti grande incertezza anche sui 137 milioni della Banca nazionale svizzera (Bns) preventivati a ricavo che rischiano di non arrivare. E a tal proposito «non si è ancora trovata una convergenza nemmeno sulle indicazioni da dare al governo per quanto riguarda le possibili misure da adottare in caso l’importo o parte di esso non dovesse essere versato», ha reso noto Dadò. Il terzo grande nodo ancora da sciogliere riguarda la richiesta, fatta proprio dallo schieramento del presidente della Gestione (il Centro/Ppd), di un’analisi della spesa pubblica condotta da un ente esterno «che è la condizione del mio partito per votare il preventivo».
Grande è ancora la confusione sotto il cielo del Preventivo 2023, insomma. Ma all’orizzonte, sebbene per carità si sia «in mare aperto», un approdo potrebbe esserci. È quello di un possibile compromesso tra le forze borghesi: l’ipotesi gira attorno alla possibilità di approvare il deficit fissato dal governo a 79,5 milioni, ma con una lunga serie di postille. Spiega tutto il deputato Udc Paolo Pamini, che parte da una premessa: «Come è noto, la nostra posizione era di tagliare la spesa per 150 milioni. Ma siamo disposti a fare un passo indietro, se con le forze borghesi (Plr, Centro e Lega) si riuscirà a convergere». Convergere dove? «Il Preventivo ha un problema, cioè cifre non del tutto aderenti alla realtà – annota Pamini –. La nostra stima è che dalla Bns potrebbe arrivare qualcosa, ma mancherebbero 82 dei 137 milioni messi a Preventivo».
Il punto saliente «è che entro il 2025 bisogna arrivare al pareggio di bilancio, come detto il 15 maggio dai cittadini che hanno votato il Decreto Morisoli». E quindi, «il compromesso che potrebbe reggere sarebbe che il governo prevede 80 milioni di disavanzo? Noi lo prendiamo per buono, non ci focalizziamo sul volume della spesa complessiva, ma coerentemente col ‘Decreto Morisoli’, sul disavanzo. Quindi potremmo votare il Preventivo come presentato, aggiungendo un capoverso al Decreto legislativo dove fissiamo a 80 milioni il deficit massimo. Se arrivano per intero i soldi dalla Bns, bene. Se non arrivano, toccherà al governo far saltare fuori quei soldi con misure di compensazione».
Che, però, dovranno tenere conto di due cose: «La prima è che i cittadini in maggio hanno chiesto di agire prioritariamente sulla spesa, senza aumentare tasse e imposte, senza toccare le fasce fragili» ricorda Pamini. La seconda, «è che le misure compensatorie in mano al governo ci sono, una su tutte la concessione del carovita ai dipendenti». Se queste misure compensatorie dovranno passare dal Gran Consiglio, «il vincolo che poniamo è che le proposte arrivino entro il 31 marzo, quindi dal governo in carica prima delle elezioni, e che siano capaci di ottenere una maggioranza».
«In realtà – considera la capogruppo Plr Alessandra Gianella – la proposta non è tanto distante da quella prevista dal governo che nelle sue tappe ha indicato un disavanzo di 80 milioni per poi scendere a 40 l’anno successivo e arrivare al pareggio di bilancio entro il 2025». Domani il gruppo liberale si troverà per discuterne, «ma in ogni caso – considera Gianella – una manovra di rientro sarà necessaria. Dobbiamo però aspettare le cifre del consuntivo che arriveranno ad aprile per poter definire il suo ammontare. E anche in base a ciò che succederà con la Banca nazionale, che è la più grossa incognita, una volta che le cifre saranno consolidate si potrà capire che direzione prendere». Per la capogruppo Plr è dunque meglio attendere, visto che «pensare di escogitare una riforma da 140 milioni in tre mesi, con le relative modifiche di legge ed entrate in vigore è illusorio. Il percorso è già tracciato e in ogni caso dai paletti messi dal Decreto Morisoli non si scappa».
«Siamo senz’altro d’accordo di chiedere al Consiglio di Stato di mettersi al lavoro su degli scenari alternativi, che per inciso avrebbero già dovuto essere sviluppati nel messaggio sul preventivo perché già in giugno si sapeva che la Banca nazionale era in grosse difficoltà», afferma Maurizio Agustoni. Per contro il capogruppo del Centro/Ppd sottolinea la «necessità di identificare in modo condiviso una cifra su cui riflettere per un contenimento della spesa già nel 2023. Per esempio, stabilire già adesso che se mancheranno i 137 milioni della Bns bisognerà adottare misure di risparmio per 137 milioni rischia di essere poco realistico e poco prudente». Inoltre, valuta Agustoni, «occorre fare attenzione a impostare manovre di risanamento su importi esagerati perché rischiamo di imbarcarci in tagli di spesa che possono fare male quando non ce n’è una reale necessità».
«Come già fatto nelle scorse settimane, la Lega propone di affrontare questa situazione seguendo quanto fatto nel Preventivo 2016. Fu allora sufficiente inserire degli obblighi chiari in un Decreto Legislativo per passare in soli tre anni da uno Stato che continuava a registrare perdite enormi a uno Stato che ha saputo risalire la china», spiega dal canto suo il leghista Michele Guerra. Quindi, «proponiamo di mettere mano al Decreto legislativo sul Preventivo 2023 inserendovi vincoli a carico del governo atti a dare avvio a un processo di risanamento delle finanze, in questo caso basato sulla riduzione degli eccessi di spesa, con obiettivo di perdita zero nel 2025». E, di conseguenza, «iniziare a tirare la cinghia già nel 2023».
A sinistra l’opposizione è forte. «Andremo verso un rapporto di minoranza», conferma il capogruppo del Ps Ivo Durisch. Perché «ci sono due questioni importanti che ci preoccupano: un Preventivo deve sottostare al principio della prudenza e della trasparenza, deve avere delle cifre coerenti con lo stato dell’arte. Da parte nostra – aggiunge Durisch – proporremo, anche con degli emendamenti al rapporto di maggioranza, almeno di adeguare al rincaro gli importi per gli aiuti sociali: avrebbe un impatto finanziario molto basso, 2,5-3 milioni, ma con un’importanza rilevante per le persone toccate. Il governo dice che potrebbero farlo comunque, anche senza inserirlo nel Preventivo: noi vogliamo sia messo nero su bianco». In più, «chiedo che il governo risponda ai miei atti parlamentari sull’adeguamento al carovita, e celermente». Sul compromesso all’orizzonte a destra, Durisch è ancor più netto: «Si stanno arrampicando sui vetri».
«Noi di regola non sosteniamo mai né Preventivo né Consuntivo, perché non ci sono mai accenti rivolti a emergenze come la lotta alle disuguaglianze sociali e ambientali, in primis la crisi climatica» rammenta la co-coordinatrice dei Verdi Samantha Bourgoin. Nello specifico, «il Preventivo per il 2023 sembra dare cifre non aderenti alla realtà, e vede una destra che ha la tentazione di ‘lavarsene le mani’». Una destra, attacca ancora Bourgoin, «che ha la maggioranza in governo e in parlamento: se non ne arrivano a una, o è perché non è facile come dicono, o perché le elezioni si avvicinano e non vogliono scontentare nessuno. Entrambe le possibilità ci preoccupano molto».