Il Cantone lancia un programma di ‘prevenzione delle violenze e promozione dei diritti’. De Rosa: ‘Restiamo al passo con i tempi’
«I genitori di oggi sono più fragili di quelli di una volta, per diverse cause. Il nostro lavoro è aiutarli a prendere le decisioni giuste per i loro figli». Per questo motivo è stato lanciato il ‘Programma cantonale di promozione dei diritti, di prevenzione della violenza e di protezione dei bambini e giovani (0-25 anni)’. «Nel nostro paese i diritti vengono a volte dati per scontato, ma si può sempre fare meglio», ha spiegato il direttore del Dipartimento sanità e socialità (Dss) Raffaele De Rosa. Una necessità data anche dai cambiamenti sociali che la società sta vivendo. «Come autorità dobbiamo adattarci. Siamo passati da interventi puntuali a un vero e proprio programma cantonale». Prevenzione che dovrà passare giocoforza dal dialogo con giovani e famiglie. «È proprio da qui che siamo partiti – precisa De Rosa –. Ancora troppo spesso il bambino è considerato un oggetto da poter manipolare. Noi siamo partiti dall’ascolto, cercando di capire le loro idee». Sono stati 270 i bambini e i giovani, di età compresa tra i 3 e i 22 anni, a essere stati coinvolti nella raccolta d’informazioni, «da tutte le regioni del cantone, anche quelle periferiche» ha precisato il direttore del Dss. A loro si sono aggiunti oltre 250 professionisti del settore. Il progetto è programmato su 4 anni e avrà a disposizione un budget complessivo di 1,8 milioni di franchi.
Ma come si agirà nel concreto? Sono diversi gli ambiti, per un programma che si è voluto «fortemente interdipartimentale», ha sottolineato De Rosa. Verranno toccati: la famiglia, lo spazio sociale, il socio-sanitario, l’amministrativo e giudiziario e la scuola e formazione. Proprio le ore passate tra i banchi rappresentano un momento molto importante per i ragazzi. «La scuola è in prima linea in questo ambito di prevenzione ed educazione» ha affermato il direttore della divisione della scuola Emanuele Berger. Tra i maggiori pericoli c’è sempre quello rappresentato da internet e la tecnologia. «I giovani di oggi sono quelli che chiamiamo ‘nativi digitali’. Questo però non vuol dire che sono in grado di fare un uso sicuro degli oggetti che hanno tra le mani. L’antidoto a questo problema è uno: la consapevolezza». A questo discorso si aggiunge anche il tema legato alla sfera sessuale che «bisogna poter vivere in serenità e sicurezza come area del potenziale umano».
A seguire il progetto, ha spiegato De Rosa, sarà una «direzione strategica» di «professionisti attivi in vari ambiti composta da nove persone». Il ruolo di presidente di questo ‘pool di esperti’, tra i quali figura anche il procuratore generale Andrea Pagani, sarà ricoperto dal magistrato dei minorenni Reto Medici. «La considerazione per la figura del bambino è sicuramente cambiata nel tempo. Non è però cambiata la ricetta per crescere i propri figli: amore e affetto. Il che non vuol dire assecondare tutte le richieste dei bambini. Regole e limiti sono necessari per insegnare a vivere all’interno di una società. Il nostro programma va in questa direzione e si rivolge a giovani fino ai 25 anni, quindi anche maggiorenni». Tra gli strumenti per una sana educazione, spiega il magistrato, «non c’è più spazio per le punizioni corporali. Quella della ‘sberla educativa’ è un’idea che c’è ancora nella società e va corretta». Uno strumento concreto per aiutare la crescita dei giovani, secondo Medici, sono i centri giovanili sparsi sul territorio «che per me andrebbero aumentati» ha affermato. Un altro aspetto che non si può trascurare è la prevenzione dall’abuso di sostanze stupefacenti. «Nella mia carriera ho notato che, quasi sempre, quando ci troviamo davanti un caso di violenza in un modo o nell’altro c’entra un uso di sostanze, alcolici o droghe».
A dare un quadro della situazione, durante l’incontro di oggi con i media, è stata la direttrice della divisione giustizia del Dipartimento delle istituzioni Frida Andreotti. «Ogni anno sono circa 100mila i giovani coinvolti in procedimenti, penali o amministrativi. In questo numero ci sono i figli di coppie che si separano, vittime di abusi o autori di reati. È un campo piuttosto vasto, ma dà l’idea di come anche i ragazzi siano coinvolti nel ‘mondo dei grandi’». Ai casi che finiscono nei registri e nelle statistiche si aggiunge però anche «una parte silente, che bisogna sapere far emergere. La violenza non è solo fisica, ma anche psicologica», ha concluso De Rosa.