Iniziativa popolare costituzionale, parte domani la raccolta delle firme. ‘La mattina saremo nelle città, poi alla manifestazione di Bellinzona’
La raccolta delle firme comincia domani. «La mattina le raccoglieremo nelle città, il pomeriggio in occasione della manifestazione indetta a Bellinzona dall’Unione sindacale svizzera Ticino e Moesa», fa sapere il copresidente e deputato del Ps Fabrizio Sirica. E di firme, valide, ne serviranno – «entro il prossimo 4 febbraio» – almeno diecimila per la riuscita dell’iniziativa popolare costituzionale – denominata ‘Per un salario minimo sociale!’ – volta a cancellare la controversa deroga riguardante i contratti collettivi di lavoro. Quella per cui ai Ccl non si applica la Legge sul salario minimo varata nel dicembre 2019 dal Gran Consiglio e che entrerà in vigore a breve. Il lancio era stato preannunciato dal Partito socialista nelle scorse settimane, dopo «il terremoto TiSin», l’associazione/sindacato che ha stipulato con alcune ditte del Mendrisiotto contratti che contemplano retribuzioni orarie ben al di sotto del minimo legale. Stamattina a Giubiasco la presentazione ufficiale dell’iniziativa, sostenuta anche da Gioventù socialista, Verdi, Partito comunista e Partito operaio e popolare (Pop).
L’iniziativa propone una parziale modifica del capoverso 3 dell’articolo 13 della Costituzione cantonale. Capoverso, introdotto in seguito al sì delle urne (votazione popolare del 14 giugno 2015) all’iniziativa dei Verdi, secondo cui “Ogni persona ha diritto a un salario minimo che le assicuri un tenore di vita dignitoso”. A cambiare sarebbe la frase successiva. Che attualmente è la seguente: “Se un salario minimo non è garantito da un contratto collettivo di lavoro (d’obbligatorietà generale o con salario minimo obbligatorio), esso è stabilito dal Consiglio di Stato e corrisponde a una percentuale del salario mediano nazionale per mansione e settore economico interessati”. Di seguito la frase proposta dall’iniziativa costituzionale: “Esso (il salario minimo, ndr) è definito dalla legge, ma al netto degli oneri sociali non può essere inferiore a quanto riconosciuto dalle prestazioni complementari Avs/Ai per il fabbisogno generale vitale, l’alloggio, l’assicurazione malattia e le spese necessarie al conseguimento del salario”. Non si vuole però intervenire solo sulla Costituzione. «Ci muoveremo anche a livello parlamentare, agendo quindi sulla legge di applicazione dell’articolo costituzionale, per abolire la deroga per i contratti collettivi ed evitare pertanto che la normativa sul salario minimo» approvata dal Gran Consiglio quasi due anni fa «venga aggirata». C’è di più. Così come formulata, la frase che gli iniziativisti chiedono di ancorare alla Carta permetterebbe di portare il salario minimo orario a «21,50 franchi». Un importo che Sirica e colleghi mirano a inserire nella legge, la quale nella versione vigente prevede come prima forchetta 19-19,50 franchi, per giungere entro il 2025 a un salario minimo compreso tra i 19,75 e i 20,25 franchi l’ora. Per gli iniziativisti si può e si deve salire a 21,50, ma si potrebbe andare anche a «22 franchi». Questo salario minimo, rileva il copresidente del Ps, resterebbe «un salario sociale, tenuto pure conto dei parametri fissati dal Tribunale federale, e dunque attuabile».
D’altronde l’obiettivo, sottolinea Sirica, «è far sì che chi lavora e vive in questo cantone non abbia la necessità di ricorrere agli aiuti dello Stato». Un concetto evidenziato anche da Massimiliano Ay. Il segretario politico del Partito comunista e granconsigliere non ha dubbi: «In Ticino c’è bisogno di un salario minimo, dignitoso, e la sua adozione è urgente. Abbiamo un tasso di povertà fra le persone professionalmente attive che è circa il triplo di quello registrato nel resto della Svizzera». Nel nostro cantone, continua Ay, «la percentuale degli occupati che sono in assistenza supera la media nazionale e questo si traduce anche in una spesa, sotto forma di aiuti, per l’ente pubblico». L’iniziativa popolare costituzionale «solleva un altro tema e cioè il tipo di economia che vogliamo sul territorio, perché è vergognoso che in Ticino ci siano aziende che sopravvivono versando salari indecenti: saranno una parte minoritaria dell’imprenditoria, ma ci sono e sono socialmente irresponsabili». Ancora Ay: «Il salario minimo favorisce i frontalieri? Non è così. Vengono assunti lavoratori frontalieri anche per pagare meno la manodopera, cosa che genera dumping salariale e sociale: il salario minimo legale e dignitoso è uno degli strumenti per scongiurare la sostituzione di manodopera indigena per ragioni meramente speculative». L’iniziativa popolare viene appoggiata pure dai Verdi: «La sosteniamo come sosterremo tutte quelle proposte che servono a impedire ai furbetti di eludere la legge sul salario minimo», afferma la deputata e co-coordinatrice degli ecologisti Samantha Bourgoin. «Stiamo assistendo allo spopolamento del cantone a causa dei bassi salari, un cantone che sta diventando per soli ricchi», avverte Leonardo Schmid del Pop. «Un salario minimo di almeno 21,50 franchi all’ora è un concreto passo avanti, a favore anche delle donne», osserva Federica Caggia della Gioventù socialista.
L’iniziativa popolare costituzionale godrà del sostegno anche di Unia e Ocst? Per il momento non ci sono prese di posizione ufficiali da parte dei due sindacati, tradizionalmente attivi nella contrattazione collettiva. L’iniziativa appena lanciata va ad aggiungersi ai due atti parlamentari in materia inoltrati dal Movimento per il socialismo e firmati da Matteo Pronzini, Simona Arigoni Zürcher e Angelica Lepori Sergi. Due iniziative. Una chiede di rimuovere dalla legge sul salario minimo la deroga per i Ccl, ovvero la disposizione secondo la quale la normativa non si applica “ai rapporti di lavoro per i quali è in vigore un contratto collettivo di lavoro di obbligatorietà generale o che fissa un salario minimo obbligatorio”. L’altra propone di inserire nella Costituzione ticinese la frase secondo cui il salario minimo “deve almeno corrispondere al 66% del salario mediano svizzero”.