Marco Gaia di MeteoSvizzera spiega i risultati del rapporto Ipcc che prevede un aumento degli eventi meteorologici estremi
Incendi, inondazioni, temporali, canicola. Nelle ultime settimane varie parti del mondo sono state flagellate da fenomeni meteorologici estremi. Per quanto sia difficile imputare ogni singolo evento a ‘normali’ capricci atmosferici o al cambiamento climatico, gli esperti sono d’accordo: quest’ultimo esiste e ne vediamo gli effetti. Già nel 1988, con l’intento di studiare il riscaldamento globale, è stato fondato il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc), che su mandato dell’Onu pubblica ogni 4 – 6 anni un rapporto sullo stato delle conoscenze scientifiche sui cambiamenti climatici. Ieri è stata pubblicata la prima parte del sesto rapporto il quale indica che in futuro aumenteranno gli eventi meteorologici estremi come quelli che si sono verificati recentemente in Svizzera e in Germania. Come riportato dall’agenzia di stampa Ats la consigliera federale Simonetta Sommaruga ha scritto in un tweet che la Svizzera si impegnerà per un’efficace protezione globale del clima alla conferenza globale sul clima (Cop 26) prevista a Glasgow in novembre. Nel frattempo gli ambientalisti hanno reagito parlando del rapporto Ipcc come un appello ad agire. Anche i partiti di governo, a eccezione dell’Udc che non ha preso posizione, sono propositivi. Marco Gaia, responsabile del Centro regionale sud di MeteoSvizzera ci spiega nel dettaglio il contenuto del resoconto.
Come vengono creati questi rapporti?
Ognuno di essi è tradizionalmente costituito da tre parti, che saranno pubblicate una dopo l’altra nei prossimi mesi. La prima parte, frutto di un paio di anni di lavoro e accettata in riunione plenaria nelle scorse due settimane dai rappresentati dei 195 stati membri, è dedicata alle basi scientifiche dei cambiamenti climatici. Si passano in rassegna i cambiamenti già avvenuti (testimoniati dalle misure strumentali), si descrivono le spiegazioni scientifiche di tali cambiamenti e si illustra quello che dobbiamo attenderci nei prossimi decenni e secoli. Il rapporto è la sintesi del lavoro di migliaia di studi e ricerche degli ultimi 5 – 10 anni sul cambiamento climatico. Rappresenta la descrizione più accurata che le nostre conoscenze scientifiche ci permettono di ottenere attualmente in merito ai cambiamenti climatici osservati in atto e attesi.
Cosa si evince, in linea generale, da questo ‘resoconto’?
Il sesto rapporto testimonia come dall’ultimo rapporto Ipcc, pubblicato nell’ottobre del 2014, le conoscenze scientifiche siano ulteriormente progredite. In particolare si è in grado oggigiorno di ricostruire con maggiore precisione il clima del passato, i nuovi modelli climatici considerano fenomeni che fino a pochi anni fa non si riusciva a descrivere e si capisce sempre meglio come funziona quel complesso sistema che è il clima della Terra e i fattori che lo influenzano. Questi progressi confermano e rafforzano le conclusioni a cui erano già giunti negli scorsi anni i climatologi: il clima sta cambiando su tutta la Terra con una velocità che non ha paragoni negli ultimi millenni.
Aumento della temperatura, aumento dell’intensità delle precipitazioni, aumento della durata dei periodi di siccità sono i tre elementi chiave che, con differenze regionali, caratterizzano i cambiamenti climatici in atto e quelli futuri. Le cui cause sono riconducibili all’aumento della concentrazione dei gas a effetto serra nell’atmosfera dovuto alle attività umane. Il margine d’incertezza di quanto affermato nel rapporto è stato ulteriormente diminuito rispetto ai precedenti rapporti. Come pure la forchetta delle proiezioni future: entro la fine del secolo in corso la temperatura media globale (già aumentata di 1.1 °C rispetto all’epoca pre-industriale) aumenterà ulteriormente da 1.0 – 1.8 °C con efficaci misure di protezione del clima fino a 3.3 – 5.7 °C se si continuerà a usare in modo indiscriminato le fonti di energia fossile. Il rapporto spiega inoltre come ogni grado ulteriore di riscaldamento, rafforzi i cambiamenti collegati al ciclo dell’acqua e lo sviluppo di fenomeni estremi ad alto impatto sul territorio. Fra le diverse conclusioni a cui giunge l’Ipcc una è particolarmente fondamentale: se agiamo subito, abbiamo ancora la possibilità di limitare l’impatto dei cambiamenti climatici. Anche se alcuni cambiamenti sono già ora irreversibili, si potranno evitare quelli più nefasti e a ingestibile impatto.
Ci sono nazioni più ‘colpevoli’ di altre riguardo al cambiamento climatico?
La causa principale degli attuali cambiamenti climatici è l’emissione di gas a effetto serra a seguito dell’uso dei combustibili fossili. Fra questi gas l’anidride carbonica (il CO2) ricopre il ruolo principale e ha la proprietà di rimanere nell’atmosfera per secoli. Il CO2 presente oggigiorno nell’atmosfera è dunque il risultato dell’accumulo complessivo di quanto emesso a partire dalla Rivoluzione industriale fino a oggi. Sul lungo periodo sono le nazioni europee o nordamericane che hanno emesso le maggiori quantità di questo gas a effetto serra. Il quadro delle emissioni annuali per nazione sta cambiando negli ultimi anni: alcune nazioni, ad esempio quelle europee, stanno iniziando a ridurre lentamente le loro emissioni, mentre per altre nazioni, ad esempio quelle in cui lo sviluppo economico è in crescita, le emissioni tendono all’aumento.
Ci sono delle zone della Terra più colpite dal cambiamento climatico?
I cambiamenti climatici interessano (e interesseranno in futuro) l’intera Terra, nessuna regione esclusa. Per effetto dei cambiamenti climatici il clima si è modificato anche da noi, anche in Ticino, e muterà ancora nel prossimo futuro. L’impatto è differenziato e varia da regione a regione. Negli ultimi decenni la temperatura è ad esempio aumentata maggiormente nelle regioni settentrionali e nelle zone di montagna (in Svizzera dalla fine dell’800 l’aumento della temperatura annuale media è stato quasi il doppio rispetto alla media mondiale). L’aumento della temperatura è evidente su tutta la superficie terrestre, fatto salvo per il Polo Sud. Riguardo alle precipitazioni intense esse sono in aumento in numerose zone del globo (ad esempio dal Nord Europa all’Asia), mentre per le altre regioni al momento le serie di misura sono ancora troppo brevi per confermarlo.
Quali sono gli altri elementi, oltre alle emissioni di CO2, che favoriscono i cambiamenti climatici?
Grossomodo si possono raggruppare i principali fattori antropici che influenzano i cambiamenti climatici in due grosse categorie: quella delle emissioni di gas a effetto serra e quella dell’uso del territorio. Nella prima categoria si trovano, oltre alle emissioni di CO2, anche le emissioni di metano CH4 (proveniente ad esempio dagli allevamenti), di protossido di azoto N2O (proveniente dalle attività in ambito industriale e agricolo) o dei composti organici alogenati (provenienti dai processi industriali). Mentre nella categoria dell’uso del territorio figurano il disboscamento delle foreste tropicali, l’espansione delle zone urbane, l’estensione e la tipologia delle aree agricole. Modificare l’uso del territorio significa, ad esempio, andare a influenzare la capacità del suolo di assorbire il CO2 dall’atmosfera.
Quali sono le proiezioni per il clima nel futuro prossimo?
L’attuale aumento delle temperature continuerà in tutte le stagioni e per tutte le regioni, risultando particolarmente marcato andando verso il Polo Nord. Le precipitazioni medie andranno aumentando nelle regioni settentrionali (Nord Europa e Nord America, Canada, Siberia). Periodi di siccità prolungati toccheranno invece parti dell’Africa e del Sud America. Le regioni costiere saranno confrontate per decenni con l’aumento progressivo del livello del mare. Senza dimenticare l’aumento della frequenza e dell’intensità con cui si verificheranno fenomeni meteorologici estremi, collegati alle temperature e/o alle precipitazioni. L’ampiezza dell’impatto dipenderà da come gestiremo le future emissioni di gas a effetto serra: con misure rapide ed efficaci di riduzione verso zero di tali emissioni potremo ancora contenere almeno in parte i cambiamenti attesi, evitando gli impatti più gravi.
Ci sono delle zone della Terra che diventeranno inabitabili?
La futura abitabilità o meno di una zona dipende da come la popolazione che l’abita affronterà l’impatto dovuto ai cambiamenti climatici. In gran parte ciò dipende dalle capacità economiche della nazione coinvolta. Le nazioni con sufficienti risorse finanziarie potranno investire per adottare i necessari provvedimenti di adattamento e la popolazione potrà continuare a vivere anche in presenza di mutate condizioni climatiche. Laddove invece le risorse finanziarie sono (o saranno) scarse, i provvedimenti di adattamento saranno limitati e per molte persone ciò significherà migrare alla ricerca di condizioni climatiche meno inclementi. Già oggi le condizioni climatiche sono uno dei fattori all’origine dei fenomeni migratori. Il tema dei cosiddetti "migranti climatici" sarà un tema che ci accompagnerà nel futuro.
Quali sono le azioni che le nazioni devono intraprendere per limitare il cambiamento climatico?
Il rapporto appena pubblicato si concentra sugli aspetti scientifici alla base dei cambiamenti climatici. Nei prossimi mesi sono attesi due ulteriori rapporti: in uno si illustreranno le opzioni a nostra disposizione per i provvedimenti di adattamento, nell’altro ciò che può essere implementato per proteggere il clima (i cosiddetti provvedimenti di mitigazione). Dal primo rapporto emerge comunque con chiarezza come l’unico modo per contenere i cambiamenti climatici sia quello di ridurre a zero le emissioni nette di gas a effetto serra. Si afferma senza tentennamenti la necessità inderogabile d’intraprendere al più presto e in modo deciso la strada verso una decarbonizzazione della nostra società. Ciò significa nel concreto sostituire le fonti energetiche fossili con fonti che non emettono gas a effetto serra. Prima lo facciamo e meglio è.