Daniele Rotanzi (direttore dell'Ipct): la sostenibilità finanziaria futura dell'istituto dipende anche dall'approvazione del parlamento del mezzo miliardo
Sono «imprescindibili» i 500 milioni di franchi previsti dal messaggio del Consiglio di Stato, trasmesso a inizio anno al Gran Consiglio, per garantire i costi supplementari delle pensioni dei dipendenti del Cantone, dei docenti comunali e di tutti i dipendenti degli altri Enti affiliati all’Istituto di previdenza del Canton Ticino con più di almeno 50 anni nel 2012. «La sostenibilità finanziaria futura dell'Ipct dipenderà anche dall'approvazione o meno di questo messaggio da parte del parlamento ed eventualmente dei cittadini se dovesse essere sottoposto a votazione popolare», afferma a ‘laRegione’ Daniele Rotanzi, direttore dell'Ipct.
Oggi scadeva il termine per i circa 16’000 affiliati all'Ipct per votare i nuovi cinque rappresentanti degli assicurati attivi nel consiglio di amministrazione (cda) della cassa pensioni cantonale, che si aggiungeranno ai cinque rappresentanti dei datori di lavoro nominati dal governo. «Hanno votato poco più di 4’100 persone che rappresentano circa il 26% degli aventi diritto di voto», precisa Rotanzi. Si tratta di un tasso di partecipazione analogo «a quello registrato nel 2013, quando si è tenuta l'ultima votazione».
Ma quali sono le sfide principali che dovrà affrontare il nuovo cda? «Il prossimo quadriennio si preannuncia impegnativo» sottolinea il direttore dell'Ipct. Innanzitutto, bisognerà attendere la decisione del Gran Consiglio sul mezzo miliardo di franchi a sostegno del piano di aumento della copertura delle pensioni che attualmente si trova sui banchi della commissione della Gestione, la quale dovrebbe trattare il dossier «nei prossimi mesi», auspica Rotanzi. I 500 milioni di franchi «sono legati alla decisione del 2012 dal Gran Consiglio di garantire un determinato livello di prestazioni a una determinata categoria di persone. All’epoca l’ipotesi era che queste prestazioni sarebbero costate 500 milioni e invece sono costate un miliardo di franchi a causa della riduzione del tasso tecnico. Prestazioni che il nostro cda non può ridurre perché sono fissate nella legge. Il Consiglio di Stato ha così chiesto al legislatore di sopperire a questo ammanco».
Ma c'è dell'altro: «Il prossimo cda dovrà prendere decisioni non facili: si dovranno abbassare i tassi di conversione [l'aliquota che definisce, in base all'avere vecchiaia accumulato, l'importo annuale della pensione, ndr.] che attualmente sono ancora piuttosto alti», rileva il direttore dell'Ipct. Si tratta di una tendenza in atto «in tutto il panorama previdenziale svizzero». Concretamente, «oggi il nostro tasso di conversione a 65 anni è del 6,17%, ma in Svizzera la media si sta fissando attorno al 5%». Evidentemente un'operazione simile deve essere «accompagnata da misure compensatorie, onde evitare l’altrimenti inevitabile riduzione delle pensioni» che senza provvedimenti «si ridurrebbero di circa il 20%». Anche in questo caso la palla sarà in mano alla politica, «perché bisognerà probabilmente aumentare i contributi sia del datore di lavoro, sia del dipendente per incrementare il capitale disponibile al pensionamento». Infatti, «il cda disciplina le prestazioni, mentre i contributi li stabilisce il Gran Consiglio: starà quindi al parlamento esprimersi sull’aumento dei contributi per attenuare la riduzione del tasso di conversione, aspetto peraltro già evidenziato nel messaggio governativo attualmente in discussione».
Un'altra sfida è rappresentata «dall’incertezza legata alla pandemia di coronavirus», aggiunge Rotanzi. «A marzo, durante la prima ondata, vi è stato un crollo dei mercati che da noi ha generato quasi il -8% di rendimento. Poi per fortuna la situazione è rientrata: oggi siamo oltre il +1,5%. Tuttavia, ora siamo di fronte alla seconda ondata e quindi bisognerà capire come reagiranno i mercati finanziari». Una situazione che si inserisce in contesto già complicato: «L’anno scorso, come già comunicato in occasione della presentazione dell’esercizio 2019, l’Ipct ha registrato un rendimento del 9,5%, ma agli assicurati attivi è stato accreditato l’1% di retribuzione sul loro capitale. La differenza è stata principalmente utilizzata per cercare di coprire l’aumento degli impegni dovuto alla riduzione del tasso tecnico negli ultimi anni, conseguenza del fatto che i rendimenti obbligazionari sono crollati sotto lo zero: nel 2012 erano ancora positivi, mentre oggi l’obbligazione della Confederazione rende -0,5% su dieci anni».