I tassi bassi e i rendimenti ancora elevati del settore non rallentano la produzione di nuovi appartamenti. In Ticino situazione definita “allarmante”
Le superfici sfitte sono ancora a livelli elevati in Svizzera e in particolare in Ticino e sono destinate ad aumentare perché l’edilizia, grazie a tassi ipotecari storicamente bassi, continua a produrre a ritmi elevati. E questo nonostante la crisi determinata dal coronavirus e la scarsa domanda. A livello nazionale, ma anche ticinese, la conseguenza immediata della crisi e del lockdown è stata la drastica riduzione delle licenze edilizie, che a marzo e aprile hanno registrato un calo del 21%. Tale riduzione – si legge nell’ultimo monitor immobiliare di Credit Suisse relativo al 3° trimestre dell’anno – è stata già ampiamente compensata da un incremento del 15% nel secondo trimestre. Stando sempre agli esperti del Credit Suisse, nella media mobile su quattro trimestri la diminuzione è ormai quasi impercettibile. Ancora una volta, a sostenere questa robusta attività edilizia sono il contesto dei tassi estremamente bassi e la conseguente elevata attrattività dei rendimenti immobiliari. “L’aumento degli spazi sfitti comporta maggiori rischi per i proprietari di immobili e rende più difficile la commercializzazione, tuttavia non è in grado di correggere l’eccessiva offerta di appartamenti in affitto; nella migliore delle ipotesi la potrà solo attenuare”.
Pochi giorni fa sono stati diffusi i dati delle abitazioni vuote a livello nazionale. Ancora una volta il Ticino è ai primi posti di questa non invidiabile classifica con il 2,71% del tasso di sfitto. L’anno scorso il Ticino era all’ottavo posto con il 2,29%. In primissima posizione troviamo il Cantone di Friburgo con il 3,78%. Svit Ticino, l’associazione dei professionisti dell’immobiliare, definisce la situazione a sud delle alpi “allarmante”. Le differenze però sono più marcate a livello regionale. La tendenza nazionale è al rialzo da ormai dieci anni. Rimanendo ai dati a fine settembre, in Ticino erano censite 244’798 abitazioni, di cui 6’639 vuote (+20% rispetto a dodici mesi fa). Tra queste ultime spiccano quelle in affitto (5’621; +21%), mentre quelle sul mercato della vendita erano 1’018 (+15%). Le abitazioni nuove arrivate sul mercato sono invece state 1’238 (+6,4%) a dimostrazione che l’attività edile non si è fermata veramente.
Per rimanere nel settore immobiliare destinato alla vendita, la domanda per un casa di proprietà rimane elevata sia in Svizzera che in Ticino anche se le licenze edilizie sono leggermente in frenata. “La scarsità dell’offerta fa aumentare ulteriormente i prezzi delle proprietà, proteggendo chi già possiede un’abitazione da perdite di valore, ma esponendo i nuovi acquirenti a difficoltà di finanziariamente ancora maggiori”.
Secondo gli esperti del Credit Suisse, l’epidemia di coronavirus non ha – nell’immediato – effetti negativi sui redditi locativi di immobili a uso ufficio. Gli investitori sono però preoccupati per le conseguenze a lungo termine del crescente ricorso all’home working. La pandemia ha sdoganato questa modalità di lavoro, accelerando l’abbandono della cultura del presenzialismo in ufficio. Molte imprese hanno annunciato che in futuro daranno ai dipendenti maggiore libertà di scelta del luogo di lavoro. Altre, invece, ritengono l’ufficio il punto di riferimento centrale per garantire la produttività. E difficile, scrivono gli esperti del Credit Suisse, prevedere quali saranno le ripercussioni sulla domanda di spazi amministrativi a lungo termine. “Dopo un iniziale livello sorprendentemente elevato di efficienza dei dipendenti in regime di home working, secondo gli economisti della banca svizzera, a medio-lungo termine la produttività è destinata a ridursi. Un ricorso eccessivo al lavoro a domicilio dovrebbe penalizzare a lunga andare anche la capacità innovativa”. Da qui l’ipotesi che a medio termine le imprese rimarranno fedeli all’ufficio come luogo principale di lavoro e la domanda di superfici a uso amministrativo a lungo termine dovrebbe subire un calo inferiore a quanto immaginato. In ogni caso l’home working si è ormai affermato come modalità di lavoro e rappresenterà una quota fissa nel grado di occupazione di molti lavoratori.
Se invece il coronavirus dovesse tenerci compagnia ancora a lungo (4-5 anni, ndr), si potranno verificare cambiamenti a lungo termine sul mercato degli alloggi. Potrebbe crescere, per esempio, la domanda di case e appartamenti ampi e soleggiati, con accesso a giardini e luoghi verdi, potrebbe crescere. In questo caso anche le ubicazioni residenziali nelle aree periferiche sarebbero improvvisamente più attrattive, in quanto molti lavoratori non dovrebbero più recarsi in ufficio quotidianamente.