Due sentenze hanno smentito il Consiglio comunale, contrario nel 2017. E il Municipio torna sulla riduzione delle zone di protezione
Per i più la vicenda delle sorgenti Caressaa, a Rancate, era ormai una faccenda chiusa. Soprattutto dopo il veto del Consiglio comunale calato, a maggioranza, nel novembre del 2017 sull’intenzione del Municipio di Mendrisio di restringere la zona non edificabile all’interno della proprietà dell’ex villa Gerosa e quindi di allentare, di fatto, la tutela sulla falda sotterranea. In realtà quel ‘no’ consiliare ha innescato un batti e ribatti, tra giudici e sentenze, che per finire ha ribaltato la situazione. Quanto basta, insomma, per cancellare la decisione consiliare e, a oltre sei anni di distanza, riportare l’incarto sui tavoli dei consiglieri comunali, i quali si ritrovano a dover votare, di nuovo, sulla modifica delle zone di protezione delle sorgenti locali. Del resto, giunto sino al Tribunale cantonale amministrativo, il dossier è stato rimesso nelle mani del governo cantonale; chiamato a riformare il suo verdetto precedente, favorevole al legislativo della Città (che a suo tempo aveva dato la precedenza alla cautela). Consiglio di Stato che, a sua volta, nell’agosto del 2022 ha ordinato al Municipio di rifare l’intera procedura.
Nel corso degli anni, certo, lo scenario di fondo è mutato. La residenza acquistata all’asta nel 2014 da una banca del posto per 12,4 milioni ha cambiato proprietario. E, di recente, proprio il nuovo titolare del fondo ha presentato in Comune una domanda di costruzione per realizzare un padiglione espositivo privato. Una costruzione interrata che, come rimarca lo stesso esecutivo nel suo messaggio, è prevista “in parte sulla porzione di sedime interessata dalla revisione del limite della zona S2 (adiacente, ndr) che si chiede di adottare”. Il progetto, in effetti, ha aperto la strada a una serie di interrogativi di cui si è fatta portavoce la Lista civica per mano di Tiziano Fontana. Il consigliere comunale a inizio gennaio ha sollecitato il Municipio su almeno due punti: l’iter che sarà seguito a fronte della richiesta di una licenza edilizia e la mancata comunicazione dell’esito delle procedure ricorsuali, avverse alla fine al Consiglio comunale.
Una decina di giorni dopo l’interrogazione, il messaggio bis è stato pubblicato, alimentando di nuovo la discussione attorno alle sorgenti Caressaa e al destino di quell’area. Va detto che il 30 maggio scorso l’autorità cittadina ha recapitato al Dipartimento del territorio la variante di Piano regolatore che traccia la mappa dei beni culturali da salvaguardare, perché degni di tutela. E fra questi figura anche l’ex villa Gerosa, proposta quale bene culturale di interesse cantonale. Non solo, in attesa di una decisione definitiva, il Municipio si è cautelato decretando una zona di pianificazione sugli oggetti interessati.
E la falda acquifera che alimenta le due zone, alta e bassa, di Rancate? Per l’esecutivo di Mendrisio non c’è da temere. Oltre alle verifiche condotte in passato attraverso delle prove di tracciamento, le Aim, si fa presente, hanno dato mandato ai consulenti che a suo tempo hanno effettuato la perizia idrogeologica di produrre un complemento d’analisi. Rapporto, si annota, che “considera le varie perplessità tecniche che erano uscite in sede commissionale e nella discussione a livello legislativo”, e su cui si è espressa in via preliminare in modo positivo la Sezione protezione aria, acqua e suolo. In più, agli stessi tecnici si è chiesto di valutare altresì l’impatto che lo spazio espositivo progettato a Rancate avrà sul terreno interessato.
Ebbene, per il Municipio le conclusioni sono chiare: “L’arretramento della zona S2 non solo è tecnicamente fattibile, ma è anche opportuno poiché, contestualmente al progetto del nuovo proprietario, permette la rimozione di materiale di discarica depositato in zona da precedenti demolizioni risalenti a molti decenni fa”. In altre parole, per dirla con gli esperti, la procedura di indagine è stata corretta e le sorgenti sono tutelate. Di conseguenza, ridurre i limite della zona di protezione S2, si legge nel compendio, “non comporta alcun pericolo o rischio per le captazioni di Caressaa, oltre alle eventuali minacce già presenti oggi”.
Di converso, ammettono i consulenti, ha “sorpreso in negativo” la presenza nello scavo di ben oltre 3 metri di spessore di “detriti e rifiuti edili derivati presumibilmente dalla demolizione della vecchia villa di inizio secolo scorso, ricollocati nella stessa proprietà, rimodellando nel contempo la morfologia del luogo”. Una presenza definita “ingombrante”, ma che, si rassicura, “non ha avuto a oggi alcun influsso e conseguenza sulle acque sorgive”. Anche se la situazione va monitorata. In ogni caso, si conclude, l’eventuale allontanamento di tale materiale, anche solo parziale, “potrebbe portare senz’altro un beneficio ambientale e una maggiore garanzia di tutela alle captazioni sottostanti”. Come dire che così si eviterebbero possibili conflitti.