Mendrisiotto

Dai vestiti griffati ai camici ospedalieri

La scelta del Gruppo Zegna con la Consitex potrebbe aprire la strada ad altre industrie. Modenini, Aiti: 'Stiamo ragionando sulle mascherine'

Dagli completi graffati ai camici ospedalieri (Fonte Gruppo Zegna)
15 aprile 2020
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Costretto a fermare le macchine, il mondo dell'industria anche in Ticino sta cercando nuove vie. Non c'è nessuna intenzione di farsi piegare del tutto dall'emergenza Covid-19. Anzi, ad aiutare a combattere il virus adesso, al fianco di medici e sanitari, c'è anche l'imprenditoria locale. Accantonata, per il momento, la produzione degli abiti dal taglio sartoriale, da ieri, martedì, il Gruppo Zegna ha messo, infatti, le sue operaie a cucire camici ospedalieri: 280mila capi protettivi affidati alle mani abili dei collaboratori impiegati nei due maggiori centri produttivi che la griffe conta al mondo, ovvero la Consitex a Mendrisio e la Inco a Novara. Serviranno al personale medico e infermieristico che sta lavorando in prima linea nelle corsie ticinesi - dove saranno destinati 30mila camici - e della Regione Piemonte (alla quale ne saranno consegnati altri 250mila), terra di origine della famiglia.

Donati 30mila camici al Ticino

Le ragioni di questa scelta?  Sono figlie, ci spiega il portavoce del Gruppo Sergio Vicario, di una decisione di proprietà e vertici. Sta di fatto che questa, per ora, sarà la strategia di Zegna. La proverbiale riservatezza piemontese della famiglia propende, ci fa capire ancora, a far parlare piuttosto la concretezza delle azioni e dei numeri. Le cifre sono, in particolare, quelle della nuova linea produttiva, decisa a rispondere alle urgenze di chi lotta contro il virus, e della generosità. Restando in Ticino, il Consiglio di amministrazione della Consitex ha donato 30mila camici allo Stato maggiore cantonale di condotta, che saranno consegnati a partire da venerdì prossimo in lotti da 5mila pezzi la settimana.  Un atto solidale che va ad aggiungersi alla donazione di 3 milioni di euro del Gruppo a favore della Protezione civile italiana. Il Ceo di Ermenegildo Zegna, Gildo Zegna, del resto, è stato chiaro: “Prendiamoci cura l’uno dell’altro. Superiamo questa emergenza insieme”.

Allentate un po' le misure, serviranno mascherine

La voglia di passare dalle parole ai fatti sta permeando, in effetti, la realtà industriale del cantone. E se il settore del tessile e delle grandi firme - da Armani a Louis Vuitton, ma la lista è lunga - è stato uno dei primi a riconvertirsi alle forniture di prima necessità, altri comparti sarebbero pronti a seguire l'esempio. L'attenzione si sta concentrando così sulle mascherine, che accanto a camici, appunto, ma pure respiratori e disinfettanti sono i beni che più urgono. Nelle industrie ticinesi, ci si sta, insomma, facendo un pensierino, come ci fa capire il direttore di Aiti, l'Associazione industrie ticinesi, Stefano Modenini. «Con l'apertura graduale di cui si saprà di più da giovedì - con le comunicazioni del governo federale, ndr - e le dichiarazioni recenti del Consigliere federale Alain Berset si è lasciato intendere che si potrebbe arrivare se non a un obbligo a un forte invito a indossare una mascherina; e, oggi, la dotazione a disposizione è insufficiente ad assicurare una distribuzione generalizzata».

Alcune aziende potrebbero, dunque, immaginare di cambiare, in via temporanea, tipo di produzione? «È chiaro, reinventare la filiera produttiva non è evidente. Inoltre, non è compatibile con tutti i rami della nostra industria - richiama Modenini -. Occorre, poi, interrogarsi sulla tipologia di mascherine che si potrebbero realizzare. Per le più sofisticate serve, infatti, una certificazione particolare; e il processo è articolato. Sarà necessario, in altre parole, valutare se sussiste la possibilità di mettere in campo una produzione regionale delle mascherine più semplici - simili a quelle chirurgiche, ndr - e vedere a quali costi ciò è fattibile». Un punto è evidente a tutti: se nel futuro prossimo indossare una protezione sarà più di una raccomandazione - assieme all'igiene delle mani e alla distanza sociale -, il Paese dovrà rifornirsi.

'Berna dovrà dettare la regia'

Nel frattempo, sembra aprirsi una alternativa. «Talune aziende, in effetti, battono un'altra strada: attraverso i loro canali stanno sondando il mercato internazionale e la disponibilità di un acquisto all'estero di mascherine. È un'ulteriore possibilità, come la produzione, che va immaginata, però, su scala industriale a fronte dell'ordine di grandezza delle necessità. In più questa operazione andrebbe vista a livello svizzero, non solo ticinese, vista la tempistica che accompagnerà la nostra nuova quotidianità», ribadisce Modenini. Come dire che ci si dovrà muovere tra importazione - e qui lo sguardo si volge soprattutto verso la Cina - e una sorta di autarchia produttiva di strumenti di protezione.

Un altro aspetto che appare fondamentale agli occhi del direttore di Aiti è un coordinamento superiore. «Guardando fuori dai nostri confini, all'Italia e alle altre nazioni, l'ideale sarebbe poter contare su di una regia istituzionale, evitando che le industrie debbano arrangiarsi da sole». In ogni caso all'Aiti non hanno dubbi. «Adesso si giocherà la partita più difficile - ci rende attenti Modenini -. La riapertura graduale andrà gestita con equilibrio. Non solo, tutti saranno chiamati a comportarsi in modo disciplinato e con responsabilità. Parliamoci chiaro - rilancia il direttore -, un'altra chiusura totale non possiamo permettercela. Lo dicono le prime cifre stimate sugli effetti per l'economia dell'emergenza». Già solo far fronte ai 300 milioni di franchi al mese necessari per rispondere al lavoro ridotto introdotto in Ticino - interessati 13mila attività e circa 100mila lavoratori - rappresenta uno sforzo che non potrà essere retto a lungo.

Nel frattempo, le industrie che hanno ricevuto il nullaosta dalle autorità cantonali - «i numeri, però, sono contenuti» - hanno riavviato le macchine per fronteggiare agli ordini urgenti, andando a sommarsi alle aziende dei settori irrinunciabili già in produzione. «Come è andata? Ha funzionato tutto abbastanza bene». Si torna alla (nuova) normalità, un passo alla volta.

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