Ticino

La preoccupazione di industriali e costruttori

Il telelavoro non è possibile in tutti i settori. Modenini (Aiti): 'Le fabbriche non si possono spegnere come si fa con la luce'

Nell'edilizia il telelavoro è praticamente impossibile (Ti-Press)

«Diverse imprese si sono già organizzate con il televoro per parte del proprio personale, prevalentemente amministrativo. Le fabbriche però per funzionare hanno bisogno anche degli addetti alla produzione che in molti casi è personale specializzato». Così Stefano Modenini, direttore dell'Aiti (Associazione industrie ticinesi), dopo che il Consiglio di Stato ha confermato che i lavoratori frontalieri provenienti dal nord Italia potranno continuare a entrare regolarmente anche se con un'attenzione accresciuta. L'invito alle aziende è quello di adottare tutte le misure di natura sanitaria per tutelare la salute individuale e collettiva. «Ci affidiamo alla responsabilità di tutti, lavoratori e imprese, per fare in modo che chi ha sintomi del coronavirus non venga al lavoro». Modenini ricorda comuque che le aziende associate all'Aiti sono state informate delle direttive emanate dalle autorità svizzere coordinate comunque con quelle elvetiche. Nel settore manifatturiero sono circa 17mila i lavoratori frontalieri che quotidianamente attraversano il confine. Oltre al permesso G da portare sempre con sé, l'Aiti ha preparato un modello di lettera che attesta l'impiego del lavoratore presso una determinata azienda  in modo che in caso di controllo di polizia, da entrambi i lati del confine, ci sia una giustificazione al movimento. Ricordiamo che le limitazioni agli spostamenti in Lombardia e altre 14 province italiane saranno in vigore almeno fino al prossimo 3 aprile. «Invitiamo ovviamente a ridurre il più possibile gli spostamenti, ma allo stesso tempo anche a riconsiderare l'organizzazione dei turni di lavoro magari su solo due turni invece di tre», conclude Modenini.

L'edilizia principale è un altro dei settori economici a elevata presenza di lavoratori frontalieri. «Sono il 56% del totale, ovvero più di 3'600 persone e per la quasi totalità impiegata nella produzione», afferma Nicola Bagnovini, direttore della sezione ticinese della Società svizzera degli impresari costruttori, che ovviamente saluta positivamente il fatto di non aver chiuso la frontiera. «La situazione sanitaria è seria e quindi siamo preoccupati, ma il telelavoro è evidentemente impossibile nel nostro ambito. Certamente informeremo ancora una volta i nostri soci delle misure di prevenzione da prendere. Stiamo valutando, per esempio, di evitare assembramenti e baracche di cantiere affollate come pure una lettera che attesti l'occupazione in Ticino», conclude Bagnovini.