Mendrisiotto

Viaggio per soldi. No, trasporto di droga

Alla sbarra due cittadini albanesi, arrestati nel luglio scorso a Brogeda con più di 10 chili di eroina in auto. L'accusa chiede sei, rispettivamente 7 anni e 3 mesi

A giudizio davanti alla Corte delle assise criminali
(Ti-Press)
12 giugno 2019
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Un viaggio dall’Albania all’Italia, prendere in consegna 100mila euro e poi fare ritorno in patria. Oppure: partire dai Balcani sempre in direzione della penisola, sapendo di trasportare un chilogrammo di hashish. O ancora: fare una vacanza di una settimana in Germania, senza saper spiegare la località in cui si sarebbero recati. Ma in realtà, nel luglio dell’anno scorso, le cose sono andate ben diversamente. Lui 26enne, lei 35enne, entrambi di origine albanese, in un ricettacolo dell’auto avevano quasi 10 chili e mezzo di eroina e la destinazione (con un grado di purezza dal 12,3 al 35,1%), a conti fatti, era il mercato elvetico. Ma, il piano si è interrotto al valico autostradale di Brogeda quando, il 24 luglio 2018, le Guardie di Confine hanno rinvenuto l’importante quantitativo di stupefacente celato in un nascondiglio all’altezza del cruscotto della Citroen sulla quale viaggiavano. Infrazione aggravata alla Legge federale sugli stupefacenti, l’ipotesi di reato promossa dalla procuratrice pubblica Valentina Tuoni, alla quale devono rispondere i due, difesi dalle avvocatesse Sabrina Aldi, rispettivamente Fabiola Malnati. E anche questa mattina, al primo giorno di processo davanti alla Corte delle assise criminali presieduta dal giudice Marco Villa, non sono mancate le diverse versioni dei fatti. Per l’accusa, però, «il trasporto era stato preparato nei minimi dettagli», il grado di partecipazione dei due è stato «identico», per una colpa «gravissima».

A lui i «contatti con i mandanti» in Albania e «tutto porta a dire che fosse il braccio destro» dell’organizzazione del viaggio; lei – «che ha aderito a questo piano» – ha lasciato che la macchina usata le fosse intestata. Da qui, le richieste di pena della pp: sei anni per la 35enne – «che ha ammesso le sue responsabilità» e ha «da subito collaborato» –, 7 anni e 3 mesi per il 26enne, il quale «ha preso in giro tutti» con «fantasiose dichiarazioni, per niente credibili». Per entrambi, in aggiunta, l’espulsione dalla Svizzera per 10 anni.

Di diverso avviso le rispettive difese. «È stata una semplice esecutrice di ordini altrui, l’accompagnatrice del mulo» ha detto, in difesa della donna, Fabiola Malnati. Un «ruolo talmente marginale che le è stato detto soltanto il giorno prima che l’indomani sarebbe dovuta partire». Per questo, la difesa si è battuta per una pena contenuta in un massimo di 3 anni, parzialmente sospesa in ragione del carcere già sofferto. «Proscioglimento dal reato e indennizzo per ingiusta carcerazione» ha invece chiesto la legale del 26enne, la quale ha invocato «l’errore sui fatti». L’uomo «si è assunto il rischio di trasportare un imprecisato quantitativo di soldi, è questo il reato che voleva commettere». In via subordinata, nel caso sia credibile la versione del ‘chilo trasportato’, Aldi ha chiesto il proscioglimento per il quantitativo di 9,4 chilogrammi (riconoscendone solo uno). Che, tradotto, significherebbe una «pena sensibilmente ridotta» e, nel caso fosse inferiore ai tre anni, posta al beneficio della sospensione. Toccherà ora alla Corte esprimersi: la sentenza è attesa domani in tarda mattinata.