Il progetto all’alpe Duragno è oggetto di due opposizioni e altrettanti ricorsi che sollevano varie criticità e lacune nella domanda di costruzione
Suscita contrarietà il progetto di parco solare all’alpe Duragno sul monte Tamaro. A insinuare dubbi su tutta l’operazione non c’è ‘solo’ l’Associazione liberi pensatori della Carvina, che ha inoltrato ricorso al Consiglio di Stato contro la risoluzione adottata dal Consiglio comunale di Mezzovico-Vira e al Tribunale amministrativo cantonale (Tram), contestando la decisione del Patriziato di Mezzovico-Vira (proprietario del sedime che ha dato il via libera ai promotori, la S’Rok Sa, dietro la quale c’è come noto la famiglia Cattaneo). Un gruppo spontaneo di cittadini ha presentato opposizione al Consiglio di Stato e all’Ispettorato federale degli impianti a corrente forte contro i piani oggetto di pubblicazione agli albi di Monteceneri e di Mezzovico-Vira. Un’altra opposizione risulta sia stata presentata da una fondazione svizzera.
La condotta per trasporto energia viene definita “devastante” da persone che hanno collaborato con organizzazioni a tutela dell’ambiente e della natura. Le contestazioni portano alla luce varie lacune progettuali e del Rapporto sull’impatto ambientale (Ria) allestito dai consulenti dei promotori, che si limita a esaminare le opere previste sul pendio occupato dai pannelli solari e sul crinale del monte, escludendo dagli approfondimenti altre parti dell’impianto quali le linee di trasporto dell’energia fino a Rivera e la nuova strada di accesso che dall’Alpe Foppa (a circa 1’500 metri) condurrà all’impianto (Manera a circa 1’800). Una strada di accesso che i promotori presentano come esistente e parlano di sistemazione e consolidamento (“messa in sicurezza del sentierone” nella dichiarazione del Patriziato di Rivera). Il Ria indica la presenza di un “sentiero escursionistico di larghezza variabile (circa 2 metri), che dovrà essere messo in sicurezza”. Poi, però, con evidente contraddizione, precisa che “fino alla Manera il collegamento stradale non rispetta le distanze e misure minime per garantire la circolazione con mezzi pesanti da cantiere. Di conseguenza la strada sarà opera di sistemazione/messa in sicurezza”. In realtà, non è una strada ma un sentiero pedestre, che è stato allargato (non risulterebbe nemmeno la licenza edilizia e gli oppositori la chiedono al Comune di Monteceneri) per l’uso quale pista per le mountain bike. A questa strada se ne aggiunge una parte finale posta sul crinale, senza precisazioni. Inoltre, secondo gli oppositori, gli atti della domanda e il Ria non si soffermano sui dettagli della linea sotterranea di condotta dell’energia prodotta dal parco. Il tutto viene qualificato come opera di sottostruttura e definita come “Tracciato nuovo portacavi” e il suo impatto non viene esaminato. Eppure, la condotta include varie camere in beton, presuppone importanti scavi in roccia e un intervento pesante su un pendio geologicamente delicato, con attraversamenti di zone di valore naturalistico (in parte bosco) e presenza di acqua in superficie o nel sottosuolo. Agli oppositori appare provocatorio il tentativo di qualificare l’opera come una sorta di adeguamento di una semplice linea elettrica esistente, che ora alimenta un paio di stabili e le antenne di telecomunicazione (Swisscom e Armasuisse). L’urbanizzazione (Erschliessung) del sito del progetto non è data e neppure adeguatamente descritta negli atti pubblicati.
È pur vero che il parco solare rientra nel contesto del Solarexpress e nell’obiettivo di zero emissioni 2050 voluto dalla Confederazione e ratificato in votazione popolare per accelerare la produzione di energia rinnovabile. Questo non giustifica però l’operazione, secondo gli oppositori. Alcune associazioni, come Pro Natura Ticino e la Società ticinese per l’Arte e la Natura (Stan), hanno rinunciato a contestare il progetto rilevandone tuttavia alcune criticità. Invece l’Associazione liberi pensatori della Carvina ha inoltrato ricorso al Consiglio di Stato contro il via libera di principio sul parco da parte del Consiglio comunale di Mezzovico-Vira, mentre la Legge federale sull’energia imporrebbe il consenso. Non solo. La convenzione sottoscritta dai promotori con il Patriziato di Mezzovico-Vira è ora al vaglio del Tribunale amministrativo cantonale (Tram), dopo che il Consiglio di Stato ha bocciato il primo ricorso dell’associazione. Inoltre, il Patriziato di Rivera non ha rilasciato il consenso come avrebbe dovuto, non avendo convocato l’Assemblea per l’autorizzazione. Eppure, il Comune di Monteceneri è proprietario del primo tratto di strada che dal fondovalle sale verso l’Alpe Foppa, da dove secondo i promotori proseguirà la via d’accesso al parco grazie alla nuova strada. Nessun consenso è stato richiesto al Comune, in qualità di proprietario, per questo uso accresciuto di una strada di montagna non aperta al transito libero. La mancata possibilità per Monteceneri di esprimersi in base all’iter decisionale democratico costituisce una violazione del diritto federale e una violazione dei diritti politici dei cittadini e dei rappresentanti democraticamente eletti.
Le opposizioni sostengono che sia stato disatteso l’obbligo di smantellamento, per evitare che in caso di fallimento della società di gestione o di insolvenza del proprietario fondiario, i costi finiscano a carico della collettività. Viene pure messo in evidenza che il parco solare sarebbe inserito, quasi come un cuneo, tra diverse zone ora protette a livello cantonale e federale, ma il progetto non ne parla e non fa cenno al previsto ristorante panoramico né al prolungamento della funivia che avrebbero un impatto devastante sul territorio e la fauna. Risultano pure carenti le misure di protezione e di compensazione degli impatti negativi di tutte le componenti del parco, strada compresa. Le misure di compensazione vengono proposte dal Ria su un comparto situato a parecchi chilometri di distanza, in prossimità della vetta del monte Camoghè, senza spiegazioni sui motivi della rinuncia a cercare le compensazioni sul posto, dove all’avifauna e agli ungulati verrebbe sottratto una decina di ettari in una posizione ideale. Ai ricorrenti irrita il fatto che il progetto venga venduto come “green”, socialmente utile e “popolare” in quanto potrebbe dare energia “verde” a 4’000 economie domestiche. Nella realtà l’energia prodotta dal parco verrebbe primariamente utilizzata dalle aziende della famiglia del promotore tramite la costituzione di una comunità di consumo.
Dopo aver ricevuto varie sollecitazioni, alcuni oppositori stanno valutando la costituzione di una associazione autonoma che abbia come scopo la creazione di una estesa zona protetta nella regione del monte Tamaro, nella quale gli interventi umani siano limitati alle attività di alpeggio e svago, senza nuovi insediamenti antropici. Il Motivo? Questa zona è già troppo sfruttata per fini turistici e imprenditoriali, occorre mettere un freno all’insana tendenza che antepone il business alla sostenibilità ecologica. La nuova associazione sarà apartitica e senza fini di lucro. Vi potrà accedere chiunque condivida determinati principi. Chi fosse interessato, contatti lpcarvina@gmail.com.