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Parco Solare al Tamaro, l’opposizione viene dal ‘basso’

Sono privati cittadini a contestare l'impianto in montagna, mentre Stan e Pro Natura, pur turandosi il naso, non contrastano il progetto

Il rendering dell’impianto
(S’Rok Sa)
15 luglio 2024
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Non fa l’unanimità il progetto di parco solare al Monte Tamaro. Alla scadenza del termine della pubblicazione della domanda di costruzione da parte della S’Rok Sa, a presentare formale opposizione sono privati cittadini, mentre rinunciano, a malincuore, Pro Natura Ticino e Società ticinese per l’Arte e la Natura (Stan). Vediamo per quali motivi.

Anzitutto, nella premessa, Serena Britos Wiederkehr, direttrice di Pro Natura Ticino, dichiara alla ‘Regione’ che «le energie rinnovabili vanno favorite e promosse. Del resto, Pro Natura si è sempre dichiarata favorevole alla transizione energetica e, in particolare, anche all’incremento dell’energia solare. L’organizzazione ha pure insistito sulla necessità di sfruttare le superfici già esistenti proprio perché c’è un ampio margine di manovra per approfittare di strutture presenti inutilizzate, pubbliche e private».

Quindi c’è un po’ di scetticismo sui parchi solari? «Chiaramente, la costruzione di un parco solare implica una serie di interventi per creare le infrastrutture (trivellazione, cabine di trasformazione, piste, cavi e pannelli) che, inevitabilmente, causano interferenze agli ambienti naturali circostanti. Ogni intervento sul paesaggio è, di per se, un intervento di troppo – spiega la direttrice di Pro Natura Ticino –. Come sosteniamo nell’ambito dell’iniziativa sulla biodiversità, è un peccato intervenire in qualsiasi spazio naturale, perché ci sono inevitabili ripercussioni. Questo approccio, da sempre, è per noi prioritario: occorre trattare insieme la crisi climatica e la tutela delle biodiversità e cercare soluzioni che non sacrifichino una a favore dell’altra».

‘È stata una concessione dolorosa’

Nel caso concreto, ossia il progetto all’alpe Duragno, qual è la vostra posizione? «Abbiamo esaminato la domanda di costruzione da tutti i punti di vista, con i nostri giuristi e la riteniamo conforme ai requisiti di legge e del cosiddetto Solar Express, sia perché rispetta le condizioni relative alla produzione minima, sia perché non tocca una zona di esclusione (biotipi d’importanza nazionale, paludi e paesaggi palustri) – risponde Britos Wiederkehr –. È stata una concessione dolorosa, per Pro Natura, si tratta tuttavia della linea della Confederazione, che, tramite Solar Express e la legge mantello, favorisce la produzione energetica rinnovabile a scapito della protezione della natura e del paesaggio. Nel caso del parco solare del Tamaro, non riteniamo vi siano violazioni della legge tali da permettere di intervenire con successo. Facciamo capo al nostro diritto di opposizione quando riteniamo che il quadro legale sia stato compromesso e unicamente quando vi sono delle violazioni delle norme legali in vigore, ciò che a nostro avviso qui non è il caso».

Meglio sfruttare le zone già edificate

«Siamo contrari a questo progetto nel modo più assoluto», afferma Tiziano Fontana, presidente della Società ticinese per l’Arte e la Natura (Stan). Però, non sarà presentata un’opposizione da parte del sodalizio alla domanda di costruzione per realizzare un parco Solare all’Alpe Duragno. Anzitutto, Fontana ribadisce «le nostre osservazioni in merito al Piano energetico e climatico cantonale, il famoso Pec: occorrerebbe intervenire prima all’interno delle zone già edificate evitando di arrecare danni alla natura e al paesaggio fuori dalle zone edificabili, mentre si potrebbero realizzare parchi solari in zone densamente edificate, o nei grandi parcheggi oppure lungo l’autostrada. Da parte del Consiglio di Stato ma anche del Consiglio federale c’è una mancanza di visione generale di utilizzo parsimonioso del territorio. Consideriamo grave questa miopia, che consente di intaccare il territorio ancora in gran parte naturale e paesaggisticamente rilevante, mentre non si sfruttano pienamente le aree più o meno già cementificate».

Inoltre, aggiunge il presidente della Stan, «se lo si ritenesse indispensabile, si potrebbero concepire degli impianti solari, in alta quota, su strutture già esistenti quali le dighe, per esempio». Tuttavia, «i nostri statuti prevedono che per poter presentare opposizioni, occorre fare comunque un’approfondita analisi giuridica e tecnica di qualsiasi tipologia di impianto. Nel caso concreto, però, gli esperti che abbiamo consultato hanno individuato criticità ma non lacune gravi, perché l’area scelta non riguarda l’inventario federale dei paesaggi nei biotopi di importanza nazionale».

La presenza di sorgenti, giuridicamente, non basta

Non solo. La Stan ha pure, continua Fontana, «fatto analizzare attentamente il Rapporto di impatto ambientale (Ria): sono state trovate criticità e lacune, come le presenza di sorgenti, ma non tali da inficiare la validità giuridica o meglio la conformità di questo progetto rispetto alle modifiche legislative legate al Solar Express e alla recentissima modifica e votazione popolare, in giugno, della legge federale sull’approvvigionamento sicuro dell’elettricità. Riteniamo sbagliata la politica energetica voluta dal Parlamento, con queste forzature del Solar Express e soprattutto con la politica di sussidiare con importi plurimilionari impianti che, pur non coinvolgendo spesso aree direttamente protette di importanza federale e regionale, entrano in conflitto con una prescrizione costituzionale, cioè la priorità della conservazione delle basi naturali della vita». In generale, sottolinea Fontana, «è sbagliato erogare sussidi molto elevati da parte dello Stato a società anonime e private che sperano di lucrare nel settore dell’energia che noi riteniamo un bene collettivo che non dovrebbe quindi essere soggetto a speculazioni finanziarie cosa che purtroppo sta avvenendo in tutta Europa».

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