Il più grande luogo di culto della città celebra 125 anni. Quest’area con opere di Vincenzo Vela e Nag Arnoldi punta a diventare un giardino per tutti
Un luogo di culto. Ma anche di arte e storia cittadina. Tutto questo è il cimitero Monumentale di Lugano che quest’anno celebra i 125 anni dall’inaugurazione avvenuta nel gennaio 1899. Il camposanto inizia a subire l’età, ma grazie a investimenti cittadini e a un cambiamento di concezione dei luoghi di culto, il cimitero punta ad attirare sempre più persone.
L’area a pianta rettangolare ha subito diverse modifiche nel corso degli anni. Prima un ingrandimento verso est, dove è stato creato un secondo accesso, e in seguito sono stati costruiti nel 2003 il primo cimitero islamico del Ticino e nel 2006 le camere ardenti progettate da Luca Pagnamenta. Come ci spiega la direttrice della Divisione gestione e manutenzione immobili, Lisa Muscionico, nei prossimi anni non dovrebbero esserci modifiche sostanziali a causa del cambiamento nella scelta relativa alla sepoltura: «È difficile fare previsioni certe, ma si ritiene che per i prossimi 15 anni non ci saranno particolari problemi di spazio. Con l’aumento delle cremazioni, negli ultimi anni si è registrato un notevole calo delle inumazioni, che oggi rappresentano circa il 20% del totale». Questa quota avrà comunque bisogno di spazio, e la superficie necessaria si trova già all’interno delle mura: «Il prossimo anno si inizierà a occupare un nuovo campo a sud-est del cimitero, con una disponibilità di circa 130 posti». Per quanto riguarda le altre religioni, a Pambio Noranco è presente un cimitero ebraico, ma al momento «non ci risultano cimiteri previsti per altre fedi, la cui realizzazione, in ogni caso, sarebbe promossa dalle rispettive comunità».
La necessità di costruire il cimitero al di fuori dell’abitato deriva da una legge cantonale del giugno 1833 – conseguente all’editto napoleonico di Saint-Cloud del 1804 – nella quale il Gran Consiglio vietava la tumulazione dei defunti nelle chiese e obbligava i comuni a costruire cimiteri lontani dalle case. La costruzione doveva avere delle caratteristiche precise: “Sufficientemente ampia, protetta da cancelli e da un muro non troppo alto che permetta la circolazione dell’aria”. Nel 1835 si decise di sopprimere il cimitero e l’ossario adiacenti alla cattedrale San Lorenzo e di edificarne uno cattolico – soprannominato Gambalarga – nell’attuale piazzale Pelli e uno riformato a Loreto. A causa della rapida espansione della città, questa soluzione si rivelò insufficiente, in particolare per il raddoppio degli abitanti avvenuto in pochi decenni (da 5mila nel 1850 a poco meno di 10mila nel 1900). Si scelse così di realizzare il Monumentale seguendo il modello dei cimiteri lombardi. Come spiega Cristina Brazzola – storica dell’arte –, questa è «una tipologia che si diffonde soprattutto a Sud delle Alpi, con un primo esempio nel cimitero di Brescia. In seguito, anche il cimitero Monumentale di Milano, aperto nel 1866, funse da modello per molti camposanti monumentali costruiti nel 19esimo secolo, diversamente dai cimiteri paesaggistici che si diffondono a Nord delle Alpi». In particolare, Paolo Zanini, l’architetto vincitore del concorso nell’agosto 1896 per la costruzione del cimitero, «nella progettazione – continua Brazzola –, avrebbe avuto ben presente la lezione del suo maestro all’Accademia di Brera, Camillo Boito, con una riflessione in particolare sul cimitero di Gallarate, progettato dallo stesso Boito».
Il Monumentale, nonostante la sua storia, è stato riconosciuto solo 15 anni fa come ‘bene culturale di importanza nazionale’. Questo risultato deriva non solo dal valore delle opere presenti, ma anche da iniziative promosse dalla Città. «Dal 2003 – precisa Brazzola –, l’allora Dicastero attività culturali si era interessato allo studio del cimitero luganese, data l’importanza dei monumenti custoditi». Successivamente, il Municipio ha incaricato il Dicastero di realizzare un inventario dei monumenti e «la ricerca è sfociata in una pubblicazione edita dalla Società di Storia dell’arte in Svizzera e inserita nella prestigiosa collana delle ‘Guide storico-artistiche della Svizzera’».
Il museo a cielo aperto del Monumentale, ribadisce Brazzola, contiene sculture che ripercorrono la storia artistica luganese: «Il nucleo più significativo di opere è quello che va dalla fine dell’Ottocento ai primi decenni del Novecento. Fra le sepolture più pregevoli troviamo i monumenti realizzati dai fratelli Chiattone, che si distinguono per l’accostamento di tecniche diverse, creando notevoli effetti pittorici». Oltre ai Chiattone e alle opere di Vincenzo Vela provenienti dai cimiteri dismessi, vanno anche ricordati «Raimondo Pereda e Luigi Vassalli, con opere che mostrano il passaggio dal gusto verista a quello simbolista e liberty». Il cimitero è, dunque, un luogo vivo, «costituendo un vero e proprio museo di scultura a cielo aperto e offre testimonianze dell’arte funeraria fino ai giorni nostri». Nel corso degli anni, infatti, si sono aggiunte opere di Apollonio Pessina, Fiorenzo Abbondio, Mario Botta, Nag Arnoldi e Selim Abdullah.
Il cimitero, realizzato “alle Gerre”, doveva diventare l’unico della città. Nel 1911, il Municipio ordinò la soppressione dei vecchi camposanti, ormai in zone abitate, e il trasferimento dei monumenti nella nuova area. A causa delle aggregazioni, la scelta di avere un solo luogo per le inumazioni non era più possibile e, con l’ultima fase aggregativa, sono arrivati a 23 i cimiteri cittadini. A differenza del passato, a causa della forte urbanizzazione, queste aree si trovano ormai all’interno di zone residenziali. Tuttavia la città non intende centralizzare tutto come fatto in passato: «Al momento non sussiste la necessità di ‘liberare spazio’ nel comune – continua Muscionico –, soprattutto considerando che i cimiteri di piccole dimensioni si trovano nei quartieri più discosti e, quindi, meno edificati». Queste aree sono salve dalle ruspe, poiché «sono luoghi della memoria storica dei quartieri e dei loro abitanti. Eliminarne e accorparne una parte significa cancellare un pezzo della storia di un luogo. I campisanti custodiscono gli intrecci delle memorie private con le radici della collettività a cui appartengono e possono essere considerati dei piccoli spazi giardino aperti, accessibili e a ingresso libero. Sarebbe bello se si tornasse a considerarli come degli spazi per tutti, da visitare per un attimo di meditazione e di sospensione dalla frenesia quotidiana».
Dal 2021, la Città sta compiendo diverse opere di miglioria ai suoi cimiteri. Il credito votato nel giugno 2020, «ammonta a 2,5 milioni di franchi – spiega Muscionico –. Di questi sono stati spesi finora 1,7 milioni, completando circa il 70% dei lavori previsti. Il resto verrà compiuto nel 2025/26». Tra i lavori già svolti, Muscionico segnala per il Monumentale «le rampe per l’accesso ai loculi a beneficio delle persone con difficoltà motorie, gli interventi di restauro conservativo a beni culturali protetti, come le cancellate e inferriate delle cappelle protette a nord e a sud dell’ingresso principale, e monumenti funebri come l’angelo del Chiattone presso la tomba Reali e del monumento di Carlo Bossoli sulla tomba della famiglia. È inoltre stata predisposta l’illuminazione, tramite pannelli solari, dei viali principali». Per quanto riguarda gli altri cimiteri, «a Castagnola, Dino, Sonvico, Breganzona Barbengo e in buona parte dei nove cimiteri della Valcolla, sono stati effettuati lavori a favore delle persone con difficoltà motorie».