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Adria, le difese: l'incarto torni al Ministero pubblico

Prime battute di un maxiprocesso che si prospetta lungo. Gli avvocati dei principali imputati lanciano l'offensiva contestando l'impianto accusatorio

Il cantiere di Breganzona posto sotto sequestro nove anni fa
(Ti-Press/Archivio)
3 giugno 2024
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Una decina di cantieri abbandonati in corso d’opera in mezzo cantone, tra operazioni immobiliari parzialmente riuscite o sfumate, e un presunto danno per la Banca Wir di Lugano, quantificato in più di una ventina di milioni di franchi. Questi sono soltanto alcuni elementi del maxiprocesso sul caso Adria Costruzioni, che è cominciato stamattina nell’ampia sala nella quale si svolgono le sedute Consiglio comunale di Paradiso. Tuttavia, il procedimento non è ancora nemmeno entrato nel merito. In apertura, Marco Villa, presidente della Corte delle Assise Criminali di Lugano (giudici a latere Emilie Mordasini e Monica Sartori–Lombardi) ha letto e corretto il voluminoso atto d’accusa, al quale ne è stato aggiunto un secondo, nei confronti di uno degli imputati principali, ossia l’ex direttore della banca Wir, il 55enne Yves Wellauer. Già queste modifiche apportate ai documenti allestiti dalla procuratrice pubblica Chiara Borelli sono state oggetto di contestazioni. Nell’ambito della presentazione delle questioni incidentali, poi, alcuni avvocati hanno chiesto il rinvio dell’incarto al Ministero pubblico.

Erogati un centinaio di milioni di crediti

Dopo quasi nove anni dai fatti, è dunque giunta in aula penale l’ampia inchiesta, che venne avviata nel 2015 dalla Procura, sulla voragine finanziaria che lasciò alle sue spalle l’impresa di costruzione Adria Costruzioni Sagl con sede operativa a Pregassona e sede legale a Paradiso. Gli ex vertici della ditta siedono sul banco degli imputati: l’ex titolare, Adriano Cambria e il figlio, Filippo, ex direttore operativo, della società fallita poco prima dell’inizio delle indagini grazie all’intervento dei sindacati Ocst e Unia, che avevano inoltrato in Pretura un’istanza di fallimento della ditta, perché da qualche mese non versava più gli stipendi alla cinquantina di dipendenti che persero il lavoro. Padre, figlio Cambria e l’ex direttore dell'istituto di credito sono accusati di truffa per mestiere, in correità tra loro e in parziale correità con gli altri quattro imputati; amministrazione infedele aggravata e cattiva gestione. In concreto, il terzetto avrebbe orchestrato un sistema per ricevere crediti di costruzione, anche senza assicurare la garanzie necessarie, causando un ingente danno economico alla banca Wir. Complessivamente, l’impresa di costruzione ha ottenuto un centinaio di milioni di franchi, buona parte dei quali sono ritornati nelle casse dell’istituto di credito attraverso la vendita di numerose proprietà, alcune delle quali sono state messe all’asta.

La banca tra gli accusatori privati

Nel voluminoso atto d’accusa, firmato dalla pp Chiara Borelli (ad avviare le indagini era stato il compianto procuratore generale John Noseda, che passò l’incarto all'ex pp Andrea Minesso), l’ex direttore della filiale luganese della banca Wir, che tuttavia nega ogni addebito, addossando la responsabilità alla sede centrale, avrebbe ricevuto 285’000 franchi, per favorire i crediti di costruzione elargiti all’impresa. Il 55enne avrebbe fatto passare le operazioni come se non dovessero essere soggette ad analisi approfondite. Non solo. L’ex direttore dell’istituto di credito luganese, che si è peraltro costituita come accusatrice privata ed è tutelata dall’avvocata Mariella Orelli, avrebbe indotto a credere che il titolare e il direttore operativo della ditta fossero affidabili, alla luce di una collaborazione con un noto costruttore immobiliarista e pregiato cliente della banca. Nelle numerose domande di credito valutate, Wellauer avrebbe inoltre indicato e o fatto indicare che i mezzi propri fossero stati apportati, dissimulando tuttavia la reale provenienza degli stessi e che la soglia della delle richieste quote di vendita fosse raggiungibile. Risultato? Stando all’atto d’accusa, in estrema sintesi, il 55enne avrebbe facilitato l’erogazione dei crediti, benché talune condizioni necessarie all’ottenimento, non fossero adempiute.

Alcune operazioni nel mirino

Nel dettaglio, l’atto d’accusa cita una situazione risalente all’aprile di dieci anni fa, quando l’ex direttore di banca avrebbe richiesto e ottenuto, a favore della Residenza ai Giardini (e dei fratelli Cambria) un credito di costruzione di 3,2 milioni di franchi nell’ambito di un’operazione immobiliare a Breganzona (vedi immagine) simulando l’apporto di 100’000 franchi di sua proprietà, ma in realtà provenienti da un prestito fornito dal 37enne, che figura tra gli imputati. Tuttavia, solo una parte del credito sarebbe stato impiegato per l'operazione immobiliare, mentre il resto sarebbe stato usato per altri scopi. In questo caso, il danno cagionato all’istituto di credito sarebbe di oltre 270’000 franchi. Un paio di mesi dopo, sempre stando all’atto d’accusa, l’ex direttore avrebbe richiesto e ottenuto a favore di padre e figlio Cambria un credito di costruzione di ben 23,5 milioni di franchi nell’ambito di un’operazione immobiliare denominata Zebra, anche in questo caso, simulando l’apporto di mezzi propri, ma in realtà provenienti da un prestito e da distrazioni di un paio di conti di costruzione per attività a Ponte Tresa e a Novazzano. Di questo credito, però, soltanto circa 7,65 milioni sarebbero stati utilizzati per l’operazione immobiliare, mentre il resto sarebbe stato distribuito a favore di una società per la sponsorizzazione del moto mondiale, a favore della costruzione di un edificio a Pambio, di un altro a Canobbio e di un terzo a Sonvico.

L’attacco all'atto

Andiamo con ordine. Il dibattimento è solo alle battute iniziali. Nella fase preliminare, durata tutta la giornata di oggi e in programma anche domani, sono andate in scena le schermaglie difensive: diverse sono state le questioni incidentali e pregiudiziali avanzate dagli avvocati. Questioni sollevate dal legale dell’ex direttore della banca, Eero De Polo, da Carlo Borradori, avvocato del figlio di Cambria, da Sabrina Aldi, avvocata dell’ex titolare dell’impresa. Tanto che è stato chiesto il rinvio dell’atto d'accusa al Ministero pubblico, incarto peraltro già rimandato dal giudice Marco Villa in Magistratura per ulteriori approfondimenti, qualche anno fa. Dal canto suo, l’avvocato Nadir Guglielmoni, legale del 46enne imputato, ha annunciato la presentazione di almeno tre istanze probatorie. Insomma, la versione dei fatti sostenuta dall’accusa è finita nel mirino delle difese. Ad avanzare questioni pregiudiziali e incidentali, sono stati principalmente gli avvocati De Polo, Carlo Borradori, difensore del 34enne Cambria, Sabrina Aldi, legale del 61enne Cambria e Filippo Ferrari, avvocato dell’imputato 37enne. Gli altri legali sono l’avvocato Elio Brunetti, che difende l’imputato 46enne e l’avvocato Niccolò Giovanettina, che tutela il 55enne cittadino italiano.

Tra vizi procedurali e manchevolezze

L’avvocato dell’ex direttore di banca, dopo aver presentato un reclamo alla Corte dei reclami penali, ha riproposto alcune contestazioni che sono state respinte da giudice Marco Villa, prima del dibattimento e ne ha presentate di nuove. Toccherà alla corte esprimersi in merito. De Polo ha messo in dubbio sia le correzioni dell’atto d’accusa, sia la violazione del principio dell’unità del procedimento. Nelle tesi accusatorie, ci sarebbero vizi procedurali e manchevolezze, come l’assenza dell’accertamento delle modalità di concessione dei crediti tali da compromettere la salvaguardia dei diritti di Wellauer. De Polo ha chiesto che, in merito, vengano sentiti tutti i funzionari della banca, che si sono confrontati con l’erogazione dei crediti citati nell’atto d’accusa. Borradori, invece, ha contestato l’atto d’accusa, siccome non indica né prospetta in maniera chiara e precisa i fatti contestati a ogni singolo imputato. Non solo. Secondo l’avvocato, l’accusa non ha specificato la quantificazione del danno economico che rappresenta un elemento costitutivo del reato di truffa, né ha specificato in modo chiaro le modalità con le quali i reati prospettati sarebbero stati commessi. Sulla stessa posizione si è posta l’avvocata Sabrina Aldi, secondo la quale, le modifiche apportate all’atto d’accusa rappresentano elementi fattuali che non sono stati istruiti.

Borelli replica respingendo le critiche

Dal canto suo, la pp Borelli ha ribadito la validità delle sue tesi, ricordando che il giudice ha l’obbligo di verificare se siano adempiuti i presupposti formali e se l’incarto sia maturo per un giudizio. Quanto alle modifiche dell’atto d’accusa, queste sarebbero soltanto formali e non sostanziali. La procuratrice ha inoltre ricordato che, qualche anno fa, il giudice Villa aveva già rimandato l’incarto al Ministero pubblico. Visto che stavolta ha convocato il processo, significa che ha ritenuto che non vi fossero più vizi formali, ha detto Borelli, precisando inoltre che le imputazioni a carico di Adriano e Filippo Cambria, sono state esplicitate e chiarite. La procuratrice ha pure spiegato perché non sono state convocate a questo dibattimento le persone ritenute coinvolte nel caso. Occorrerebbe, ha ricordato la pp, che ci fosse un concorso di queste persone con l’agire dei tre principali imputati, ma i due nomi citati non hanno provocato un danno economico alla banca Wir.

Gli altri quattro imputati, secondo l’accusa, hanno un grado di responsabilità minore nell’intricata vicenda. Sin dalle prime battute, si capisce che il processo durerà probabilmente almeno due settimane, mentre il giudice ha annunciato che la sentenza dovrebbe giungere giovedì 20 giugno.

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