Così Quadri e Verda Chiocchetti sulla sentenza del Cdm che li ha destituiti dalla carica di giudice. Nel verdetto ‘considerazioni arbitrarie’. I ricorsi
“L’annullamento” della decisione di destituzione “si impone non solo per tutelare” i due giudici licenziati con effetto immediato dal Cdm. Ma “anche – e soprattutto – per salvaguardare credibilità e serietà della Magistratura ticinese e della Giustizia nel nostro Paese”. Parole forti quelle dei giudici, al momento ex, del Tribunale penale cantonale (Tpc) Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti. Parole contenute nei rispettivi ricorsi con cui impugnano la sentenza del Consiglio della magistratura, che una ventina di giorni fa li ha lasciati a casa, e senza stipendio, poiché avrebbero, a detta dello stesso Cdm, “gravemente violato i loro doveri di magistrato denunciando per il reato di pornografia il presidente del Tribunale penale cantonale (Mauro Ermani, ndr): la denuncia del collega per un reato che sapevano non sussistere è inaccettabile e inconciliabile con la funzione di magistrato”. È la denuncia, da loro inoltrata nel luglio di quest’anno al Ministero pubblico, per la ahinoi famosa foto tratta da internet – con un paio di peni giganti di plastica, una donna seduta in mezzo e la scritta ‘Ufficio penale’ – che Ermani ha trasmesso via WhatsApp nel febbraio 2023 alla segretaria presunta vittima di mobbing da parte di una collega.
Sì, proprio l’immagine “gag”, con quei falli “simili a gonfiabili da piscina”, come ha scritto il procuratore straordinario grigionese Franco Passini (vedi l’edizione di sabato), nominato dal Consiglio di Stato in pieno ‘caos Tpc’, nel decreto del 4 settembre con il quale ha scagionato Ermani, ritenendo che non vi fosse un illecito ai sensi del secondo capoverso dell’articolo 197 (pornografia) del Codice penale invocato dai denuncianti. Simili a gonfiabili da piscina… “Sconcertante”, scrivono a loro volta Verda Chiocchetti e Quadri. “A che genere di piscine si riferisca Passini, non è dato saperlo. Di certo – osservano – non a quelle in cui un padre coscienzioso porterebbe i propri figli”.
Patrocinati dall’avvocato Marco Broggini, Quadri e Verda Chiocchetti chiedono alla Commissione di ricorso sulla magistratura di cassare la decisione del Cdm e quindi di essere reintegrati nella carica di giudice. Lo chiedono dopo aver passato ai raggi X la sentenza di destituzione e averla definita “del tutto tendenziosa” nell’esposizione dei fatti, non priva di “numerose considerazioni arbitrarie” e “frutto di accanimento”. Nelle oltre trenta pagine che compongono entrambi i ricorsi si ricorda tra le altre cose che “un giudice è per definizione garante dei diritti fondamentali di cui agli articoli 7 e seguenti della Costituzione. Non solo verso le parti processuali, ma anche nei confronti del personale del tribunale in cui lavora, specie se è un giudice ordinario attivo al 100%”. Per questo gli allora giudici Quadri e Verda Chiocchetti “non potevano rimanere con le mani in mano di fronte a una collaboratrice che aveva loro confidato di essere mobbizzata da tempo” da una collega, “di aver ricevuto immagini oscene e indesiderate da parte del giudice Mauro Ermani” e “di non aver ricevuto alcun supporto da parte di quest’ultimo con riferimento al mobbing subìto”. Immagini indesiderate, ovvero non richieste.
Ed eccoci alla foto dei due falli e dunque al reato di pornografia previsto dall’articolo 197 del Codice penale svizzero. Si legge nel ricorso: “L’enfatizzazione della zona genitale è una componente centrale nella nozione di pornografia ex articolo 197 capoversi 1 e 2 secondo il Tribunale federale”. Ora, continuano Verda Chiocchetti e Quadri, riferendosi al verdetto del Cdm, “come si possa sostenere che la fotografia della scultura di due falli giganti non enfatizzi in maniera esagerata gli organi genitali e che lo scopo tanto della scultura quanto delle sue fotografie non sia quello di scioccare il pubblico, è incomprensibile”. Per i ricorrenti, “la fotografia di un pene in erezione è pornografia soft ai sensi dell’articolo 197, come riconosciuto dal Tribunale federale ed evidenziato dalla dottrina specialistica di questo settore. È francamente difficile immaginare un’enfatizzazione della zona genitale maschile maggiore rispetto a quella svolta da una scultura alta più di due metri che raffigura due falli giganti realistici e in erezione (con vene in rilievo e tutto il resto), con il chiaro scopo di scioccare (o eccitare) il pubblico!”. C’è di più secondo i ricorrenti: “Senza rendersene conto, il Consiglio della magistratura, in modo contraddittorio e arbitrario, da un lato erige a verità giuridica la valutazione del pp straordinario Franco Passini (...), dall’altro ne sconfessa l’operato, sostenendo – peraltro a giusta ragione – che la pornografia è data anche se non è l’eccitamento la reazione provocata nel pubblico dall’immagine, ma anche lo shock (...). Così facendo anche il Consiglio della magistratura ammette, senza tuttavia rendersene conto, che la fotografia dei due falli giganti realistici e in erezione che il giudice Mauro Ermani ha inviato” alla segretaria “è pornografia”. E ancora: “Siamo certi che ciascun membro della Commissione di ricorso sulla magistratura, ricevendo dal giudice Mauro Ermani senza avergliene fatto richiesta, la foto” in questione “ne resterebbe scioccato”.
Tuttavia, stando al decreto del pp straordinario e a quanto riportato nella decisione di destituzione datata 10 dicembre (pagina 30: “Lo scrivente Consiglio della magistratura, allorquando gli è stata trasmessa dalla segretaria la fotografia controversa con il complemento di segnalazione del 26 giugno 2024, non ha ravvisato alcun elemento che potesse fare entrare in linea di conto la commissione di un reato perseguibile d’ufficio, quale ad esempio, appunto, la pornografia, e quindi non ha segnalato alcunché al Ministero pubblico ai sensi dell’articolo 27a Legge sull’organizzazione giudiziaria, ma la ha intimata immediatamente al giudice Mauro Ermani per una sua presa di posizione in ambito di una procedura disciplinare”), un adulto, scrivono Quadri e Verda Chiocchetti, “che invia a un bambino un’immagine del genere non è punibile ex art. 197 cpv 1 Codice penale”. Pp straordinario e Cdm, rincarano, “non si rendono conto delle pericolose implicazioni delle loro dozzinali considerazioni in un ambito così delicato che tocca direttamente la sfera sessuale delle persone. In primis, dei nostri figli”.
Non è finita. “Secondo il combinato disposto degli articoli 302 Cpp (Codice di procedura penale, ndr) e 27a Log (Legge sull’organizzazione giudiziaria, ndr), un giudice è tenuto a denunciare alle autorità competenti per il proseguimento i reati – crimini, delitti e contravvenzioni – che ha constatato o che gli sono stati segnalati nell’ambito della sua attività ufficiale”, rammentano Quadri e Verda Chiocchetti: “Se il giudice non agisce, è passibile di essere perseguito per il reato di favoreggiamento ex art. 305 Codice penale, commesso per omissione”. Ergo: i due giudici “non avevano il diritto di denunciare, bensì l’obbligo di farlo”.
L’obbligo, si sottolinea poi nel ricorso, “a cui erano sottoposti i giudici Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti toccava anche i membri magistrati del Consiglio della magistratura, come il presidente, giudice Damiano Stefani e, ancor di più, Andrea Maria Balerna (procuratore generale sostituto, ndr), ambedue in possesso ufficialmente della fotografia” dei due falli e della donna seduta in mezzo “da giugno 2024, ossia da quando la segretaria (vittima di mobbing) gliel’ha mandata” con il complemento di segnalazione. “Per smarcarsi da ogni rimprovero derivante dalla violazione dell’obbligo di denuncia ex art. 27a Log e 302 Cpp (fra cui spicca la possibile accusa di favoreggiamento ex art. 305 CP), era necessario destituire i giudici Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti proprio per aver, a torto, denunciato il giudice Mauro Ermani del reato di pornografia soft ex articolo 197 capoverso due del Codice penale. Insomma, mors tua vita mea. Solo così – si annota sempre nel ricorso – il Consiglio della magistratura avrebbe avuto la certezza di mettere al sicuro i propri membri magistrati che erano tenuti a denunciare, ma che non l’hanno fatto”.
Quella foto era dunque in possesso del Cdm già dal 26 giugno. La ‘Regione’ l’ha pubblicata nell’edizione del 20 agosto. Interpellato quel giorno dalla Rsi, Stefani ha dichiarato che “l’immagine l’abbiamo vista ora in maniera ufficiale”. Sul giornale. I ricorrenti: “Il presidente del Consiglio della magistratura Damiano Stefani ha detto una bugia”. Quadri e Verda Chiocchetti contestano poi la tesi dell’emoticon contenuta nella decisione del Cdm: la segretaria, scrivono i ricorrenti, “ha risposto con una faccia sorridente a un precedente invio” di un’altra foto, “che non aveva niente a che fare con il successivo invio – inaspettato, scioccante e non richiesto – raffigurante i due falli”. A questo successivo invio la segretaria “non ha risposto nulla: tipica reazione delle vittime che, sopraffatte da un comportamento inaspettato, si bloccano per lo shock che ne consegue e non reagiscono (il cosiddetto effetto freezing)”.
Quand’erano in carica, Quadri e Verda Chiocchetti hanno ricusato l’intero Consiglio della magistratura. Tre istanze di ricusa presentate fra settembre e ottobre. Che sono state dichiarate inammissibili dal medesimo Cdm. Il quale, sostengono i ricorrenti, “si è arrogato il diritto di sentenziare autonomamente nonostante il chiaro tenore dell’art. 87 cpv 3 Log”. Al Cdm, proseguono,“dev’essere sfuggito” che il citato articolo “è una lex specialis per rapporto all’art. 50 cpv 3 LPAmm (Legge sulla procedura amministrativa, ndr): il Consiglio della magistratura non può mai decidere esso stesso le istanze di ricusa che riguardano tutti i suoi membri, nemmeno se le considera ‘manifestamente irricevibili’ o ‘prive di qualsiasi fondamento’”. Il ricorso alla Commissione di ricorso sulla magistratura contro queste decisioni del Cdm è tuttora pendente: “Nonostante la procedura ricorsuale concernente gli auto-giudizi (emanati contra legem) sulle domande di ricusa, il Consiglio della magistratura ha comunque emanato la destituzione qui impugnata. E già solo questo aspetto ne impone l’annullamento”.
Questo e altro nei ricorsi che Quadri e Verda Chiocchetti chiedono di accogliere e ai quali chiedono, in via superprovvisionale, di restituire/accordare nel frattempo l’effetto sospensivo. La parola passa alla Commissione di ricorso sulla magistratura.