Luganese

Statue in cambio di cocaina. ‘Fatti oggettivamente gravi’

Trentaquattro mesi di pena, di cui una parte da espiare, a un 62enne che ha spacciato oltre 600 grammi di cocaina negli ultimi 5 anni

La cocaina ancora protagonista in tribunale
(Ti-Press)
12 dicembre 2023
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Una lampada a forma di orango. E ancora, un tavolino con gambe di donna e una statua di 1,70 metri raffigurante Napoleone Bonaparte. Questi sono solo alcuni degli oggetti di un design discutibile in cambio dei quali l’imputato – uno svizzero 62enne – ha scambiato una parte consistente dei circa 618 grammi di cocaina per i quali è comparso oggi alle Assise criminali di Lugano. Un traffico di droga che gli è costato una condanna a 34 mesi di detenzione. Di questi, poco più della metà, ossia 19, sono sospesi condizionalmente per un periodo di 4 anni.

Oltre all’infrazione aggravata alla Legge federale sugli stupefacenti, l’uomo è stato riconosciuto colpevole anche di riciclaggio di denaro e incitazione all’entrata, alla partenza o al soggiorno illegale, per aver spedito 600 franchi alla famiglia della sua compagna in Romania e averla aiutata a entrare illegalmente in Svizzera; infrazione sui medicamenti e i dispositivi medici, vendita di pastiglie di Viagra senza autorizzazione medica; infrazione ripetuta alla Legge federale sulle armi, poiché era in possesso tra l’altro anche di un fucile e di un tirapugni, e furto delle suddette statuette.

Dopo il carcere preventivo ha continuato a spacciare

Una storia insolita, come piuttosto bizzarro è apparso il dibattimento, svoltosi in parte in buon dialetto per facilitare il dialogo con il 62enne. Il giudice Mauro Ermani, presidente della Corte composta anche dai giudici a latere Aurelio Facchi ed Emilie Mordasini, ha sottolineato che l’imputato è già stato posto in carcerazione preventiva da ottobre 2020 fino ad aprile 2021. Malgrado ciò, una volta uscito ha continuato a spacciare e consumare droga fino a quando il primo luglio 2023 è stato di nuovo arrestato perché era in possesso di 14 grammi di cocaina, che in quell’occasione ha nascosto nel marsupio di un conoscente a sua insaputa.

L’imputato, che a sua detta si è avvicinato alla droga solo a 40 anni, dopo una depressione causata dalla morte della madre alla quale era molto legato, ha ammesso tutte le accuse a suo carico. Tranne una: il furto. Il condannato è stato infatti accusato da uno dei suoi acquirenti principali di polvere bianca di avergli sottratto diversi beni mobili: statue, candelabri, lampade, tavolini e altro ancora, per un valore complessivo di 16’700 franchi. L’uomo si è giustificato, dicendo che quegli oggetti stravaganti «non hanno di certo quel valore e il denunciante era venuto a casa mia. Aveva visto che le statue erano lì e non aveva detto nulla».

Non ci sono garanzie che smetta di drogarsi

Il procuratore pubblico Zaccaria Akbas durante la requisitoria ha affermato che «c’è stato sì un accordo tra le parti per l’acquisto delle statuette, ma ci sono delle intercettazioni telefoniche e alcuni messaggi dove non si può evincere che tutte le statue siano state effettivamente scambiate». L’accusa di furto però «non è l’atto più grave del quale è imputato: i 618 grammi di cocaina tra venduti e pronti alla vendita non sono pochi, i quantitativi che si sono riusciti a provare paiono per scopo di lucro. Lui dice che vuole cambiare vita, ma non ci sono garanzie che rimanga lontano dalla droga dato il precedente giudiziario e dunque non può essere condannato a una pena sospesa». La pena richiesta dal pp è stata di 36 mesi, dei quali 16 da espiare più una multa di 100 franchi per il consumo di cocaina.

Anche per l’avvocato della difesa Marco Masoni «i fatti dell’atto d’accusa sono oggettivamente gravi, ma il 62enne è sinceramente pentito di quanto fatto ed è stato collaborativo ammettendo anche più di quanto le autorità gli avevano imputato». Il furto invece non si può accertare: l’imputato veniva pagato con i beni «in un ambiente di degrado dove c’era droga a fiumi. Inoltre non si sa il vero valore delle statue e in tutti i casi il 62enne è d’accordo di venderle per pagare le spese procedurali». La difesa dal canto suo si è battuta per una scarcerazione immediata, in virtù dei mesi trascorsi alla Farera come carcerazione preventiva, pur accogliendo la proposta dei 36 mesi di pena formulati dalla pubblica accusa.

«L’ambiente dove si sono svolti i fatti e le transazioni era inquinato dalla droga» ha premesso Ermani leggendo la sentenza. «I rapporti di dare e avere tra i due erano sbilanciati, ma non è possibile accusarlo con certezza di furto» ha aggiunto il giudice, rifacendosi al principio dell’in dubio pro reo. Storia diversa invece per l’accusa di spaccio. Il presidente della Corte ha definito sconcertante il fatto che, dopo il primo periodo alla Farera, il 62enne si sia riavvicinato alla droga, quindi «tenerlo in carcere non serve a nulla e bisogna preparare la sua uscita e aiutarlo nelle proprie questioni onde evitare ricadute in questi ambienti. Oggi non c’è pronto un alloggio sicuro dove potrà ritornare a vivere e inoltre va agganciato a un antenna sociale, cosa che nel giro di tre mesi può essere fattibile».