laR+ Luganese

Vendeva droga a 13enni: condannato ed espulso un 28enne

La Corte delle Assise criminali di Lugano ha inflitto 32 mesi di pena parzialmente sospesi a un giovane che ha spacciato cocaina e hashish

Un’immagine della cocaina pronta allo spaccio
(Ti-Press)
21 maggio 2024
|

«L’indagine è stata avviata a seguito della denuncia di una madre preoccupata». Preoccupata perché il figlio appariva sempre più spesso sotto effetto di droga. A soli 13 anni. A sottolinearlo è la procuratrice pubblica Valentina Tuoni durante la requisitoria nei confronti di un 28enne, condannato oggi dalla Corte delle Assise criminali a 32 mesi di pena – 12 dei quali da scontare – e all’espulsione per sette anni dalla Svizzera, per infrazione parzialmente aggravata e ripetuta contravvenzione alla Legge federale sugli stupefacenti, ripetuto riciclaggio di denaro, ripetuta entrata illegale.

Il giovane tunisino residente in Italia ha detenuto e venduto, assieme a un correo che verrà presto processato, 173 grammi di cocaina e 602 di hashish: «Sono scappato dall’Italia perché gente poco raccomandabile mi aveva prestato 100mila euro. Avevo paura perché mi minacciavano. Ho scelto di venire in Svizzera perché qui pensavo di potermi curare dal vizio del gioco». L’imputato soffre infatti di ludopatia. Tra la primavera e il luglio del 2023 ha vissuto per un periodo con il correo a Lugano e insieme hanno spacciato le due sostanze anche se il 28enne, già precedentemente condannato in Italia per contrabbando ed estorsione, ha precisato che l’hashish non era suo, malgrado avesse affermato il contrario durante il primo interrogatorio con gli inquirenti.

‘Vendere hashish a minorenni è molto grave’

E ora torniamo alla pp: «Quando siamo entrati in quella casa, abbiamo trovato anche ragazzini di 13 anni che fumavano hashish. Questo è il classico scenario trito e ritrito che abbiamo nel nostro cantone». Riguardo al proprietario della droga, per la pp il 28enne «ha anche detto che la cocaina era tutta del suo correo. Non stiamo qui a inventarci giri. Consegnare hashish a dei minorenni, soprattutto se così giovani, è un reato molto più grave rispetto ad altri. Questi sono i fatti e le circostanze sono evidenti. Ha sempre una scusa, e non va creduto. È venuto in Svizzera solo per portare sostanze stupefacenti che fanno male». Per la pp il condannato ha detto delle bugie anche sul denaro che possedeva: «Ha venduto 70 grammi di cocaina e i soldi provenivano da quello, non dalle vincite dal gioco come ha affermato». La pp ha dunque proposto una pena di 36 mesi, dei quali 18 sospesi e l’espulsione di 7 anni, perché «la colpa è grave, in ragione del quantitativo detenuto, del periodo ristretto durante il quale si è compiuto il reato e dalla purezza della cocaina, infatti non sono state trovate sostanze da taglio».

«Ha fornito i nomi dei clienti»

Secondo Silvia Zwahlen, l’avvocata della difesa, il 28enne va invece creduto: «Fin da subito ha ammesso i fatti e ha collaborato fornendo anche i nomi sia dei compratori sia dei venditori». Dopo aver ripercorso la vita turbolenta dell’imputato caratterizzata da problemi scolastici prima e dalla dipendenza dal gioco poi, la legale ha sottolineato che non era un consumatore e che ha iniziato a vendere cocaina per ripagare i suoi debiti di gioco: «Perché avrebbe dovuto dire che la cocaina era di sua proprietà e non l’hashish? Semplicemente perché non era sua, ma di qualcun altro presente in quella casa. Secondo il principio dell’in dubio pro reo deve essere considerato non colpevole». Pertanto la difesa si è battuta per al massimo 18 mesi interamente sospesi, non opponendosi tuttavia all’espulsione dato che l’assistito non ha legami in Svizzera.

«Anche volendo non possiamo credergli»

Credere all’imputato e alle sue innumerevoli versioni dei fatti fornite dal 28enne, per il presidente della Corte Siro Quadri, non è possibile: «Le altre persone interrogate hanno dato una versione diametralmente opposta da quella sentita oggi in aula dall’imputato. Anche volendo crederlo, non potremmo farlo». La pena proposta dalla pp è stata quindi solo leggermente smussata, «perché si tratta pur sempre di una persona che nella sua vita ha anche lavorato onestamente e soffre di ludopatia».