Luganese

Mezzo secolo di lavoro per la stessa azienda

Intervista a Giuseppe Longo, dipendente de la Buona Stampa di Lugano dal 1973, che ci racconta come è cambiata la professione di tipografo

Giuseppe Longo in uno dei suoi momenti di lavoro
30 luglio 2023
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Negli ultimi cinquant’anni sono avvenuti innumerevoli eventi e cambiamenti nella società, a livello tecnologico e culturale. Cinquant’anni fa, per esempio, a Mougins in Francia moriva Pablo Picasso, mentre da un Motorola DynaTac 8000X, soprannominato ‘the brick’, nel cuore della Grande Mela, veniva effettuata la prima telefonata da un cellulare. Al cinema usciva l’Esorcista, l’horror più spaventoso di sempre. In quello stesso anno, il 1973, invece, un ragazzo di appena quindici anni, usciva dalla scuola dell’obbligo e come apprendista era pronto a cominciare la sua lunga carriera lavorativa nell’azienda che lo avrebbe accolto per ben mezzo secolo. Ora, nel 2023, per Giuseppe Longo, tipografo a la Buona Stampa di Lugano dal 1973, è giunto il tempo della pensione e lui racconta la sua lunga esperienza lavorativa in un’intervista a laRegione.

Quando ha cominciato a lavorare?

Se non ricordo male, il mio primo giorno di lavoro fu il 3 luglio del 1973, avevo solo quindici anni.

La cosa interessante è che lei ha lavorato, in questo mezzo secolo di carriera, sempre nella stessa azienda. Ci racconti qualche aneddoto.

Cominciai a lavorare per il Giornale del Popolo a Massagno. Nel 1972, come previsto dal mio percorso scolastico, dovevo cercare di capire cosa fare della mia vita, quindi iniziai subito a cercare un impiego. Ricordo che provai a scattare qualche fotografia per uno studio fotografico, che era vicino a casa mia. Dopodiché, il mio allenatore di calcio dell’epoca, che lavorava all’Eco dello Sport, agevolò il mio inserimento al giornale, per un praticantato di un paio di mesi. L’anno successivo, quindi nel luglio del 1973, dopo un breve colloquio, cominciai a praticare la professione di tipografo per il giornale.

Che tipo di formazione ha seguito?

Non essendo particolarmente portato per il lavoro d’ufficio, il mestiere del tipografo mi era sembrato un’ottima alternativa. Quindi, ho appreso la professione praticandola e seguendo per quattro anni l’apprendistato di compositore tipografo. Poi, ho continuato a lavorare per il giornale, in quanto avevano bisogno di personale. A un certo punto, mi sono ritrovato a fare due lavori contemporaneamente, trascorrevo la mattina in tipografia e la sera invece andavo al giornale. Sono stato fortunato, perché a quei tempi, era difficile trovare un posto come apprendista nel mondo della tipografia. Coloro che erano attivi nel settore, solitamente, mantenevano la propria occupazione fino alla pensione.

Quali erano le sue mansioni da tipografo?

Quando ero in tipografia mi occupavo prevalentemente di comporre le lastre di piombo, che venivano composte lettera per lettera. In seguito, le lastre venivano utilizzate per stampare i biglietti da visita, bollettini parrocchiali, libri, carte da lettera e anche le notizie pubblicate dai giornali. Mi sono sempre occupato un po’ di tutto, utilizzando anche varie tipologie di materiale e tecniche di stampa diverse.

Quali sono stati i principali cambiamenti nella sua attività?

Ho vissuto il passaggio dal piombo alla carta, dalla carta al film, mentre negli ultimi anni ha preso piede l’uso del computer. Insomma, ho sperimentato il passaggio dalla tipografia analogica al digitale. Sicuramente, prima il lavoro era molto più ‘macchinoso’. Oggi, invece, è tutto molto più semplice: una volta che la pagina è pronta, la mandi in stampa e basta. Non per forza, però, questo cambiamento verso il digitale deve essere considerato meno appassionante. Infatti, per fare questo mestiere, ci vuole passione e bisogna sempre essere un po’ creativi. Certo, ora, se sbagli qualcosa, anziché rifare tutta la lastra di piombo, in cinque minuti modifichi e hai la tua nuova stampa. Adesso, potenzialmente, si potrebbe addirittura fare tutto senza andare a scuola.

La tecnologia digitale si può considerare meno pratica, ma più tecnica?

Sicuramente sì. Prima, la forma della stampa dovevi prepararla personalmente. Ora, grazie al computer, tutto si svolge molto più velocemente. Negli ultimi anni, ci sono davvero pochi apprendisti in questo settore. Non è come ai miei tempi, quando eravamo circa una ventina in tipografia. Ogni anno diminuiscono gli apprendisti, malgrado non sia così complicato trovare un posto di lavoro. Il problema, forse, è che una volta finita la formazione, spesso i ragazzi e le ragazze decidono di cambiare ditta. Questo è un peccato, anche perché formare qualcuno è anche un investimento da parte dell’azienda.

Com’è cambiata l’azienda negli anni?

Esattamente come la tecnologia per stampare. Come la stampa si è evoluta adattandosi a nuove tecniche, così ha dovuto fare anche l’azienda per rimanere al passo con i tempi e la concorrenza. Durante la mia carriera a La Buona Stampa, ho visto anche cambiare diverse volte i membri della direzione, oltre che i colleghi.

Ora che è in pensione, ha già progetti per il futuro?

Per il momento, non ho programmi, se non quello di godermi la pensione. Poi si vedrà, sicuramente cercherò di sfruttare al meglio il mio tempo, magari andando in vacanza al mare per uno o due mesi di fila. In ogni caso, continuerò a occuparmi della mia passione, ovvero l’Inter Club ‘Sandro Mazzola’ di Lugano di cui sono responsabile.