Ennio Balmelli, allenatore negli anni 70, di Borradori, ricorda la timidezza e l’impegno enorme che il compianto sindaco di Lugano ci metteva in ogni cosa
Marco era un ‘ragnetto’. Braccia e gambe lunghissime, magrissimo, tanto agile che ci arrivava dappertutto». Lo disegna così Ennio Balmelli, riaprendo quelle ricche pagine di vita e di sport che scrissero insieme negli anni 70. Lui allenatore, diplomato a Macolin, Borradori, 5 anni più giovane, promessa della Società tennis tavolo di Lugano. «La sua gioventù ne fu completamente occupata. Aveva 13 anni quando approdò con il fratellino Mario. Ma lui ci mise un impegno enorme che lo portò a numerosi risultati a livello svizzero. Era veloce e, se devo essere sincero, pur non essendo tecnicamente dotatissimo, riusciva a supplire a questa debolezza con un allenamento costante e intenso. E proprio questa estrema tenacia l’ha portato a un livello notevole tanto da essere considerato uno dei migliori giocatori di sempre che ha avuto il nostro cantone». Con il piccolo Borradori, Balmelli raccolse tantissime soddisfazioni: «Incredibili quelle che mi diede questa prima covata di giovani. Marco l’ho accompagnato fino alla Nazionale juniores, quando già nella sua grande attività in Ticino non si perdeva una competizione. Vinse una ventina di titoli cantonali, fra juniores, doppio e individuali assoluti. A un certo punto decise di smettere... in parecchi tentammo di fargli cambiare idea ma non c’è stato nulla da fare. Quella pagina della sua vita la considerava ormai voltata, anche se ha sempre seguito le partite della squadra luganese».
Formatore e ‘fratello maggiore’, Balmelli ha continuato a frequentare il futuro sindaco anche quando da adulti le loro strade, pur prendendo percorsi diversi, si sono incrociate più volte: «Già da bambino Marco era molto timido, estremamente educato, mai una parola fuori luogo. Una timidezza per la quale non avrei mai scommesso su una sua ‘discesa in campo’. Da avvocato, mi chiedevo ‘come un timido potesse fare una professione così esposta...’. Anche per questo sono rimasto molto sorpreso quando ha abbracciato la carriera politica e dei risultati straordinari che poi ha ottenuto. A ogni passo che ha compiuto gli ho sempre scritto e lui mi ha sempre risposto. Si trovava bene in mezzo alla gente tanto che aveva una capacità comunicativa incredibile».
Ricordi del tennis tavolo. Dietro Ennio Balmelli
Dopo lo sport per Balmelli venne la musica: «Con Marco ho avuto molto a che fare come presidente dei Cantori delle Cime. Occupiamo da 20 anni uno stabile della Città. E lui è sempre stato un grandissimo amico dei Cantori non mancando mai un evento importante, prima al Palazzo dei congressi e poi al Lac. Teneva discorsi bellissimi ed era per noi un prezioso punto di riferimento». Sono molti gli episodi che riaffiorano da quel grosso volume di ricordi: «Uno lo tengo nel cuore. A Lugano era in corso un incontro della Nazionale juniores svizzera. Io ero lì come spettatore. Marco aveva perso la prima partita. Il suo allenatore per la successiva gli impose, lui giocatore d’attacco, di mettersi più in difesa. Ma Marco capiva che non era nelle sue corde e venne verso di me con fare interrogativo. Gli dissi: ‘Marco la testa è tua, fai il gioco che meglio credi!’ e vinse quella partita. Quando si metteva in mente di fare qualcosa non ce n’era per nessuno! Nella politica non sempre però è possibile e Marco ha patito le sue belle sconfitte. L’ho sempre considerato una persona profondamente onesta, se ha fatto qualche errore l’ha fatto sempre in buonissima fede. Senza dimenticare la sua gran cura della propria privacy, non aveva paura di metterci la faccia, come quella volta che ha affrontato la popolazione per i guai finanziari del padre che aveva deciso di sostenere moralmente. Insomma, questo gli va riconosciuto, non ha mai schivato l’oliva».