Importante sentenza del Tribunale federale, che dà ragione a un acquirente che a contratto non sapeva di dover affittare l'appartamento a terzi
Ha ragione l’acquirente, che va rimborsato di quanto versato alla famiglia proprietaria. Nello specifico, 185’500 franchi, ossia 173’500 di acconti e 12mila di spese notarili, a cui vanno aggiunti gli interessi. È il succo di una sentenza del Tribunale federale riguardante l’annosa vicenda del Delta Resort di Locarno, ovverosia la struttura para-alberghiera (4 palazzine in proprietà per piani, Ppp) realizzata accanto al Park Hotel Delta dalla famiglia Ambrosoli proprietaria. Il nocciolo del problema stava tutto (e in realtà sta, visto che la questione di fondo non è ancora risolta) nei criteri di utilizzo degli appartamenti di lusso: uso esclusivo, oppure condiviso sulla base del fatto che il Piano regolatore comunale prevede, per la zona turistico-alberghiera, l’equiparazione degli appartamenti a degli aparthotel, che in quanto tali devono essere affittati a terzi e non mantenuti a esclusivo utilizzo dei proprietari.
Proprio uno di questi proprietari, tutelato dall’avvocato Costantino Castelli, contestava l’obbligo di condividere il lussuoso appartamento situato in una delle quattro palazzine costruite lungo l’argine locarnese della Maggia. Un obbligo intervenuto però solo dopo la firma del contratto d’acquisto – nel quale figurava chiaramente che l’acquirente non è tenuto a locare l’appartamento durante la sua assenza –, avvenuta nel dicembre 2014 per una cifra di poco superiore a 1,23 milioni di franchi. È infatti solo nel 2015 che il Municipio ha, come scrive lo stesso Tf, imposto una serie di emendamenti al regolamento d’amministrazione e d’uso delle Ppp, prevedendo segnatamente che “il comproprietario mette annualmente a disposizione dell’amministrazione dell’albergo le sue parti di diritto esclusivo e quelle a lui assegnate in uso esclusivo al fine di permettere un’utilizzazione turistico-alberghiera della proprietà”.
Da lì è stata una battaglia per vie legali a più livelli, con sentenze fra loro contraddittorie – che però pur contestando le modalità utilizzate dall’esecutivo locarnese (l’emanazione di un regolamento condominiale con determinati contenuti), hanno sempre confermato l’impossibilità di residenza primaria o secondaria nella zona –, fino a quella definitiva del Tribunale federale, datata 21 marzo, che respingendo il ricorso della venditrice (patrocinata dagli avvocati Fulvio Pelli e Paolo D’Alessandro) la obbliga appunto a risarcire l’acquirente privato. Questo fondamentalmente perché, sempre nel contratto stipulato, veniva specificato che il trapasso del possesso con utili e rischi sarebbe avvenuto con la consegna dell’oggetto (prevista nel maggio 2016) e non alla firma.
Tradotto, al momento dei cambiamenti introdotti dal Municipio locarnese, il tutto era ancora in mano alla venditrice e l’acquirente si è ritrovato, anche “in ragione delle disposizioni del diritto della pianificazione del territorio e del concreto agire del Municipio (che aveva tra l’altro annunciato l’intenzione di effettuare dei controlli, ndr)”, con un oggetto che presentava un “difetto” (quello di non poterne disporre quale residenza secondaria in via esclusiva) che giustificava il recesso del contratto».
Alessandro Ambrosoli, della famiglia proprietaria, raggiunto dalla ‘Regione’ dice di prendere atto della sentenza, ma la ritiene «secondaria rispetto al filone principale. È chiaro che il singolo proprietario dovrà essere rifuso e la stessa situazione potrebbe entrare in linea di conto anche con l’altro proprietario che aveva adito le vie legali per gli stessi motivi. Ma, ripeto, il filone principale è un altro».
Ed è il filone della diatriba Comune-proprietari, attualmente al Tribunale cantonale amministrativo, riguardo i vincoli inseriti a Piano regolatore per la zona turistico-alberghiera. «Noi, in buona fede, abbiamo realizzato appartamenti con servizio alberghiero pensando in questo modo – considerando cioè lo strettissimo legame fra appartamenti e hotel – di ossequiare tutti i vincoli pianificatori. Il Municipio, come ben si sa, rilasciando la licenza edilizia aveva confermato la nostra visione, salvo poi cambiare idea e creare il problema».
Al momento risultano venduti 12 appartamenti, dice Ambrosoli, che conclude: «Al netto di tutto quel che è successo, il progetto si può dire funzionante. Me lo confermano in primo luogo gli acquirenti, soddisfatti. Vedremo come la vertenza con il Comune andrà a finire».