Dopo il ricorso di un professionista e la sentenza del Tram che ha concesso l’effetto sospensivo, rimossi i cartelli di divieto. Il perimetro rivisto
Pesca, pesca, pescatore. La canzone di Pierangelo Bertoli e Fiorella Mannoia potrebbe essere tranquillamente canticchiata da Giovanni Palmieri, pescatore professionista di Brissago, mentre getta le reti lungo le rive del suo comune di domicilio. Si è infatti ‘guadagnato il diritto’ di proseguire con la sua attività anche laddove l’Ufficio caccia e pesca aveva posto, nelle scorse settimane, dei cartelli di divieto. Una bandita di pesca che aveva fatto venire il mal di pancia all’interessato che non ne contestava affatto il principio, bensì l’estensione, notevolmente accresciuta, in barba agli accordi presi con i pescatori durante le riunioni e i sopralluoghi.
Il suo ricorso contro la decisione cantonale aveva ottenuto, dal Tribunale amministrativo cantonale (Tram), lo scorso 24 gennaio, lo ricordiamo, l’effetto sospensivo. Il governo, preso atto della decisione e delle legittime rivendicazioni del ricorrente, dopo attenta valutazione ha ritenuto opportuno non proseguire in questa vertenza.
Per capirci meglio in questa storia occorre comunque fare un salto indietro nel tempo. Nei piani di gestione della pesca portati avanti negli ultimi anni dal Dipartimento del territorio che interessano, nel caso specifico, il bacino svizzero del Lago Maggiore, figura la creazione di quattro ben definite aree di bandita di pesca con le reti. La Divisione dell’ambiente, per il tramite dell’Ufficio caccia e pesca, ha dunque avviato delle trattative con i pescatori, professionisti e non, per valutare la loro ubicazione e le dimensioni di queste superfici. Esse riguardano le acque antistanti al golfo di Locarno, quello di Ascona, una parte delle rive del Gambarogno e dello specchio lacustre lungo la riva di Brissago.
Il primo gennaio 2023 è dunque entrato in vigore il divieto della pesca con reti all’interno delle aree definite. Poche settimane dopo, il 24, arriva dal Tram l’altolà. Il ricorso presentato da Palmieri (supportato dai suoi colleghi che vivono con il pescato) contro il decreto esecutivo concernente la zona di protezione della pesca a Brissago è accolto e questo, di fatto, porta all’effetto sospensivo. Il motivo che ha spinto Giovanni Palmieri a presentare l’istanza è da ricondurre al fatto che i perimetri disegnati sulla mappa dal Cantone nel caso brissaghese non corrispondono, in termini di grandezza, a quanto pattuito. La bandita avrebbe dovuto abbracciare l’area che va dal vecchio porto del paese alla Clinica Hildebrand. Invece risulta allargata fino alla foce del riale subito a nord della zona Miralago, per un’estensione di 400x200 metri circa, vale a dire con una differenza di diverse centinaia di metri quadrati di superficie rispetto agli accordi. Come mai? Un abuso bello e buono, che va a nuocere a quei pochi pescatori professionisti ancora attivi sul nostro lago.
Nel suo scritto al Tram, il governo, in poche righe, conferma che "preso atto del ricorso di Palmieri, riconosce come la misura impugnata dal ricorrente richieda ulteriori valutazioni" e che "modificherà il decreto esecutivo impugnato nel senso postulato dal ricorrente". Come dire, si fa un passo indietro e si torna al perimetro precedente, evitando ulteriori istanze e discussioni.
Fine della contesa, a questo punto, mentre i cartelli di divieto di pesca installati a inizio anno dal Dipartimento lungo la riva brissaghese sono intanto già stati rimossi in data 14 febbraio e le reti possono essere gettate come in passato.
Da segnalare, per concludere, che in merito alla vicenda avremmo voluto sentire il parere del capo Ufficio caccia e pesca, Tiziano Putelli, che purtroppo non ci è stato possibile raggiungere.