Monta la protesta per il blocco della dogana centovallina, che obbliga i lavoratori ad allungare il tragitto di un'ora
"Siamo trattati come se fossimo frontalieri di serie B". È il grido preoccupato dei frontalieri ossolani che, complice il coronavirus, continuano a fare i conti (pesanti) derivanti dalla chiusura del valico di Ponte Ribellasca-Camedo. Un grido dovuto al fatto che il valico di Zenna è stato riaperto, mentre quello lungo la statale 337 della Valle Vigezzo continua a essere chiuso. Una situazione che suona come una beffa per il migliaio di frontalieri (attualmente sono molto meno) che per recarsi sul posto di lavoro entrano in Ticino passando da Ponte Ribellasca, visto poi che l'unica alternativa passa dal valico di Piaggio Valmara. Ciò significa trenta chilometri in più, come torna a sottolineare Antonio Locatelli, responsabile del coordinamento provinciale frontalieri del Vco: "Siamo sempre la ruota di scorta di tutti. Abbiamo diritto anche noi ad avere il nostro valico nuovamente percorribile perché è inammissibile obbligare un migliaio di lavoratori a transitare per la Valle Cannobina, allungando il tragitto di una trentina di chilometri e i tempi di percorrenza di quasi un’ora solo per arrivare a Cannobio, senza poi contare l’imbottigliamento in frontiera a Piaggio Valmara, dove ora si riversano non solo i frontalieri che provengono da Verbania e dal Lago Maggiore ma anche tutti quelli - e lo ripeto sono un migliaio - che transitavano per Ponte Ribellasca: il risultato è dunque un lungo serpentone di auto in dogana". Tutti i parlamentari del Verbano-Cusio-Ossola stanno facendo pressione su Roma e su Berna per arrivare alla riapertura del valico di Camedo, soprattutto pensando al rilancio delle attività economiche in Ticino, tra cui l'edilizia e, più avanti, i commerci, secondo le disposizioni del Consiglio federale.