Le colate del 21 giugno hanno lambito l’autostrada anche a Cama e Lostallo dove Ustra valuta opere di premunizione. Lo Stato maggiore chiede più sicurezza
Nel giorno in cui l’A13 viene completamente riaperta alla circolazione lungo il tratto fra Soazza e Mesocco devastato dall’alluvione del 21 giugno e ripristinato in tempi record dall’Ufficio federale delle strade, rimangono evidenti lungo la valle gli scoscendimenti detritici che hanno invaso e compromesso pascoli, terreni e strutture agricole, come pure strade secondarie e ciclabili. Frane talvolta di grande portata che in quattro punti fra Cama e Lostallo hanno pure lambito l’autostrada lungo la sponda destra del fiume Moesa. Osservando ancora oggi da vicino la situazione, appare evidente che oltre al crollo dell’arteria verificatosi a Soazza a causa della colata scesa dalla Val d’Orbell di fronte al paese, il blocco dell’autostrada ha rischiato di verificarsi in più punti anche a sud. E meglio a Cama, dove si sono ingrossati a dismisura i torrenti della Val de Norantola e della Val del Bianc, e a Lostallo con i riali de Bogiasch e Rebolgin impossessatisi del fondovalle.
Qui i segni della devastazione sono tutt’oggi evidenti e destinati a rimanere ancora diversi mesi, forse anni. Fra Cama e Soazza le strade di campagna di sponda sinistra sono interrotte in tre punti (è consentito il transito ai soli mezzi di cantiere) e provvidenziale è stata la presenza di due sottopassi che subito dopo la bomba d’acqua hanno inghiottito parzialmente le colate risparmiando l’A13. Alcuni dei suoi viadotti e tombinoni sono stati parzialmente riempiti di materiale, che nel frattempo è stato rimosso. Appare ad ogni modo chiaro, come detto, che il disastro ha rischiato di comportare conseguenze ben più gravi alla circolazione nord-sud lungo l’autostrada del San Bernardino.
«Ne siamo coscienti e nell’immediato abbiamo giocoforza dovuto gestire le singole situazioni in base a precise priorità, ripristinando anzitutto la doppia carreggiata ceduta a Soazza», spiega alla ‘Regione’ Marco Fioroni, capo filiale Ustra di Bellinzona. «Più a sud sono stati eseguiti puntualmente gli svuotamenti e ripristinate le arginature per garantire, nel limite del possibile, uno scorrimento controllato dei riali fuoriusciti», i quali in tempi normali raggiungono il piano senza quasi farsi notare e scorrono sotto l’autostrada per immettersi infine nella Moesa. Si tratta di interventi d’urgenza ancora in corso, annota Fioroni, «per i quali abbiamo giocoforza dovuto considerare la disponibilità sia delle varie imprese coinvolte a fornire personale e macchinari, sia del territorio ad accogliere deponie di vaste dimensioni e perciò molto ingombranti, considerato che il volume dei detriti scesi e da asportare ammonta a svariate centinaia di migliaia di metri cubi».
Ben presto entreranno nel vivo le valutazioni tecniche e finanziarie sull’opportunità o meno di realizzare ulteriori opere di premunizione a favore dell’A13 a poco più di mezzo secolo dalla sua messa in esercizio: «Opere – annota Fioroni – le cui dimensioni potrebbero richiedere investimenti milionari e perciò anche un’attenta ponderazione del rapporto fra costi e benefici, questo per stabilire cosa sia veramente indispensabile e cosa meno sul medio e lungo termine». La carta dei pericoli dell’intera Mesolcina, di competenza cantonale, è in fase di attualizzazione alla luce della devastazione del 21 giugno. La quale rientra nella categoria di eventi meteorologici eccezionali e forse secolari: basti pensare che la Val d’Orbell ha sfogato 60’000 metri cubi di detriti, un volume quattro volte superiore a quello sceso nel 2019 quando l’A13 era stata sfiorata dall’acqua comportando una chiusura cautelativa di qualche ora.
In quella circostanza – ricorda Fioroni – si era calcolato che lo scenario peggiore sarebbe stato un volume non superiore ai 30’000 metri cubi, «perciò la protezione poi realizzata è stata dimensionata su quel livello. Che purtroppo è stato superato di oltre il doppio la sera del 21 giugno». Peraltro anche alle nostre latitudini eventi meteorologici importanti si ripetono con più frequenza rispetto al passato a seguito degli innegabili cambiamenti climatici e ambientali in corso. Pronta nel corso del prossimo autunno/inverno, la carta dei pericoli fra le altre cose indicherà dove si dovrà giocoforza prevedere nuovi valli, o migliorare quelli esistenti, a protezione di abitati e infrastrutture di vario genere, vie di collegamento incluse.
L’onere finanziario prevedibile rappresenta un punto sensibile dell’intera questione. A tal punto da suscitare discussioni fra i vari livelli, con taluni Comuni preoccupati per il rischio di vedersi accollare la parte di loro competenza, sebbene già chiamati alla cassa per risolvere una moltitudine di disagi. «Laddove la competenza è chiaramente riferita ai soli aspetti autostradali, Ustra se ne occupa direttamente», spiega Marco Fioroni specificando che convenzioni siglate decenni oro sono fra Cantone e Comuni prevedono che questi partecipino ai costi (nell’ordine del 10%) in presenza di infrastrutture locali che traggono benefici dalle opere di premunizione autostradale. «Capisco la loro preoccupazione – annota il responsabile di Ustra – ma va anche detto che il Cantone nella maggior parte di casi copre buona parte, fino ai quattro quinti, della cifra posta a carico dei Comuni, riducendone così parecchio l’impegno».
Interpellato dalla redazione, l’ingegnere Luca Plozza (dell'Ufficio grigionese foreste e pericoli naturali) a nome del gruppo di coordinamento dello Stato maggiore regionale confida che Ustra non lesini sugli investimenti e ne assuma totalmente l’onere. In particolare si aspetta che “realizzi, a decorrere da inizio 2025, tutte le opere necessarie per mettere in sicurezza l'autostrada nei Comuni colpiti dal maltempo; che si assuma il finanziamento dei costi di ripristino delle opere di protezione dell’A13 distrutte dalla colata del 21 giugno e il finanziamento delle nuove opere necessarie a garantire in futuro la sicurezza della rete stradale, il tutto senza gravare ulteriormente sulle finanze dei Comuni già fortemente toccate da questo evento. E in definitiva che i terreni agricoli vengano ripristinati all’uso originale a favore dell’attività agricola e dei contadini”. Sul tavolo anche le strade di campagna tutt’oggi ingombre di detriti e non percorribili, con la richiesta che la circolazione – e relativa sicurezza – siano ripristinate nel minor tempo possibile. Su questi temi è attualmente in corso un confronto – ci risulta affatto facile – fra le parti.