La Sezione della popolazione consente loro di finire l’anno scolastico, ma preannuncia un altro ‘no’ al permesso di dimora B chiesto come caso di rigore
Parziale sospiro di sollievo in casa Mossi a Giornico. La Sezione cantonale della popolazione, preposta al rilascio dei permessi per stranieri, ha prolungato di sei mesi il diritto di soggiornare in Ticino per i tre ragazzini onduregni che da otto anni vivono con i nonni nella Bassa Leventina dove si sono perfettamente integrati. Slitta così al 30 giugno 2025, per consentire di finire l’anno scolastico, il termine per lasciare la Svizzera inizialmente fissato al 31 dicembre. La vicenda, di cui abbiamo scritto il 19 dicembre, registra dunque una piccola ma significativa novità per Massimiliano, Teodoro e Francesco di dieci, undici e dodici anni. Il primo e l’ultimo sono fratelli e Teodoro è loro cugino. A occuparsi della procedura è l’avvocato Mario Amato per il Consultorio giuridico del Soccorso operaio svizzero. Sollecitata insieme alla richiesta di ottenere il permesso di dimora B come caso di rigore inoltrata al Cantone il 16 dicembre, la proroga del termine è stata concessa “unicamente al fine di permettere di terminare l’anno scolastico e per organizzare la presa a carico nel loro Paese” da parte dei familiari. Altra concessione fatta dalla Sezione della popolazione nel rispetto del diritto di essere sentito: la possibilità di prendere posizione e fornire ulteriore documentazione entro metà gennaio sulla comunicazione del 23 dicembre che di fatto preavvisa negativamente – in attesa di una decisione formale di merito – il rilascio del permesso B a favore dei tre ragazzini e del loro zio che li ha cresciuti insieme ai nonni (per lui il caso è disgiunto e dovrà lasciare la Svizzera entro fine anno).
A parte le due concessioni fatte, la Sezione della popolazione non sembra intenzionata a distanziarsi dalle sue precedenti decisioni. Fanno stato, a suo dire, quelle governative e giudiziarie definitive che le hanno confermate. Ossia quella pronunciata nel gennaio 2021 dal Tribunale federale al termine della prima procedura di ricongiungimento familiare e caso di rigore (negati); e quella del Tribunale amministrativo cantonale (giugno 2024) che ha confermato il diniego cantonale di proporre l’ammissione provvisoria alla Segretaria di Stato per la migrazione. Il ‘niet’ generale poggia sulla convinzione che non esista un cosiddetto ‘caso particolarmente grave’ sancito dall’articolo 30 della Legge sugli stranieri e che potrebbe, se riconosciuto, ribaltare la situazione. Infatti nell’ultima sentenza di giugno – scrive ora la Sezione della popolazione – il Tram ha concluso che il rientro in Honduras dei tre nipotini “è esigibile e rispetta i requisiti previsti dall’articolo 3 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo (Cedu)”. Inoltre quest’anno i due rispettivi padri “sono stati presenti in Ticino durante un soggiorno turistico e si trovano attualmente all’estero, nonché ancora domiciliati in Honduras. Di conseguenza è verosimile che i minori potranno ricongiungersi con loro”.
Dove potrebbero ricongiungersi non è dato sapere, in ogni caso non in Svizzera. Forse nel problematico Honduras? È proprio ciò che non vogliono i nonni Marzio Mossi e Claudia Hernandez, conoscendo fin troppo bene la realtà del Paese centroamericano, dove lui ha lavorato trent’anni subendo minacce e pestaggi. Fino a quando nel 2016 ha deciso di rientrare in Ticino portando con sé i tre nipotini di pochi anni nella speranza di poter dar loro la cittadinanza elvetica passando da un permesso di dimora finora però mai ottenuto. Quanto all’eccessiva pericolosità dell’Honduras, la Sezione della popolazione non vuole sentire ragione allineandosi al Tram secondo cui, come detto, il rientro in patria “è esigibile” e la decisione “vincolante”. A stabilire l’esigibilità è il Tribunale amministrativo federale secondo cui “nonostante l’elevata criminalità e il fatto che la situazione politica e sociale sia a volte tesa, la Repubblica dell’Honduras non si trova in preda a una guerra internazionale o civile o in uno stato di violenza generalizzato”.
Sempre la Sezione della popolazione nella sua comunicazione datata 23 dicembre scrive che i tre ragazzini “non adempiono ai presupposti per un caso di rigore poiché i loro legami col nostro Paese non sono tali da giustificare un mancato rientro in patria”. Opinione contestata con forza dai nonni, che dopo l’ultima decisione del Tram di giugno hanno ufficialmente ottenuto dall’Autorità regionale di protezione lo statuto di tutori. E secondo i quali l’integrazione sociale ed educativa è perfettamente riuscita: a sancirlo è anche l’Ufficio cantonale dell’aiuto e della protezione che monitora costantemente la situazione fra le mura domestiche. Ma la Sezione della popolazione non considera questi fattori, tira dritto e cita ancora il Tram, secondo cui il fatto che essi abbiano frequentato la scuola dell’infanzia e oggi siano iscritti alle Elementari e Medie “non risulta determinante”. Questo perché non hanno mai ottenuto un permesso di soggiorno e la loro presenza “è tollerata in attesa di una decisione definitiva in merito ai ricorsi pendenti e si protrae unicamente a causa delle diverse procedure avviate”.
Per tutti questi motivi la Sezione della popolazione ribadisce l’intenzione di voler respingere l’istanza non ravvisando nuovi elementi che possano sostenere una richiesta all’autorità federale per il rilascio di un permesso di dimora B quale caso di rigore. Sempre in base alla Legge sugli stranieri “non potendo far valere gli istanti un diritto manifesto all’ottenimento, il loro soggiorno in Svizzera resta di principio precluso durante il periodo di evasione della procedura”. Di conseguenza “la decisione che verrà emessa non godrà dell’effetto sospensivo, essendo l’interesse pubblico all’allontanamento prevalente sull’interesse dei medesimi a continuare il loro soggiorno in Svizzera”. Fa però stato, come detto all’inizio, la concessione di altri sei mesi per motivi scolastici e per organizzare la presa a carico in Honduras.