Intende realizzarlo la ditta IngEne di Cadenazzo. Procedura agevolata e sussidio federale del 50%. Si attende il nullaosta di Patriziato, Comune e Cantone
Avviata la procedura per un terzo possibile parco solare alpino in Ticino. A promuoverlo è una ditta del ramo, la IngEne Sa di Cadenazzo attiva da undici anni e con una settantina di dipendenti. La novità è stata esposta mercoledì sera alla popolazione di Ponto Valentino. Il cui Patriziato è proprietario dell’Alpe di Laveggia, situato a metà fra la Cima di Gorda e il Pizzo Bareta, dov’è prevista un’occupazione di 100mila metri quadrati. L’iter avviato segue la procedura agevolata stabilita l’anno scorso dalla Confederazione tramite la modifica della Legge sull’energia per favorire – nell’ottica della Strategia energetica 2050 – grandi impianti sopra i 1’500 metri di quota e incrementare così sensibilmente la produzione fotovoltaica su scala nazionale, specialmente in inverno quando gli impianti di pianura faticano a causa della scarsa luce. Agevolazioni concesse a precise condizioni.
«Condizioni che noi siamo pronti a rispettare», ha spiegato ai presenti l’ingegnere Daniele Bernasconi, titolare di IngEne il cui progetto da 25 milioni di franchi sta raccogliendo l’interesse di più investitori (ci sono contatti con grosse aziende e diversi privati) mentre la Confederazione dovrebbe coprire il 50%. Per garantire alla popolazione locale il diritto di partecipare, il finanziamento è realizzato tramite la piattaforma di crowdfunding Solary.ch (quota minima un pannello). Il tutto a fronte di una resa annua stimata prudenzialmente attorno al 3-5%; che potrebbe essere più elevata a dipendenza di vari fattori. Fra cui il soleggiamento, l’innevamento e il prezzo di vendita della corrente che sarà immessa nella rete della Sopracenerina andando a coprire il fabbisogno di circa 5’000 economie domestiche.
Il prossimo step è l’assemblea patriziale di Ponto Valentino chiamata prossimamente a concedere il diritto di superficie beneficiando da IngEne di un introito sul medio e lungo termine: entrambe le cifre sono attualmente in fase di calcolo e saranno sottoposte al plenum con tutti i dettagli del caso per quello che dovrà essere un contratto il più possibile preciso. In sala mercoledì sera non sono mancate domande, per lo più di dettaglio, e il progetto sembra piacere. D’altronde c’è chi ha spronato a non perdere il treno e il presidente Piergiorgio Jametti si è detto speranzoso sul fatto che l’assemblea si esprima positivamente. Fra l’altro la procedura necessita anche del nullaosta comunale di Acquarossa. Nel frattempo IngEne sta sviluppando il dossier da sottoporre al Cantone tramite una domanda preliminare, che dovrà contenere fra le altre cose un rapporto d’impatto ambientale e una simulazione visiva dell’occupazione del territorio montano situato a 2’100/2’200 metri s/m con un’esposizione giudicata ideale a sud-est lungo un pendio dolce privo di rischi valangari, poco frequentato dagli escursionisti, non soggetto a protezione naturalistica, non visibile dal fondovalle e formato perlopiù da rocce affioranti che facilitano l’ancoraggio. Quindicimila i moduli fotovoltaici previsti con un’inclinazione di 70 gradi e bifacciali per poter sfruttare al massimo l’irraggiamento solare e il riverbero della neve. Sotto di essi sarà possibile il pascolo di animali da reddito e la Confederazione impone lo smantellamento completo quando l’impianto raggiungerà la fine vita o non sarà più redditizio (si stimano circa 30 anni).
I 15’000 pannelli previsti non saranno l’unica installazione: pure previsti container (da camuffare per integrarli al meglio nel contesto montano) per le apparecchiature di gestione dell’impianto e di trasformazione della corrente da trasportare tramite un cavo interrato da 15mila Volt fino a Pian Laghetto, appena sotto la capanna Piandios, dove parte la linea Ses che raggiunge il fondovalle. Linea che però ha una capacità massima di 5 MW, inferiore alla resa dell’impianto. Questo rappresenta al momento un punto critico del progetto, perché comporta il rischio di dover giocoforza ‘buttar via’ un terzo della produzione nei picchi di resa. Che fare? L’ingegner Bernasconi ha esposto due possibili soluzioni: o la Confederazione, in base alla revisione della Legge federale sull’energia su cui si andrà a votare il 6 giugno, obbliga la Sopracenerina a potenziare la sua linea; oppure si può pensare di posare in quota batterie (non sussidiate e che necessitano di alcuni grandi container) per lo stoccaggio di corrente da distribuire la sera e di notte.
Un capitolo non secondario riguarda la fase di cantiere che dovrebbe protrarsi per sei mesi impiegando 25-30 operai. Ad assicurare loro vitto e alloggio sarebbe la capanna Gorda, mentre sarà necessario creare una pista d’accesso al parco solare per i veicoli di trasporto persone. Escluso invece l’utilizzo di camion (impossibile farli passare sulla stretta strada che sale a Gorda), mentre tutto il materiale da costruzione e i pannelli saranno portati in quota in elicottero (previsti 15 giorni di voli a coppie di due giorni). Infine le sinergie e ricadute sul territorio: in futuro i Monti di Gorda e la capanna stessa potrebbero venire alimentati dal solare, idem il previsto osservatorio astronomico. Non da ultimo, per i lavori di realizzazione si farà capo il più possibile a ditte e imprese della valle. A beneficiarne sarebbe poi anche la prevista realizzazione di una pista per mountain bike.
Della cinquantina di domande di costruzione depositate e pendenti nei vari cantoni, nessuna ha finora ottenuto il nullaosta. L’iter spedito voluto dalla Confederazione, finisce infatti per scontrarsi con ostacoli locali. In Ticino l’imprenditore Rocco Cattaneo, per il suo impianto da 30-40 milioni di franchi previsto sulle pendici del Tamaro, attende l’ok definitivo dopo essersi visto approvare dal Cantone a fine 2023 la domanda di costruzione preliminare. Tuttavia da questo febbraio il ricorso di un privato contesta e blocca davanti al Consiglio di Stato, che ha peraltro concesso l’effetto sospensivo, la convenzione votata dal Patriziato di Mezzovico-Vira per l’usufrutto dell’Alpe Duragno nell’arco di 30 anni in cambio di un introito annuo di 60mila franchi. Troppo pochi secondo il ricorrente (un patrizio), che solleva anche molte altre obiezioni di natura formale e di contenuto, tali da aver comportato anche l’intervento della Sezione cantonale degli enti locali preposta alla vigilanza sul buon funzionamento di Comuni e Patriziati.
Sempre in Val di Blenio, nella vicina zona del Pian di Nara, ancora nulla da fare al momento per il progetto portato avanti dalla Società elettrica sopracenerina (interessata anche l’Azienda elettrica ticinese) in collaborazione col Patriziato di Prugiasco proprietario del terreno. L’incarto è fermo nei cassetti di Bellinzona per l’impossibilità del Dipartimento del territorio di derogare alle condizioni poste da Berna, che non prevedono fasi test con impianti di dimensioni e potenza minori rispetto a una produzione annua minima richiesta di 10 GWh per poter beneficiare della procedura agevolata e di sussidi fino a un massimo del 60% del totale. Alle sollecitazioni inviategli dai promotori, il direttore del Dipartimento del territorio, Claudio Zali, ha risposto ricordando le condizioni poste dalla Confederazione, compresa la possibilità entro fine 2025 di produrre almeno il 10% della capacità massima prevista a impianto ultimato; ma anche questa condizione non ha convinto la Sopracenerina a inoltrare la richiesta per un impianto completo anziché quello di prova che sarebbe 35 volte più piccolo.