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Manager leventinese condannato a Praga per prostituzione

Emerge solo oggi la sentenza: due anni e mezzo per sfruttamento di giovani adulti. Il 55enne, proprietario di un gay club, si era professato innocente

19 novembre 2022
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Si materializza da lontano una macchia sulla fedina penale di un talent scout musicale leventinese titolare di una casa discografica attiva da una ventina d’anni. In base al Registro di commercio ticinese lui risulta ancora domiciliato nella capitale cubana L’Avana, ma l’attività ha come fulcro la villa di famiglia e uno chalet entrambi in Leventina, dove ama accogliere noti cantanti e autori e organizzare eventi privati. Ma non ha nulla a che vedere col mondo delle sette note quanto emerge dalle pieghe della cronaca giudiziaria della Repubblica Ceca. Una vicenda finora circoscritta ai soli tribunali di quel Paese, non essendo mai emersa alle nostre latitudini la condanna a due anni e mezzo di reclusione, sospesi con la condizionale, per il reato di sfruttamento della prostituzione. La parola fine l’ha pronunciata il 5 ottobre 2021 la Corte suprema di Praga. Le autorità federali sono al corrente della condanna, che tuttavia non ha alcun effetto restrittivo su suolo elvetico. Dopo un breve periodo di arresto in Cechia, il 55enne è stato rilasciato e da allora è a piede libero.

Pene anche per gestore e due dipendenti

Il caso ricostruito dagli inquirenti cechi – e di cui hanno riferito a più riprese i media locali pubblicando nome e foto del 55enne in tribunale – è quello del Gay Club Escape di cui lui era proprietario da alcuni anni. Assistito da due avvocati, si è sempre dichiarato innocente. Non l’hanno pensata così il pubblico ministero titolare dell’inchiesta, come pure le corti giudicanti di primo e secondo grado che hanno confermato il reato a suo carico, assolvendolo però, in mancanza di prove, dall’accusa di prostituzione minorile. Lui si è difeso affermando di aver vietato attività a luci rosse nel suo locale e di non averne tratto alcun profitto. In primo grado sono stati condannati, con pene fra i due e i tre anni, anche il gestore bulgaro e tre dipendenti (due slovacchi e uno ceco) che a differenza del ticinese non hanno interposto ricorso.

Modus operandi

Il club in questione, nel frattempo chiuso, si trova nel centro di Praga. Secondo i giudici, almeno dall’aprile 2015 fino al novembre 2017 il gestore si è adoperato affinché uomini di età compresa tra i 18 e i 25 anni lavorassero lì non solo come ballerini e accompagnatori, ma anche per fornire prestazioni sessuali a pagamento. Sempre il gestore – ha stabilito la giustizia ceca – raccoglieva denaro dai prostituti per l’uso di spazi privati nel club e 2’000 corone ceche (l’equivalente di 80 franchi) se lasciavano il bar con i clienti. I dipendenti partecipavano anche all’abbinamento dei ballerini con i clienti dai quali ricevevano richieste e commissioni. E riscuotevano ‘multe’ dai giovani per violazioni degli accordi presi, ad esempio quando si ubriacavano.

La giudice: ‘Gruppo organizzato’

Secondo il Codice penale ceco, agisce da sfruttatore chi "induce, organizza, ingaggia, adesca o seduce un’altra persona affinché si prostituisca" o "si approfitta della prostituzione praticata da un’altra persona". Il protettore rischia così una pena base da sei mesi a quattro anni di carcere. I membri di un gruppo organizzato rischiano invece da due a otto anni. Ed è in questo secondo quadro giuridico che s’inserisce la colpa del ticinese, così come descritto da Vanda Činková, presidente della Camera d’appello della Corte suprema di Praga, motivando in aula la sentenza un anno fa: «La condotta dell’imputato e delle persone precedentemente condannate, come pure la suddivisione delle attività individuali, hanno indubbiamente raggiunto un livello tale da poter parlare di un gruppo organizzato. Questo aumenta la nocività sociale della loro condotta».

La difesa: ‘Lo facevano senza imposizioni’

Come detto, il manager leventinese si è sempre dichiarato estraneo alle attività illegali, senza però riuscire a convincere la corte: «Ho acquistato un club che operava già da dieci anni. Non ho cambiato nulla della sua organizzazione. Non aveva stanze, era solo un bar e una discoteca, completamente aperto con un solo posto privato dietro una tenda. Non ho mai avuto alcun interesse a reclutare ballerini, non ho mai fatto soldi con quei ragazzi. Non ho mai tratto profitto dalla prostituzione e non ho mai voluto farlo», ha dichiarato in tribunale esprimendosi in italiano e insistendo sul fatto che i ballerini «non sono mai stati reclutati da me, ma semmai dai miei subordinati». I suoi legali hanno anche evidenziato che «dalle testimonianze emerge chiaramente che coloro che si prostituivano, affluivano senza bisogno di essere organizzati. Semplicemente perché si aspettavano dei clienti e i relativi profitti». La difesa ha anche ricordato che il governo e la città di Praga hanno più volte considerato la possibilità di legalizzare e tassare la prostituzione. E sostenuto che la nocività sociale di tali azioni non è più così elevata come un tempo.

Nessuna prova su minori coinvolti

Inizialmente l’accusa aveva sostenuto che nel locale si sarebbero prostituiti anche dei minorenni. Tuttavia, nel processo di primo grado non è stato dimostrato che gli imputati sapessero che quei giovani non fossero maggiorenni, anche perché hanno utilizzato documenti con date di nascita falsificate. Il ticinese ha dovuto affrontare pure l’accusa di aver messo in pericolo l’educazione di minorenni. Secondo gli inquirenti, lui e il suo partner avrebbero fatto ubriacare ripetutamente tre ragazzi e poi avrebbero fatto sesso di gruppo con loro. Pure non provato che avrebbe viaggiato in Italia e Svizzera con un altro minorenne e un socio in affari per condividere avventure sessuali.