Alla sbarra il 13 novembre. Agirono per noia? Il padre ha parlato di rapporto stanco con la moglie, ma non sembra essere stato questo l'elemento scatenante
Processo rigorosamente a porte chiuse (ammessa solo la stampa) dal 13 al 15 novembre prossimi per la coppia del Bellinzonese accusata di aver abusato sessualmente del figlio e della figlia minorenni per un centinaio di episodi nell'arco di 10 anni. La Corte delle Assise criminali presieduta dal giudice Amos Pagnamenta avrà seduti al banco degli imputati due coniugi italiani di 45 e 50 anni. Arrestati nell'aprile 2016, entrambi ammettono i fatti, sebbene lui contesti alcuni episodi ricostruiti dall'inchiesta coordinata dalla procuratrice pubblica Marisa Alfier. Patrocinati dagli avvocati Maurizio Pagliuca e Sandra Xavier, devono rispondere di una lunga serie di reati per abusi sessuali compiuti nella loro abitazione situata nella parte alta del paese, in un luogo isolato. Si va dagli atti sessuali con fanciulli alla coazione sessuale, dalla pornografia dura fino alla violenza carnale (quest’ultima a carico unicamente del padre nei confronti della figlia). Escluso il coinvolgimento di terze persone.
A fine agosto il 'Caffè' ha indicato che all'origine del loro agire vi sarebbe stato un rapporto di coppia ormai stanco. “Dopo tanti anni di matrimonio il sesso con mia moglie era diventato noioso. Avevamo voglia di provare qualcosa di nuovo e così abbiamo deciso di coinvolgere i nostri figli”, avrebbe detto il 50enne negli interrogatori, secondo quanto pubblicato dal domenicale virgolettando la testimonianza dell'imputato. Stando a quanto la ‘Regione’ ha potuto appurare, l’uomo durante l’inchiesta avrebbe in effetti così descritto il rapporto coniugale, ma dalle indagini risulterebbe che non sarebbe stata la noia ad aver alimentato le attenzioni verso i figli.
Quanto alle modalità, grazie alle testimonianze delle vittime e alle ammissioni degli imputati, nonché al materiale fotografico e video raccolto durante le indagini e sequestrato, si è potuto stabilire che gli atti sessuali si sono compiuti a tratti in quattro, poi a tre e infine a due, con una predominanza del padre con la figlia. È escluso che foto e video siano stati condivisi dalla coppia arrestata su piattaforme online per pedofili. La Corte giudicante sarà aiutata nel proprio giudizio dalle perizie psichiatriche che non hanno ravvisato alcuna scemata imputabilità, ciò che impedirà di applicare riduzioni di pena. Nullo, sempre secondo le perizie psichiatriche, il pericolo di recidiva. Vista la presenza di reati in concorso fra loro, la pena dovrà situarsi fra un minimo di 5 e un massimo di 15 anni.