Bellinzonese

Bellinzona: quando il sacco non vale la candela

Plastica irriciclabile, il municipale Christian Paglia risponde alle critiche: ‘Scelta ponderata, anche per sensibilizzare. Costo irrisorio per gli utenti’

L'eco centro all'ex Birreria di Carasso (Ti-Press)
20 ottobre 2018
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Christian Paglia, l’opinione del Verde Marco Noi, pubblicata il 9 ottobre sulla ‘Regione’, riporta una preoccupazione. E cioè che il Municipio, col nuovo Regolamento sui rifiuti che dovrebbe entrare in vigore nel gennaio 2019, se così vorrà il Consiglio comunale, voglia scaricare sul cittadino l’onere per la raccolta della plastica di cui oggi si occupa il Comune. È così?

Attualmente solo in quattro dei 13 quartieri, ossia Camorino, Claro, Giubiasco e Bellinzona nell’ecocentro di Carasso, viene data la possibilità di consegnare la plastica mista (ad esempio le confezioni per i cibi come carne e affettati e altri involucri simili di scarso volume) e quella dei flaconi in polipropilene (Pp) e polietilene (Pe) con i quali viene fabbricata la maggior parte dei contenitori per detersivi, prodotti di pulizia e per l’igiene, così come le bottiglie di plastica che contengono latte, aceto, olio o altre salse. Al Consiglio comunale proponiamo di confermare la possibilità di consegnare i prodotti più voluminosi, ma non più quella relativa alla plastica mista, che è peraltro ben comprimibile e nel sacco occupa uno spazio limitato. Abbiamo infatti stimato che a una famiglia media di quattro persone infilarla nel sacco senza prestare troppa attenzione alla tipologia di acquisti in plastica, potrebbe costare al massimo 2 franchi in più al mese. Senza dimenticare però che il sacco costerà meno nella maggior parte dei quartieri rispetto a prima e considerando l’estensione di alcuni servizi per i cittadini su tutto il territorio, come ad esempio la raccolta della carta.

In soldoni?

A livello globale, sul tema dei rifiuti il costo generale per il cittadino non dovrebbe variare in modo significativo. Inoltre, uno studio commissionato nel 2017 dall’Ufficio federale dell’ambiente, da otto Cantoni d’Oltralpe molto avanti in materia di riciclaggio e da Swiss Recycling ha stabilito che se si separa la plastica, il vantaggio ambientale che ne deriva è irrisorio ed equivale a non percorrere annualmente 30 km in auto per persona. Per contro, l’onere di separazione a carico dell’ente pubblico e quindi dei cittadini risulta oggi ingiustificatamente elevato.

Con quale risultato?

In Svizzera e in Europa la maggior parte della plastica mista da economie domestiche viene bruciata, finisce in discarica e solo una piccola parte riciclata. Una recente direttiva europea impone delle limitazioni alla vendita di materiali plastici, come piatti e posate. La nuova strategia europea imporrà delle modifiche ai produttori sulla progettazione e il riuso. Solo così è possibile risolvere alla radice il problema. Il Comune non ha né le competenze tecniche né gli strumenti per modificare questo ciclo degli imballaggi e dei materiali, se non forzare indirettamente a modificare alcune abitudini, contrariamente a quanto sostiene Marco Noi. La gran parte della plastica attualmente raccolta separatamente finisce comunque nell’inceneritore, mentre è pochissima quella che viene riciclata e trasformata in altri prodotti, con costi conseguentemente molto elevati.

Per una questione di principio si potrebbe tuttavia pensare che il santo valga la candela. Non crede?

Oggi quando si parla di principi in ambito ambientale bisogna anche trovare un equilibrio fra i benefici ecologici e la sostenibilità dello sforzo finanziario che ci pare irragionevole e insostenibile. Quindi a volte bisogna avere il coraggio di capire che il santo non vale la candela, anche quando questo comporta delle modifiche di radicate abitudini.

Quanto costerebbe alla Città?

Circa 200’000 franchi all’anno in più.

Poco.

In realtà significherebbe introdurre strutture ad hoc in ciascun ecocentro locale e assegnarvi delle risorse umane per gestire la separazione delle varie plastiche consegnate, così da evitare ad esempio che i flaconi di lisciva e contenitori simili (questi sì riciclabili, tant’è che vengono ritirati dagli stessi grandi magazzini) finiscano insieme alla plastica mista. Infatti, come separare adeguatamente la plastica mista non è affatto semplice.

Duecentomila franchi all’anno, per la nuova Bellinzona, sembrano comunque più che sopportabili.

Parzialmente sopportabili certo, ma che ricadrebbero comunque sul cittadino. E vi saranno diversi costi diretti già a carico del Comune. Mi spiego. I  livelli previsti dal gennaio 2019 per la tassa base (80 franchi per le economie domestiche e 200 per le persone giuridiche) e il costo del sacco (1,30 per quello di 35 litri, ossia la cifra massima ammessa dal Consiglio di Stato) sono stati pensati per consentire una copertura pari al 75-80% dei costi generati dalla raccolta, smistamento e smaltimento dei rifiuti, nonché dagli investimenti infrastrutturali. Il restante 20-25%, pari oggi a 1,4 milioni, rimane per ora a carico del Comune. Tuttavia – poiché in materia di rifiuti l’obiettivo teorico, stabilito dalla Legge federale sulla protezione dell’ambiente, è la copertura al 100% delle spese tramite tassa base e sul sacco – sarà necessario in futuro introdurre una serie di ottimizzazioni. Da notare, peraltro, che una copertura al 100% dei costi comporterebbe far lievitare la tassa base per economia domestica da 80 a 135 franchi. Perciò introdurre da subito il riciclaggio di tutta la plastica comporterebbe un costo tale da dover aumentare ancor di più la tassa base a carico di cittadini e ditte, portandola nel primo caso a 90 o a 145 franchi per una copertura al 100%. Ciò che non rientrava negli intendimenti aggregativi, quando si era stabilito che in linea di principio i costi a carico del cittadino, in questo settore, sarebbero rimasti invariati nella media complessiva.

(L'intervista completa sulla versione cartacea della ‘Regione‘ a pagina 9)