Il direttore Laffranchini interviene a margine del dibattito di lunedì in Consiglio comunale sulla partecipazione ai costi di elettricità e buvette
‘Capacità di dialogo’ è il concetto risuonato maggiormente lunedì sera durante la seduta di Consiglio comunale sulla decisione dell’Ente autonomo Bellinzona Sport di chiamare le società alla cassa nel 2025 affinché partecipino alle spese di elettricità (74’500 franchi annui) in base al principio ‘chi consuma paga’ e versino in tutto 18mila franchi per l’utilizzo delle buvette. Il tutto in un contesto di crescente pressione finanziaria a carico dell’ente. Due mozioni (del Centro e del Plr) sono infine state accolte e trasformate – visto l’oggetto, ossia il preventivo di un ente autonomo – in risoluzioni che, sebbene non vincolanti, sollecitano una rivalutazione della decisione considerando le conseguenze sulle casse di ciascun sodalizio. Stando a qualche consigliere, la Direzione dell’ente avrebbe imposto il doppio balzello senza dapprima sondare il terreno. «Bellinzona Sport – ci spiega oggi il direttore Andrea Laffranchini fornendo una sua visione delle cose – ha sempre fatto del dialogo la sua prerogativa. Dialogo aperto, costante e onesto che non può essere cristallizzato in un unico momento. La vita ci mette a volte di fronte a situazioni che stridono con la nostra essenza e con i nostri valori. Contingenze, queste, che devono rappresentare un’opportunità di crescita abbracciando una visione dei problemi più ampia e da prospettive diverse».
Allargare quindi lo sguardo per cogliere la situazione nella sua interezza. «Ciò che induce a porci una domanda di fondo – prosegue Laffranchini – ossia quale sport vogliamo a Bellinzona. Il dibattito in Consiglio comunale, seppure molto interessante e intrigante dal punto di vista politico, ha limitato la discussione a un’unica decisione, giusta o sbagliata che sia, e a mio parere ha omesso di metterla in un contesto più ampio e oggettivo. Sono convinto che Bellinzona sia all’avanguardia nella promozione dello sport a favore dei giovani. In un contesto di ‘soli’ 45’000 abitanti e su una superficie paragonabile a un quartiere di una grande città europea, si ha il privilegio di svolgere una moltitudine di attività sportive in luoghi incontaminati e fuori dalla porta di casa. Un diritto acquisito di grandissimo valore, ma non scontato», sottolinea il direttore dell’ente snocciolando alcune cifre. In 15 chilometri da nord a sud vi sono dieci centri calcistici, dodici palestre, tre centri tennistici, una piscina coperta, due piste di ghiaccio, una pista di atletica e un bagno pubblico. «Infrastrutture che consentono a oltre ottomila atleti e quattromila giovani di praticare un’attività fisica».
Questo contesto unico e straordinario, indica Laffranchini tornando a quanto è stato detto in sala, «non può e non dev’essere dimenticato nell’ambito di un dibattito politico su una decisione presa in un momento specifico e delicato per le finanze della Città. Nello sport l’unione fa la forza perché si esalta il gioco di squadra e la capacità di collaborare. Un concetto olistico che sottolinea l’importanza della solidarietà, della cooperazione e del lavoro di squadra per superare le difficoltà e raggiungere obiettivi comuni. Un momento di debolezza di un compagno di squadra deve rappresentare un’occasione per supportare, rafforzare e crescere insieme». Nel pieno rispetto dei rispettivi ruoli, dove il politico e il direttore di un ente si muovono su posizioni ben distinte, è opportuno – chiediamo – che il secondo indichi una possibile rotta strategica? «La Bellinzona sportiva non può crescere solo col consenso politico; non può svilupparsi nemmeno appoggiandosi unicamente ai molti volontari; non può nemmeno fare leva solo sulle infrastrutture esistenti. Può crescere solo attraverso un dibattito onesto, trasparente e scevro di emozioni e di personalismi». Con quali prospettive? «Anzitutto ritengo opportuno porci alcune domande. La situazione emersa nel Preventivo 2025 è rappresentata davvero dalle difficoltà delle società sportive a sostenere un onere di alcune migliaia di franchi, o forse nasconde un problema più complesso? È realmente un problema trovare volontari che mettano a disposizione delle società sportive tempo e passione? È giusto che alcune società calcistiche amatoriali retribuiscano i giocatori e rivendichino la gratuità delle infrastrutture? I numerosi centri calcistici sono proporzionati alla nostra realtà? Ha senso oggi avere ancora quindici associazioni di calcio? Due società di atletica? Cinque società federali di ginnastica? Tre associazioni di tennis? Una loro maggiore concentrazione non permetterebbe forse una migliore educazione sportiva?».
Interrogativi cui è lo stesso Laffranchini a dare una possibile risposta: «Pur capendo l’attaccamento alla maglia e alle tradizioni, sono convinto che solo attraverso una responsabile e coraggiosa discussione si possa garantire un futuro sportivo ai giovani di Bellinzona». Detto altrimenti, «è attraverso le difficoltà che si può crescere, se si ha il coraggio di pensare in modo innovativo e fuori dagli schemi. E l’attuale momento delicato per le finanze della Città può rappresentare questa occasione». In definitiva il direttore conclude spalancando le sue porte: «Bellinzona Sport non si sottrae a questo dibattito ed è pronto a dare il proprio contributo. ‘So di non sapere’ diceva qualcuno alcune migliaia di anni fa. So di non sapere potrebbe essere il nostro punto di ripartenza».