Il portiere elvetico, a quasi 36 anni, ha comunicato che non vestirà più la maglia della Nazionale rossocrociata
È stato spesso criticato per l’insicurezza che mostrava nelle uscite – del resto almeno un difettuccio bisogna pur averlo, giusto per non diventare antipatici – ma stavolta bisogna ammettere che è stato davvero capace di uscire (di scena) nel migliore dei modi: senza polemiche, senza rancori per essere stato detronizzato, e con quel sorriso hollywoodiano per cui sponsor di ogni tipo l’hanno coperto d’oro, e continueranno a farlo ancora a lungo, c’è da scommetterci. Parliamo del quasi 36enne Yann Sommer, con ogni probabilità il miglior portiere che il calcio svizzero – considerati risultati, longevità, leadership, serietà e affidabilità – abbia mai prodotto.
Con le sue dimissioni dal clan rossocrociato – comunicate alla stampa ieri mattina – e con quelle di Shaqiri, pure lui congedatosi di recente dalla Nazionale, non abbiamo a che fare soltanto con il pre-pensionamento di un paio di cavalli di purissima razza, bensì con la chiusura di un’era fra le più significative e vincenti del pallone nostrano. Come Xherdan, infatti, e come Rodriguez e Xhaka – divenuti ormai gli ultimi due reduci di una straordinaria generazione – Sommer aveva cominciato a vestire la casacca con la croce ai tempi in cui in panchina sedeva Ottmar Hitzfeld, e ha condiviso ritiri, campagne e tornei con Senderos, Barnetta, Djourou, Gelson, Lichtsteiner e naturalmente Behrami, tutti ormai in quiescenza da un bel po’, visto che costoro, addirittura, i primi passi li avevano mossi con Köbi Kuhn.
Tutto ciò per dire che il tempo, mannaggia, passa per tutti: pure per Sommer, ovviamente, che pur continuando a giocare ad altissimi livelli – nelle ultime due stagioni ha festeggiato titolo di Bundesliga e scudetto in Italia – dopo aver disputato un Europeo non proprio impeccabile è retrocesso nelle gerarchie del selezionatore Murat Yakin, che ha detto di preferirgli l’emergente Gregor Kobel (due volte miglior portiere di Germania), il quale già da tempo scalpitava rivendicando un ruolo di primo piano. E così al buon Yann non è rimasto che farsi da parte: del resto, mica poteva restare a fare la riserva, sarebbe stato umiliante per sé stesso, imbarazzante per il ct e scomodo per il suo giovane rivale.
Estremo difensore intorno al metro e ottanta, decisamente anomalo in un’epoca in cui gran parte dei suoi colleghi misura ormai quasi due metri, secondo me Sommer ha dovuto sempre fare i conti con l’intima paura di essere troppo basso, e infatti nelle foto di squadra lo si vede spesso in punta di piedi: una tara che lo ha penalizzato non poco. Il ragazzo, infatti, nel particolare esercizio delle uscite alte ha commesso l’errore di censurarsi all’eccesso, smarrendo il coraggio e la sicurezza necessari in simili frangenti, e finendo inevitabilmente per combinare qualche frittata. E forse non è un caso se, a livello di club, ha ricevuto offerte da squadroni di blasone nobilissimo soltanto a fine carriera, ben oltre i trent’anni di età.
In realtà, si trattava di timori razionalmente ingiustificati: qualsiasi portiere, infatti, anche se non è un gigante, saltando e protendendo le braccia tocca quote che la testa di nessun avversario potrà mai raggiungere. Comunque sia, pur dovendo convivere con questi (veri o presunti) limiti, Sommer è stato il migliore di tutti i nostri portieri, e al suo nome – e alle sue prodezze – saranno per sempre legati i più prestigiosi risultati nella storia della Nazionale.