La Lati ha definitivamente chiuso i battenti a fine giugno. Il punto con Bizzozero (Ftpl): ‘Il Ticino? Un cantone di montagna con alti costi di trasporto’
«Dopo una chiusura del genere, non è facile riorganizzare tutto in tempi così brevi». Andrea Bizzozero, vicepresidente della Ftpl, la Federazione ticinese dei produttori di latte, non lo nasconde: «Dall’annuncio della chiusura della Lati la situazione nel settore è difficile». Lo scorso gennaio, lo ricordiamo, il presidente del Consiglio di amministrazione della Lati Sa Carlo Croci aveva comunicato che entro la metà del 2024 l’azienda ticinese, con sede a Sant’Antonino, avrebbe chiuso i battenti. La chiusura è poi effettivamente avvenuta a fine giugno.
Una situazione difficile dicevamo. «Dalla chiusura della Lati – mette in luce Bizzozero – si è parlato di una ripartenza dal Caseificio del Gottardo. Il trasferimento è però complicato perché la struttura non è pronta a ricevere grandi quantitativi, anche se un po’ di latte riesce comunque a trattarlo. In prospettiva, il Caseificio dovrebbe riuscire a farsi carico di 1,3-1,4 milioni di litri di latte all’anno. Intanto altri due caseifici si stanno occupando delle robiole, che altrimenti non sarebbero più state prodotte, nell’ordine di 400mila litri». Non solo. «Con il Cantone e con l’Unione contadini ticinesi – puntualizza il vicepresidente della Ftpl – stiamo portando avanti un tavolo di lavoro per organizzare un centro per il latte pastorizzato, in collaborazione anche con la grande distribuzione. Intanto stiamo analizzando il potenziale». Non da ultimo, il progetto ‘Blenio Plus’. «Si tende a puntare molto sui formaggi a pasta dura o semidura – dice –, come la formaggella, perché si producono velocemente e non bisogna consumarli subito. Con ‘Blenio Plus’ l’obiettivo è cercare un po’ di equilibrio. In ogni caso, non si tratta di soluzioni a breve termine: non avere la massa critica quando ne abbiamo bisogno fa sì che siamo sempre sul filo del rasoio».
Per il vicepresidente della Ftpl, «tra i principali problemi che hanno portato al limite la Lati c’è il fatto che il Ticino è un cantone di montagna. Le aziende agricole sono infatti molto sparpagliate sul territorio, il che crea non pochi problemi a livello di logistica». E rileva: «I costi di trasporto, se paragonati con la Svizzera interna, sono infatti uno dei punti deboli della nostra federazione». Non solo. «Un altro punto debole – aggiunge – è che della sessantina di aziende che consegnano alla Ftpl, in estate ne rimangono una decina, visto che le altre portano gli animali agli alpeggi». Questo implica, illustra il vicepresidente della Ftpl, che «in primavera la produzione di latte raggiunge il picco massimo, per poi diminuire. È sempre stato così e questo non facilita la tenuta di un’azienda che, quando ha bisogno di latte, non ne trova e viceversa». Di più. «La struttura della Lati è troppo grande, non è a misura del Ticino e non è mai riuscita a fare utili, anzi».
Bizzozero fa poi un passo indietro. «Lo scorso anno – rimarca – la situazione non era delle peggiori. Avevamo spuntato un bel prezzo, circa 79 centesimi al litro contro i 72-73 che riceviamo di solito in estate. Un canto del cigno, mi viene da dire». Ma, ricorda sempre Bizzozero, «a ottobre ci siamo accorti che la situazione stava degenerando, dato che troppo latte andava in Svizzera interna». E spiega: «Dopo una stagione estiva all’alpe, quando le mucche tornano in piano verso la metà di settembre, non producono tanto latte. Negli anni non abbiamo infatti mai avuto la necessità di portare latte in Svizzera interna prima di novembre. L’anno scorso invece sì». Malgrado i segnali, constata sempre Bizzozero, «non ci aspettavamo che la Lati annunciasse la sua chiusura. La Ftpl – rimarca – rappresenta tutti i contadini produttori di latte del Ticino. Ci siamo trovati in una situazione molto complicata e lo siamo tuttora».
Il nodo centrale, stando a Bizzozero, «non è tanto vendere il latte, ma venderlo a un prezzo dignitoso per non fare chiudere le poche aziende che ancora rimangono in Ticino». In tal senso, osserva, «quest’anno il settore della produzione di latte è sotto pressione in tutta la Svizzera, non solo in Ticino. Il prezzo pagato dalla Zmp (la Cooperativa dei produttori di latte della Svizzera centrale, ndr) si è infatti abbassato ovunque. E questo perché, con la diminuzione dell’euro, è calata drasticamente l’esportazione e, in parallelo, è aumentata l’importazione: comprare all’estero, in queste condizioni, è un affare».
A fare la differenza tra Ticino e Svizzera interna, evidenzia il vicepresidente della Ftpl, «sono i costi di trasporto. È vero, dall’annuncio di chiusura della Lati, il Cantone ha messo a disposizione un aiuto finanziario di due anni, ma il suo impatto è limitato». Secondo le previsioni, prosegue, «da un centinaio di autotreni verso la Svizzera interna, passeremo a circa duecento. Un incremento di almeno cento viaggi a 1’200 franchi l’uno, per cui si parla di 120mila franchi in più. È chiaro che in Svizzera tedesca i costi sono decisamente altri: un’azienda media che produce 20mila litri in Ticino spende duemila franchi di trasporto al mese, in Svizzera interna duecento».
Cinque anni fa era stato annunciato un piano di rilancio a seguito delle importanti difficoltà accumulate dalla Lati. L’azienda era infatti a un passo dal fallimento. Verso la fine del 2018 si era trovata una soluzione con la cessione del 70% delle azioni detenute dalla Ftpl alla Zmp, con sede a Lucerna. Il 20% del pacchetto azionario è dunque rimasto in mano alla Ftpl (che prima ne deteneva il 100%), mentre il 10% delle azioni è passato alla Cetra Alimentari Sa di Mezzovico-Vira, molto attiva nello smercio di formaggi nella Svizzera interna. Al momento dell’annuncio di chiusura la Ftpl deteneva l’8% delle azioni della Lati. Cosa succederà dunque al momento della liquidazione delle strutture della Lati? «Il discorso è semplice – afferma Bizzozero –, chi ha i soldi comanda. Ai tempi la Zmp ha fatto un’iniezione di capitale nella Lati e, se dovesse decidere di vendere gli impianti e i terreni, sicuramente non uscirà con la testa rotta. Va però ricordato – precisa – che la Cooperativa dei produttori di latte della Svizzera centrale ha osato, mettendo almeno 6-8 milioni nella struttura, soldi che nessuno aveva. Come Ftpl ci trovavamo a un bivio: o consegnavamo i bilanci e la Lati falliva o la riprendeva la Zmp con la Cetra. Qualcosa potrebbe comunque tornare anche alla Ftpl attraverso la quota che detenevamo prima della chiusura».
Anche la politica si era mossa dopo l’annuncio di chiusura della Lati. Il deputato del Centro Giovanni Berardi aveva inoltrato un’interpellanza all’indirizzo del governo menzionando una certa «preoccupazione tra i produttori di latte riguardo ai costi che dovranno essere affrontati per spedire il latte in Svizzera interna e anche il minor prezzo di mercato dovuto a una diversa trasformazione». All’atto parlamentare aveva risposto in aula lo scorso 22 gennaio il consigliere di Stato Christian Vitta, alla testa del Dipartimento finanze ed economia, sostenendo che «non si dispone al momento di indicazioni conclusive che indichino un grave deterioramento economico della produzione lattiera ticinese. La situazione rimane tesa e la chiusura di Lati rappresenta una sfida significativa per l’intero settore».