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Addio a un’associazione letteraria

In versi, Fabio Pusterla lascia l’Associazione delle scrittrici e degli scrittori svizzeri, accusata di non prendere posizione sulle odierne tragedie

In sintesi:
  • Dimissionario, denuncia ‘l’assenza di una riflessione e di un dibattito di natura politica e politico-culturale in seno all’Associazione, che ormai si occupa quasi esclusivamente di aspetti tecnici legati al libro’
  • Per il poeta si tratta di ‘una riflessione e un dibattito sul senso stesso dell’attività letteraria, e sulla responsabilità che un’associazione mantello degli scrittori svizzeri intende o non intende assumere’
Dimissionario, denuncia ‘l’assenza di una riflessione e di un dibattito di natura politica e politico-culturale in seno all’Associazione, che ormai si occupa quasi esclusivamente di aspetti tecnici legati al libro’
(Ti-Press)
16 aprile 2024
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Car* collegh*,

asterischini per bene abiti adatti

a sembrare per quel che si può degli artisti

sempre vagamente alternativi allineati mai,

mi dite che non è più tempo questo

di politica, oppure che la politica adesso

sta nella lobby del libro, nella difesa

dei diritti (d’autore) e che davanti

ai quotidiani massacri è preferibile

la dignità del silenzio. Perdonatemi se non vedo

nessuna dignità in questo silenzio

tanto comodo, a poco prezzo dignitoso.

Così subìto, non detto. Si può dire

(si deve?) il silenzio? Non è questo

il compito di chi sceglie

la scrittura?

Vi scrivo da una cantina della storia,

un vecchio bunker trasformato in bilocale

minuscolo. Giungono qui i rumori

del mondo, gli indizi.

Gli indizi del mondo, quello distante

e l’altro, piccolo, in cui tutti viviamo: se in entrambi

una trama si tesse costante, di rapina

e violenza. Una menzogna

esibita come unica realtà.

Non anche di questo

dovremmo parlare? Non soprattutto

di questo? A modo nostro, obliquamente,

sempre parlando d’altro eppure ritornando

a questo sempre, alla cosa che attenta e va contro

la vita. Ma non sento le voci ora chiuse

e distratte. Perfette

nella loro rinuncia, che sottrae

chi potrebbe parlare al suo rischio,

all’imperfezione della parola davanti alla cosa.

L’imperfezione, l’errore, l’inesatto,

persino a volte l’ipocrita

dichiarazione con cui qualcuno credeva possibile

salvarsi l’anima e lavarsi la coscienza.

Certo. Ma oggi: meglio il silenzio? O l’entertainment?

Davvero? Ieri il ministro della guerra

del nostro neutralissimo Paese

chiedeva 32 miliardi per ammodernare

l’esercito. Ci sono domande, osservazioni, commenti?

Non vedo mani alzate, ragazzi. Va bene così,

dunque? Tutti allegri e contenti,

tutti impegnati a scrivere

libri di futuro improbabile successo

(quante copie vendute: 3’000, 5’000 se va bene?)

e al presente sussidiati dagli uffici

statali più o meno competenti?

Nessuna pecora nera, nessun ratto?

Conta qualcuno altrove invece i morti: altri numeri.

Più di 30’000: Gaza. 40’000 (almeno): soldati russi in Ucraina.

Nonsisaquantimila: in fondo al mare

o nei lager di Libia. Cifre in costante crescita, bestsellers.

Giorni fa, dentro il bar di un ospedale,

ho incontrato una donna che guidava il marito

nel suo Parkinson. Una coppia

di vecchi compagni, sulle spalle

il XX secolo. Mi ha chiesto, lei, di colpo:

dove sono finiti gli intellettuali? Cosa fanno,

dove vivono oggi? Ho saputo non ho saputo

risponderle. E certamente la domanda era sbagliata,

direte voi, non senza ragione. Ma da qui vi saluto,

da questo irragionevole dolore. Quello che vedo dalla mia finestra

non è un passato da rimpiangere. Un futuro, piuttosto,

molto incerto, da inventare. Le domande

le faccio tutte a me stesso, non temete. Quelle sbagliate,

le poche forse giuste. Sembrano uncini i punti di domanda

e come uncini lacerano la pelle del mondo vicino e lontano:

mi fanno compagnia. Li preferisco

agli asterischi, ai puntini

di sospensione un po’ patetici, al pantano.

Non ho non mi aspetto risposte.

Inedito 2023/24

Nota dell’autore

La poesia nasce da una serie di discussioni nate in seno all’A*ds (Associazione delle scrittrici e degli scrittori svizzeri) negli scorsi mesi. Tutto è partito verso la fine di ottobre, quando la Presidenza A*ds informava i suoi membri di non avere nessuna intenzione di assumere una posizione politica circa la situazione nel Medio Oriente, cosa che, si evinceva dal testo, alcuni membri A*ds avevano invece chiesto. È probabile che il punto di partenza fosse però la decisione della Buchmesse di Francoforte di non consegnare il premio già deciso e assegnato alla scrittrice palestinese Adania Shibli subito dopo l’attacco atroce di Hamas, subordinando così, ancora una volta, le ragioni della letteratura e dell’arte alle irragioni della politica.

Ma per me ovviamente il discorso è molto più vasto e riguarda l’assenza di una riflessione e di un dibattito di natura politica e politico-culturale in seno all’Associazione, che ormai si occupa quasi esclusivamente di aspetti tecnici legati al libro, ai diritti d’autore, e a cose del genere. Nell’articolo 2 degli statuti si legge tra l’altro:

“L’A*dS s’impegna nella difesa delle diversità culturali, è contro la strumentalizzazione della cultura e incoraggia la creazione letteraria. Difende inoltre la libertà d’espressione e il rispetto dei diritti dell’uomo anche nell’ambito internazionale. Sostiene gli sforzi destinati al progresso delle libertà culturali, politiche e del diritto dei cittadini del nostro Paese. S’impegna a contribuire all’edificazione di una società solidale.”

Mi sembra che queste parole siano ormai da tempo lettera morta; e ha sicuramente molta ragione chi osserva che l’A*ds fa quello che i suoi membri le chiedono (o non le chiedono) di fare; è infatti verosimile che per molti dei più di mille autori soci di questa Associazione la preoccupazione di natura politica e civile sia minima, se non addirittura inesistente. Molti membri dell’A*ds vogliono probabilmente essere soltanto tutelati in quanto scrittori, a proposito di diritti d’autore, minacce che provengono dall’intelligenza artificiale, e via discorrendo; e non credono che l’A*ds in particolare, e la letteratura in generale, debbano interessarsi troppo di politica.

Dunque, il problema riguarda secondo me il ruolo della letteratura in Svizzera, e ciò che la letteratura vuole o non vuole, può o non può essere. Una trentina di anni or sono Moritz Leuenberger, che allora doveva essere presidente del Consiglio federale, aveva invitato gli scrittori svizzeri a essere costantemente e coraggiosamente critici nei confronti del potere. Mi sembra che oggi lo Zeitgeist sia profondamente diverso, sia dal punto di vista del potere politico sia, purtroppo, da quello degli scrittori.

Non si tratta dunque soltanto dell’impegno o del disimpegno individuale di questo o di quello scrittore svizzero; né personalmente auspico delle generiche “prese di posizione” su argomenti di natura politica, bensì una riflessione e un dibattito sul senso stesso dell’attività letteraria, e sulla responsabilità che un’associazione mantello degli scrittori svizzeri intende o non intende assumere.

Visto che i tentativi di innescare un dibattito su questi argomenti, portati avanti nei mesi autunnali del 2023, non sembrano aver sortito alcun effetto, ho deciso di rassegnare le mie dimissioni dall’A*ds.

f.p., aprile 2024

Per gentile concessione di naufraghi.ch