filosofia

Il tempo, da Einstein al senso comune

Il presentismo di Agostino e l’eternismo della relatività: intervista a Damiano Costa su cosa vuol dire, per noi e per la scienza, l’esistenza temporale

28 giugno 2024
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Il tempo è uno di quei concetti che – oscillando tra riflessione filosofica, ricerca scientifica e senso comune – mantiene una natura misteriosa che è forse ineliminabile. Ed è inevitabile, pensando al mistero dietro questo concetto con cui in realtà abbiamo quotidiana familiarità, citare le ‘Confessioni’ di Agostino d’Ippona: “Che cos’è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più”. Dai tempi di Agostino qualcosa in più la sappiamo spiegare, sul tempo, sia per quanto riguarda la filosofia sia la scienza (e anche il senso comune che, come vedremo, assimila le idee filosofiche e scientifiche).

Si è tenuta a Lugano la nona edizione del convegno annuale dell’Associazione internazionale sulla filosofia del tempo (Iapt). Organizzato dall’Istituto di studi filosofici della Facoltà di Teologia di Lugano, affiliata all’Università della Svizzera italiana, il convegno porterà a Lugano più di 150 partecipanti, tra cui 50 relatori, provenienti da tutto il mondo. Questo evento internazionale rientra tra le attività di un progetto di ricerca pluriennale sul concetto di esistenza temporale che ha ricevuto un importante sostegno da parte del Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica, con uno ‘Starting Grant’ di quasi 1,8 milioni di franchi. Direttore del progetto è il professor Damiano Costa.

Damiano Costa, come mai il Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica ha sostenuto un progetto di ricerca filosofica?

Come molti progetti di ricerca filosofici, anche il mio verosimilmente non avrà ripercussioni immediate e dirette sulla società, sull’economia o sulla politica ma credo che quella del Fondo nazionale sia una politica illuminata e lungimirante: finanziare non solo progetti di medicina o di scienze applicate con effetti a breve o medio termine, ma anche progetti i cui effetti si vedranno nel lungo termine e che aprono nuovi modi di concepire la realtà.

Parliamo di ricerca di base o di filosofia?

Anche la filosofia rientra in questo ambito: la riflessione filosofica di oggi è il pensiero dell’uomo comune di domani, ed ha quindi ripercussioni potenzialmente enormi in tutti gli ambiti della nostra società. Se, ad esempio, pensiamo alle grandi intuizioni politiche – da quella dei diritti umani al socialismo, dal concetto di giustizia sociale al liberalismo –, che determinano, in positivo o in negativo, la vita di miliardi di persone, nella maggioranza dei casi sono il risultato delle speculazioni che un filosofo ha elaborato alla sua scrivania, nel segreto del suo studio.

E per quanto riguarda il progetto specifico, quali potrebbero essere stati gli aspetti che hanno convinto il Fondo nazionale a concedere l’importante Starting Grant?

Un primo aspetto penso possa essere stata l’ambizione di mettere in dialogo varie aree della filosofia, andando anche a pescare alcuni elementi dalle scienze naturali, in particolare dalla fisica. Uno degli obiettivi del progetto, infatti, è esplorare le conseguenze che la teoria della relatività può avere in diversi ambiti della filosofia e, più in generale, sulla nostra concezione del mondo.

Il progetto di ricerca non parte dalla domanda di Agostino, ‘cosa è il tempo’, ma da una un po’ diversa: ‘Cosa significa essere nel tempo’. Perché?

Qualunque cosa, nel nostro universo, esiste in un qualche luogo e in un qualche tempo: noi esistiamo “qui e ora”, Agostino scrisse le ‘Confessioni’ nell’attuale Algeria 1600 anni fa e così via. Il fatto di essere nel tempo è un aspetto assolutamente cruciale, che definisce la nostra esistenza: noi non esistiamo, come forse lo fanno i numeri, fuori dal tempo. La nostra esistenza si gioca tutta nel tempo, dalla nostra nascita alla nostra morte, attraverso tutti i cambiamenti che scandiscono la nostra vita. Ma cosa significa “essere nel tempo”? Come dobbiamo concepire questo aspetto così fondamentale della nostra esistenza?

La centralità del tempo nell’esistenza umana non è certo una novità, in filosofia.

Certamente. Ma questa domanda può essere affrontata da diversi punti di vista e il mio progetto la affronta guardando sia dalla parte della filosofia pura, sia da quella della fisica e in particolare della teoria della relatività.

Perché la relatività è, o potrebbe essere, così importante non solo per la filosofia ma anche per la nostra concezione del mondo?

Lo può essere in molti modi. Ecco un esempio. La relatività suggerisce una visione del tempo che chiamiamo “eternismo” e che si contrappone al “presentismo” che corrisponde grosso modo al senso comune ma che ritroviamo anche nella riflessione di molti filosofi.

Per il presentismo esiste solo ciò che sta nel presente, che finisce per essere come una lama sottilissima di essere fra due grandi nulla: il passato, che non è più, e il futuro, che non è ancora. Abbiamo citato Agostino, la cui riflessione sul tempo parte proprio da questa concezione: non esistono né il futuro né il passato, esistono solo la memoria di ciò che è passato e l’aspettativa di ciò che è futuro.

Ma questa concezione, che pone così l’accento sul presente, sembra essere in aperto contrasto con la teoria della relatività, che nega l’esistenza di una distinzione oggettiva fra passato, presente e futuro. Ciò che noi chiamiamo presente ovviamente esiste, ma non come una sottilissima lama tra due nulla, bensì allo stesso modo in cui esistono il passato e il futuro. L’eternismo è una sorta di parificazione di tutti tempi – presente, passato e futuro – per quanto riguarda l’esistenza. Così come esiste ciò che è lontano da noi nello spazio, così esiste anche ciò che è lontano da noi nel tempo.

Ma non rischiamo di confondere due concetti diversi? Anche se li chiamiamo allo stesso modo, non è detto che il tempo della fisica, in cui passato e futuro esistono come il presente, sia la stessa cosa del tempo della nostra esistenza.

Finora abbiamo parlato del “tempo della fisica”. Ma certamente in filosofia, e non solo in filosofia, è sempre bene chiedersi se il tema di cui stiamo trattando è unitario, perché molto spesso dietro una stessa parola ci sono significati diversi, realtà diverse che magari occorre studiare in maniere diverse.

In questo caso abbiamo da una parte un fenomeno a noi esterno e un fenomeno a noi interno e sono convinto che questa distinzione sia importante: il tempo che viene misurato dagli orologi è diverso dal tempo per come lo percepiamo e lo viviamo noi. Ma questo non significa necessariamente che la natura del tempo misurato dagli orologi non possa avere delle ripercussioni sulla nostra concezione e la nostra esperienza del tempo, e più in generale sulla nostra concezione della realtà e della nostra esistenza.

Quali potrebbero essere queste ripercussioni nel caso dell’eternismo?

Un esempio di queste ripercussioni dell’indagine del “tempo della fisica” sulla nostra concezione della vita ce lo fornisce Einstein stesso. A seguito della morte di Michele Besso, suo collega e amico, scrisse una famosa lettera alla sorella di Besso, in cui dice: “Anche nel congedarsi da questo strano mondo, Michele mi ha preceduto di un poco. Questo non ha importanza. Per noi che crediamo nella fisica, la separazione fra passato, presente e futuro ha solo il significato di un’illusione, per quanto tenace”. In altre parole, Einstein ritiene che abbracciare una teoria sul “tempo della fisica”, l’eternismo, e di conseguenza credere che il passato esista tanto quanto il presente, trasfiguri completamente la nostra visione della morte, relativizzandone l’importanza.

Per l’eternismo, come detto, esistere nel tempo è un po’ come esistere nello spazio: le cose, o le persone, esistono anche se lontane nel tempo e nello spazio. Però questa lontananza non è indifferente. Per fare un esempio banale: gli occhiali che ho con me li posso indossare, quelli che ho dimenticato a casa no. E lo stesso vale per gli occhiali che non esistono più, perché li ho rotti, o che non esistono ancora.

Sono d’accordo. Infatti l’intuizione di Einstein relativa alla trasfigurazione della morte alla luce dell’eternismo è ancora tutta da indagare. Non sono certo che la mera esistenza di chi non è più con noi possa dare una risposta totale ed efficace all’angoscia della morte. Ma per portare a termine questa indagine è necessario prima di tutto investigare sui due elementi costitutivi di questa intuizione, chiedendosi da una parte che cosa, precisamente, rende il fenomeno della morte così significativo per noi, e dall’altra quali siano le conseguenze dell’eternismo sulla dimensione temporale della nostra esistenza.

Einstein era una figura eccezionale, non solo dal punto di vista scientifico. Però si ha l’impressione che la lezione della relatività non sia ancora stata propriamente assorbita, diventando parte della visione comune del mondo. Sospetto che molti di noi, ad esempio, si definirebbero più facilmente presentisti che eternisti.

Credo che abbia ragione. Per quanto tutti noi abbiamo sentito parlare della teoria della relatività e abbiamo imparato a celebrare il genio di Einstein, le conseguenze radicali che questa teoria ha sulla nostra concezione di spazio, di tempo, di massa e gravità non sono mai state propriamente assorbite nella nostra visione comune del mondo, che da questo punto di vista è ancora molto newtoniana.

Perché le cose stanno così? E sarà mai possibile che il senso comune assorba la lezione della relatività?

Si potrebbe pensare che la ragione stia nel fatto che la teoria della relatività abbia delle conseguenze troppo controintuitive per essere veramente comprese e accettate. Pensiamo ad esempio alla dilatazione temporale, per cui la velocità con cui scorre il tempo può essere diversa a seconda delle condizioni in cui ci troviamo (ne troviamo ad esempio una rappresentazione cinematografica efficace nel film ‘Interstellar’). Non credo però che sia questa la ragione per cui il senso comune non ha ancora assorbito le conseguenze della teoria della relatività. In fondo, se ci pensiamo, anche la fisica di Newton, che oggi è parte integrante del nostro senso comune, ha portato con sé conseguenze decisamente strane e radicalmente controintuitive, che però oggigiorno non facciamo alcuna fatica ad accettare. Possiamo immaginare cosa abbiano pensato i contemporanei di Newton quando gli sentivano dire che la gravità è una forza invisibile che lega ogni cosa e che agisce a distanza, anche attraverso il vuoto.

Questo mi fa pensare che così come questa idea controintuitiva è entrata a far parte pacificamente del nostro bagaglio concettuale comune, così potranno farlo anche le rivoluzionarie idee della relatività einsteiniana. Con il tempo, ovviamente.