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‘Un Cpr ligure, ma in nessun caso da noi a Ventimiglia’

La situazione migratoria nel ‘collo di bottiglia’ dall'Italia alla Francia vista dal giovane sindaco leghista Flavio Di Muro

Il giovane sindaco leghista di Ventimiglia, Flavio Di Muro
(Ti-Press/Samel Golay)
4 novembre 2023
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Flavio Di Muro, classe ’86, da fine maggio 2023 è sindaco di Ventimiglia. Laureato in Scienze giuridiche a Genova, dal 2015 al 2018, giovanissimo, era stato capo di gabinetto all’Assessorato della Regione Liguria allo sviluppo economico e all’imprenditoria guidato da Edoardo Rixi. Poi era stato eletto alla Camera dei deputati, diventando in seguito caposegreteria dello stesso Rixi, che nel frattempo era asceso a viceministro. Assunta la massima carica comunale con una lista di denominazione “trumpiana” (Torna grande Ventimiglia), si era subito profilato per aver deciso l’inaccessibilità del cimitero ai migranti, chiudendone i bagni, togliendo l’acqua dalle fontanelle e istituendo un nuovo servizio di vigilanza. La compianta scrittrice Michela Murgia aveva reagito parlando di «una decisione in linea con un regime fascista».

Sindaco Di Muro, Ventimiglia è straordinariamente bella ma anche clamorosamente triste, con la sua periferia affollata di migranti che vivono di espedienti. Ciò che balza all’occhio è la pressoché totale assenza dello Stato, inteso come servizi e soprattutto strutture.

La situazione migratoria segue i flussi internazionali. Qui siamo al confine con la Francia, che dà accesso all’Europa ma dal 2015, con la sospensione unilaterale degli Accordi di Schengen, è anche fra i Paesi più permeabili alle entrate. Così, da allora, Ventimiglia è sempre stata in tensione. Oggi, nonostante l’aumento degli sbarchi fra agosto e settembre, la situazione è comunque tendenzialmente stabile: al momento avremo circa 200 migranti. Detto di ciò che abbiamo, bisogna dire di ciò che manca…

Appunto. Dica.

Un’organizzazione dello Stato per migliorare la convivenza fra residenti e migranti. Lo ha sottolineato lo stesso ministro Piantedosi quando ci ha fatto visita a Ventimiglia.

Quindi?

Nel grande discorso migratorio bisogna differenziare. Innanzitutto vanno considerati due aspetti generali: quello dell’accoglienza e quello della repressione. Poi ci sono i migranti cosiddetti “regolari” e gli “irregolari”, ma anche i minori e chi non lo è. All’interno di tutte queste categorie, un’ulteriore distinzione, al di là dello status giuridico, va fatta a livello di condotte: c’è chi accetta di essere accolto e chi invece rifugge da qualsiasi tipo di accoglienza e commette dei reati. Quindi, la risposta che deve dare non tanto l’Amministrazione comunale, che ha competenze limitate, ma lo Stato, dev’essere ambivalente. Relativamente all’accoglienza, la mia proposta è sempre stata quella di avere più strutture.

“Più” rispetto al niente attuale, intende?

Per i minori stranieri non accompagnati, che rappresentano comunque meno del 10% della popolazione migratoria a Ventimiglia (e che peraltro dovrebbero poter entrare liberamente in Francia) vi sono delle convenzioni che prevedono l’intervento della Croce Rossa, ma anche l’alloggio in alberghi fino ad esaurimento di posti. Quanto c’è già, per venire alla sua domanda, è il Punto di assistenza diffuso, il Pad, allestito su proposta del prefetto di Imperia, che ha ampliato l’offerta di Caritas. La sera si chiudono i cancelli e vi alloggiano le famiglie (la mamma e il bambino, o la donna incinta) e i soggetti vulnerabili. Poi c’è anche chi mi dice “ripristina il campo Roja unico” (aperto nel 2016 e chiuso nel 2020, arrivato ad ospitare nei container di Croce Rossa fino a 900 persone alla volta, ndr). Rispondo che non posso mettere assieme la donna incinta con quello che si brucia i polpastrelli per non venire identificato.

Ma il Pad attuale è da 20-30 posti al massimo: è quindi largamente insufficiente, anche rispetto alle esigenze di periodi con minore pressione migratoria.

Per chi si fa identificare, fa domanda di protezione internazionale e in qualche modo accetta di farsi gestire, c’è in discussione l’istituzione di un secondo Pad, all’ex Ferrotel, stabile di proprietà di Rete ferroviaria italiana situato a fianco della stazione, ovverosia il posto di arrivo dei migranti, che è anche prossimo ai luoghi in cui attualmente i migranti bivaccano proprio a causa dell’assenza di una struttura adeguata. Si rivolgerà appunto a persone che non possono essere spostate coercitivamente perché hanno fatto domanda (che dev’essere esaminata). Parliamo dei cosiddetti “regolari”, ovverosia circa il 50% del totale dei migranti sul territorio. (A fine ottobre, qualche giorno dopo la nostra intervista a Di Muro, è in effetti stato firmato un accordo fra Rete ferroviaria e Prefettura di Imperia per realizzare all’ex Ferrotel una struttura da 75 posti, ndr). Il ministro Piantedosi l’ha definita “struttura di sollievo”, riferendosi sia ai migranti che non devono finire accampati, sia ai residenti, che d’inverno si ritrovano con i portoni sfondati.

Poi ci sono gli “irregolari”, di cui le cronache italiane sono sempre piene.

È una grande “fetta” della popolazione migratoria, ed è quella di cui in effetti si parla di più: gli “irregolari” sono quelli che non si fanno identificare ritenendo che una domanda di protezione internazionale possa precludere loro il passaggio in altri Paesi. Oggi, giuridicamente, devono andare nei Cpr, i Centri di permanenza e rimpatrio. A Ventimiglia non ce ne sono (né ne vogliamo). Quello più vicino a noi era a Torino, ma nel frattempo ha chiuso. Ed è un peccato, perché proprio laddove, lungo tutta la fascia di confine italo-francese, v’è il maggior numero di “irregolari” – provenienti non solo dalla rotta mediterranea, ma anche da quella balcanica – non c’è un Cpr a disposizione. La prospettiva è di averne uno per regione. Il ministro ha già chiarito che quello ligure non sarà – come da nostro desiderio – a Ventimiglia, anche vista l’oggettiva mancanza di strutture idonee.