Vincent Cavin ha visitato, con la delegazione dell’Asf, le infrastrutture che accoglieranno la Svizzera: ‘Per l’hotel attendiamo la certificazione etica’
Mancano 226 giorni alla sfida inaugurale dei Mondiali più particolari della storia, quelli di Qatar 2022. Mai, nelle 21 edizioni precedenti, si era giocato nei mesi invernali, mai in una nazione araba, mai su un territorio così ristretto. Sarà una Coppa del mondo tutta da scoprire, con incognite difficili da prevedere e, quindi, da risolvere a priori. La pianificazione dovrà essere assai più meticolosa rispetto a quando il carrozzone della Fifa aveva reso visita per la prima volta al continente africano (2010), con temperature inusuali (si era giocato nell’inverno dell’emisfero sud), trovate già due volte in precedenza, in Argentina nel 1978 e in Uruguay nel 1930, dove la finale era stata giocata sotto una leggera nevicata. Non c’è dunque da stupirsi se la macchina organizzativa delle varie federazioni si è già messa in moto da tempo per preparare lo sbarco dell’emirato. L’Asf ha approfittato del sorteggio della fase a gironi, andato inscena venerdì 1º aprile per inviare in Qatar una delegazione con il compito di ispezionare le infrastrutture che dovranno accogliere la selezione rossocrociata. Ne abbiamo parlato con Vincent Cavin, vice di Murat Yakin e che di quella delegazione ha fatto parte. «Ci siamo recati a Doha da giovedì 31 marzo a domenica 3 aprile. Del viaggio hanno fatto parte Dominique Blanc, presidente dell’Asf, il segretario generale Robert Breiter, entrambi impegnati in una serie di eventi programmati dalla Fifa, Murat Yakin, Pier Tami e il team manager Danien Mollard. Con Murat il primo giorno abbiamo partecipato ad alcuni workshop, unitamente ai selezionatori delle altre Nazionali qualificate, poi in serata c’è stato l’evento del sorteggio. Il giorno seguente lo abbiamo per contro dedicato alle infrastrutture. Abbiamo visitato l’albergo nel quale alloggeremo e gli impianti sportivi per l’allenamento. In entrambi i casi è stato possibile trovare delle buone soluzioni. Il centro sportivo messo a disposizione fa parte dell’Università , mentre per l’albergo è stata individuata una sistemazione ideale, ma la firma del contratto per il momento rimane in sospeso. La federazione è infatti in attesa di una valutazione esterna sulla sostenibilità della costruzione e sul rispetto delle condizioni di lavoro. Prima di firmare un accordo, l’Asf vuole essere sicura che l’albergo sia stato edificato nel pieno rispetto del lavoro degli operai. Si tratta di un’esigenza della nostra federazione, nata sulla base delle molte discussioni sorte negli ultimi anni e legate allo sfruttamento dei lavoratori stranieri nel grande cantiere della Coppa del mondo. A questo proposito, sono state contattate alcune organizzazioni non governative specializzate nell’analisi e nella valutazione della sostenibilità etica degli enormi cantieri di Qatar 2022».
Un’iniziativa lodevole da parte della federazione... «Il presidente Blanc e tutto il comitato sono stati chiari fin da subito, andando a discutere del tema con varie associazioni e avvicinandosi al tema con un approccio proattivo. Dal canto suo, il presidente Blanc ha sempre sostenuto che un boicottaggio sarebbe stato fuori discussione, ma che l’Asf si sarebbe impegnata in modo diretto per assicurarsi che le infrastrutture messe a disposizione della sua selezione fossero state costruite secondo un preciso codice etico».
Secondo inchieste indipendenti, la costruzione degli stadi è costata la vita a migliaia di operai... «Noi non li abbiamo potuti visitare, ma ne abbiamo intravisto qualcuno durante gli spostamenti. Ad esempio, quello nel quale giocheremo almeno due partite, il 28 novembre contro il Brasile e il 2 dicembre contro la Serbia. Si tratta dello Stadium 974 ed è stato costruito con appunto 974 container navali riciclati, su un promontorio artificiale nel distretto di Ras Abu Aboud. Al termine della Coppa del mondo verrà completamente smantellato, ciò che ne fa il primo stadio temporaneo nella storia dei Mondiali. Noi, comunque, più che sugli stadi ci siamo concentrati su strutture sportive e di alloggio e siamo tornati in Svizzera perfettamente soddisfatti di quanto osservato. Le condizioni climatiche, tra l’altro, dovrebbero essere più che buone: si parla di temperature tra i 20 e i 25 gradi, che scendono sotto i 20 durante la notte. Inoltre, al di là dell’estrema modernità architettonica e strutturale degli stadi, va segnalato che l’erba utilizzata sarà la stessa in ogni impianto sportivo, anche nei centri d’allenamento».
Tra quattro anni, a ospitare i Mondiali saranno Canada, Stati Uniti e Messico, con una distanza di 3’200 km (4h32’ di volo) tra le città di Toronto e Città del Messico. In Qatar, per contro, tutto si svolgerà in un fazzoletto di terra... «Una novità che rende questa Coppa del mondo molto particolare. Non ci saranno spostamenti, stadi e alberghi saranno tutti dislocati in un raggio di una sessantina di chilometri. Nella nostra struttura d’allenamento saremo da soli, ma in altri impianti vi potranno essere anche tre o quattro nazionali. Ovviamente, i vari campi verranno separati in modo da garantire la privacy, ma in questi mesi sono sorti alcuni aspetti interessanti e per i quali occorrerà trovare una soluzione nei mesi a venire. Ad esempio, come evitare che i droni utilizzati per filmare il proprio allenamento possano "rubare" immagini di una rivale che si sta preparando nel campo di fianco».
Una situazione logistica che fa pensare a un Mondiali U20, dove spesso le squadre vengono alloggiate in uno stesso albergo per favorire la socializzazione dei ragazzi… «In Qatar ogni selezione avrà il suo hotel, ma è vero che quando si uscirà sarà possibile incrociare calciatori provenienti da ogni dove. Da questo punto di vista mi fa pensare a una sorta di grande villaggio olimpico. A godere maggiormente di un Mondiale chiuso in un recinto dovrebbero essere i tifosi. Al netto della difficoltà di accaparrarsi i biglietti d’ingresso, hanno la possibilità di assistere dal vivo a più partite in un solo giorno. Anche questa, una delle tante peculiarità dei Mondiali qatarioti».
Brasile, Serbia, Camerun: bello scherzo, quello del sorteggio del 1º aprile... «Sono contento di partecipare ai Mondiali, non ho mai avuto aspettative sugli avversari, per cui non posso essere né felice, né deluso. Penso che sia un gruppo forte, con quattro squadre di qualità . La Svizzera sa dare il meglio di sé stessa quando combatte per un risultato concreto, i tre punti in palio. E questo è un gruppo che non ci permetterà di prendere sottogamba un solo avversario. Sarà dura, lo sappiamo, ma in un Mondiale tutti gli avversari sono difficili. Leggo di federazioni che si dicono soddisfatte del sorteggio e non capisco bene cosa voglia dire: a questi livelli non esistono squadre materasso».
Qatar 2022 rappresenta l’evento calcistico dell’anno ed è logico che se ne parli abbondantemente, nonostante al via manchino ancora oltre sette mesi. Prima, però, Vincent Cavin e la Nazionale saranno confrontati con un’estate impegnativa, contraddistinta dalla fase a gironi della terza edizione di Nations League (sei partite tra il 2-4 giugno e il 25-27 settembre)... «Nella nostra testa, i Mondiali rimangono di là da venire, l’attenzione è focalizzata su Spagna, Portogallo e Repubblica ceca, le avversarie di Nations. Si tratta di una manifestazione che, benché piuttosto giovane, per noi allenatori rappresenta un momento molto importante: permette di avere a disposizione partite di livello e di evitare le amichevoli. Inoltre, mette in palio un trofeo, ciò che la rende attrattiva anche agli occhi dei giocatori. La Svizzera ha mantenuto il posto nella Lega A e questo le permette di potersi confrontare con avversari di alto profilo. Tutti parlano di iberici e lusitani, ma la Repubblica ceca non va sottovalutata: agli scorsi Europei si era dimostrata squadra di spessore e nello spareggio per i Mondiali è stata eliminata dalla Svezia dopo aver proposto una prestazione migliore rispetto agli avversari. Ma si sa, con la Svezia capita di giocare meglio e poi perdere, ne sappiamo qualcosa...».
Tornando ai Mondiali, una delle molte incognite è legata allo scarso tempo a disposizione tra lo stop alla stagione e l’inizio della rassegna qatariota... «Sarà un approccio diverso rispetto alla norma, ma non rappresenterà un problema. Uno dei principali pregi di un selezionatore è il sapersi adattare alla situazione del momento e lavorare con il materiale umano a disposizione. Come avevamo fatto in autunno, quando ci siamo ritrovati con numerosi forfait, dovuti a malattia o infortuni. In questo momento della stagione è inutile lasciarsi andare a troppe previsioni, non sapendo chi sarà a disposizione e chi no, nella nostra come nelle altre Nazionali. Per noi l’esordio è previsto il 24 novembre, il che ci concede qualche giorno in più – in totale un decina – per affinare il lavoro. D’altro canto, rispetto a quanto avviene in estate, con tornei nazionali che si chiudono in date diverse, in Qatar non dovremmo avere la necessità di calibrare gli allenamenti individuali per portare tutti i giocatori allo stesso livello di forma. Infatti, i convocati disputeranno nel weekend l’ultima partita con i rispettivi club e al lunedì saranno a nostra disposizione. Piuttosto, bisognerà capire quale sarà stato il loro minutaggio di gioco durante la prima parte di stagione. Occorrerà seguire l’evolversi della situazione a partire dall’estate e, se necessario, prendere contatto con i singoli club per capire come aiutare un giocatore poco utilizzato a mantenere una condizione fisica adeguata».
Vincent Cavin lavora al servizio dell’Asf dal 2010 e quella in Qatar sarà la sua terza fase finale di una Coppa del mondo... «Nell’ambiente della Nazionale avevo iniziato nel 2011 con l’U21 di Pier Tami, in quell’Europeo in Danimarca che ci aveva visti arrivare fino alla finale. Il mio compito era soprattutto quello di preparare le analisi video».
A quei tempi, uno strumento ancora poco utilizzato... «Sono sempre stato attratto dalla possibilità di abbinare tecnologia e pratica sportiva. Già in quegli anni, al Centro sportivo di Tenero si svolgeva un evento denominato Sportech, con la presenza di aziende impegnate nella produzione di supporti tecnologici al servizio dello sport. Avevo così avuto l’opportunità di entrare in contatto con la friborghese Dartfish, nel frattempo diventata leader nel settore delle analisi calcistiche, e di iniziare a utilizzare la loro tecnologia. Quando Pier Tami mi aveva chiesto di unirmi al suo staff e di occuparmi della parte video, avevo a disposizione strumenti che in Svizzera nessuno maneggiava. Un settore andato sviluppandosi con estrema velocità , al pari della mentalità degli allenatori. Qualche anno fa, alcuni tecnici preferivano affidarsi al loro naso piuttosto che alle nuove tecnologie, ma al giorno d’oggi tutti si sono adeguati. Anche perché la gamma di opzioni fornite da questi strumenti si è ampliata a dismisura, permettendo di analizzare la partita come se si fosse allo stadio. Vent’anni fa, quando si utilizzavano le immagini televisive per riguardare una partita, ci si poteva focalizzare su un solo aspetto, perdendone di vista altri: ad esempio, se ci si concentrava sulle punte, non era possibile avere un’idea del lavoro preventivo dei difensori. Adesso, ogni aspetto del gioco viene dissezionato nei minimi particolari».
E l’utilizzo dei dati è immediato... «Ci si è specializzati a tal punto da rendere le immagini utilizzabili praticamente in tempo reale. Lo staff tecnico le riceve direttamente in panchina e a partita in corso può scegliere gli aspetti tattici o le azioni da mostrare, ad esempio durante la pausa. Si tratta di uno strumento di fondamentale importanza per cercare di correggere ciò che in campo non ha funzionato, ma come ogni cosa presenta il rovescio della medaglia. Bisogna infatti sapere come muoversi all’interno della montagna di dati a disposizione: in soli 15 minuti non è possibile mostrare tutto quanto si vorrebbe, altrimenti si rischierebbe di intasare la testa dei giocatori – già stanchi e sotto stress – con il risultato di creare ancora più confusione. Occorre essere bravi a estrapolare quei pochi aspetti costruttivi davvero utili e in grado di essere assimilati e metabolizzati nei pochi minuti a disposizione».
Murat Yakin, sul quale al momento della nomina qualche scetticismo esisteva, ha conquistato i tifosi rossocrociati con le prestazioni della squadra e con la calma serafica con la quale ha affrontato questi primi mesi di esercizio... «La calma è una qualità che ho riscontrato in tutti i tecnici con i quali ho lavorato, Pier Tami, Ottmar Hitzfeld e Vladimir Petkovic. Credo che il sangue freddo rappresenti una dote imprescindibile per chi desidera allenare a questi livelli. In Murat ho trovato una persona tranquilla, molto spontanea e schietta, capace di dare fiducia ai membri del suo staff. All’inizio abbiamo dovuto imparare a conoscerci, ma non è stato difficile e il nostro rapporto è andato consolidandosi con il trascorrere del tempo. Yakin ha mostrato coraggio nel riprendere una posizione per certi versi scomoda, dopo la lunga gestione di Vlado e lo storico risultato ottenuto agli Europei. Il fatto di aver raggiunto la qualificazione ha facilitato tutte le relazioni, perché è vero che pe far risultato occorre una squadra solida, ma è altrettanto innegabile che i risultati positivi facilitano la consolidazione del gruppo. L’aver staccato il biglietto per i Mondiali ha contribuito a legarci in modo ancora più stretto. E ci ha garantito credibilità di fronte ai giocatori, i quali valutano inevitabilmente il loro tecnico anche dai risultati che ottiene. D’altra parte, Murat non ha mai avuto dubbi sulla possibilità di portare la squadra in Qatar per la via più diretta. Quando al suo arrivo gli avevo presentato la situazione, mi ricordo di avergli detto che il potenziale della squadra rimaneva elevato e che potevamo ambire a risultati ancora più importanti rispetto a quelli da poco raggiunti. E il primo obiettivo lo abbiamo centrato: il prossimo autunno saremo tra le 32 nazionali protagoniste di Qatar 2022».