Ecco il nuovo contratto sottoposto a 200 dipendenti di Divoora. Giangiorgio Gargantini, Unia, denuncia: ‘È illegale’. Presto una nuova assemblea
Nessuna consegna? Nessuna remunerazione. Una sola consegna in un giorno? Trentacinque centesimi al minuto, calcolati dal momento che sulla App ti si è accesa la richiesta fino all’avvenuta consegna del pasto al cliente. Per l’orario di lavoro, prima e dopo, invece... nessun compenso. “Il collaboratore percepisce un salario lordo di franchi 0,355 al minuto (franchi 21,30 all’ora), rispettivamente franchi 0,363 (franchi 21,80 all’ora) per i giovani fino al compimento dei 20 anni, per ogni ordine concluso (dall’assegnazione dell’incarico dell’ordine alla consegna al cliente”. Eccola, in estrema sintesi, la nuova deriva salariale nel settore del delivery. Un nuovo contratto - di cui ‘laRegione’ è riuscita a entrare in possesso - è stato sottoposto mercoledì scorso ai circa suoi 200 dipendenti dalla società Divoora, con la richiesta di firmarlo entro il giorno successivo, giovedì 28 ottobre, alle 12.30. “Se è sua intenzione accettare le condizioni del nuovo contratto di lavoro valido dal 1° novembre 2021, le chiediamo gentilmente di voler firmare e ritornarci entro il 28.10.2021 non oltre le ore 12.30 il nuovo contratto che le abbiamo inviato unitamente alla presente comunicazione e al nuovo regolamento”. «Già solo per questo termine imposto ai lavoratori, il contratto è illegale. Non sono rispettati i tempi di disdetta: trattandosi di un cambiamento di contratto, la legge prevede che il contratto in vigore sia vincolante fino allo scadere dei tempi di disdetta, che possono essere di uno o più mesi a seconda dell’anzianità» - dichiara Giangiorgio Gargantini, segretario regionale di Unia. Il sindacato in questi giorni ha incontrato i dipendenti di Divoora e nei prossimi giorni è annunciata un’assemblea dei lavoratori, la seconda dopo quella svoltasi venerdì scorso.
Il nuovo contratto prospettato da Divoora ai propri dipendenti, che oltretutto non prevede la 13esima, è il terzo di una sequela: dapprima quello in vigore fino al 31 agosto 2021, poi quello entrato in vigore dal 1° settembre 2021 e ora quest’ultimo, a distanza di soli due mesi, che si richiede di sottoscrivere in un tempo lampo dal primo giorno di novembre. “Nel frattempo, lavoreremo al fine di implementare un sistema informatico più performante e forme contrattuali meglio definite per garantire regole chiare, soddisfazione per i collaboratori, per i partner e per i clienti” - si legge nel nuovo e sorprendente contratto. Un nuovo scandalo all’orizzonte dopo il caso TiSin, l’organizzazione che ha applicato in alcune aziende del Mendrisiotto lo stipendio minimo al di sotto dei 19 franchi orari fissati dalla nuova normativa che entrerà in vigore a dicembre. «Qui il problema è un altro» - sottolinea il sindacalista di Unia, Giangiorgio Gargantini. Ai dipendenti di Divoora viene prospettato un contratto che prevede una retribuzione per ogni ordine concluso, ossia dall’assegnazione dell’incarico dell’ordine alla consegna del cliente. Questo vuol dire che i driver sono pagati da quando parte l’ordinazione a quando il prodotto giunge al cliente. Significa che il tempo di attesa della comanda e il tempo di rientro da una consegna non sono per nulla pagati. E questo è perfettamente illegale». Ancora Gargantini: «Il nostro sindacato si sta battendo affinché il settore del delivery sia controllato in maniera importante. In qualità di membro della Commissione tripartita cantonale ho fatto proprio questa richiesta di stretta sorveglianza perché sapevamo cosa sarebbe successo... Già in passato eravamo intervenuti. Sappiamo che il delivery è esploso nel 2020, nel periodo della pandemia e temiamo che, rispetto al picco iniziale, il mercato diminuirà con la ripresa e il ritorno ormai alla quasi totale “vita normale”. Quando ci sono settori che si espandono in maniera così forte e repentina il rischio di deregolamentazione è dietro l’angolo».
Che in questo momento aleggi la tensione nel settore del delivery lo testimonia anche lo striscione (poi rimosso) comparso davanti alla sede di Unia a Manno, con la scritta: “Vi siete chiesti cosa vogliamo veramente noi driver? No! 1. Contratti non vincolanti. 2. Pagamento a cottimo con un minimo garantito”. L’evidenza, secondo Gargantini, è che l’azione provenga da uno dei proprietari di azienda del settore in difficoltà. Dopo i dipendenti, avvinerete anche i titolari di Divoora? «Assolutamente sì. La priorità, ora, è comunque con i dipendenti di Divoora che abbiamo sentito in questi giorni. La suddivisa dell’azienda è in distretti in tutto il cantone, non vi è alcuna filiale o sede. I lavoratori si ritrovano nei posteggi dei loro maggiori fornitori». Dal canto nostro abbiamo tentato di raggiungere i titolari di Divoora, ma «oggi non sono in ufficio, provi domani» - è finora la risposta ottenuta. Alla Rsi, una delle titolari di Divoora, Giulia Del Bue, ha evidenziato che la flessibilità del nuovo contratto soddisfa proprio la richiesta dei driver e inoltre garantisce una situazione “Win-Win”, ossia vantaggi per entrambe le parti.
«Se mi garantite l’anonimato, parlo». Un giovane dipendente di Divoora alle condizioni appena pattuite accetta di rilasciare dichiarazioni. «Io ho iniziato nel settembre dell’anno scorso, quando c’era ancora il contratto a cottimo, dove a ogni consegna effettuata prendevamo 8 franchi lordi e 1 franco e 50 netti per il veicolo. Poi a settembre di quest’anno hanno voluto introdurre il contratto a ore, dove il salario era di 21 franchi e 05 lordi per ogni ora lavorata e di 2 franchi netti per il veicolo. Nel frattempo hanno continuato ad assumere altri driver e così spesso e volentieri eravamo fermi senza ricevere neppure un ordine dai clienti, di conseguenza, dal momento che quel tempo lavoro era pagato, hanno dovuto versare parecchi salari pieni. Poi la svolta: ci hanno consegnato il nuovo contratto: 35 centesimi al minuto, ma questa tariffa parte solo dal momento in cui ricevo l’ordine, finché premo sulla App che ho consegnato l’ordine. Quindi se otteniamo poche comande non riusciamo neppure a coprire i costi del veicolo. Prendiamo una miseria. La gente deve sapere in quali inaccettabili condizioni lavoriamo».