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La nuova casa di Rete Uno e Rete Tre alla Rsi

Il direttore Mario Timbal spiega la decisione di mettere Rete Due nel Settore cultura mentre le altre due reti vanno al Dipartimento programma di Matteo Pelli

7 settembre 2021
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Le misure di risparmio presentate oggi dalla Rsi si inseriscono in una riorganizzazione dei processi decisionali e produttivi. «Da una parte abbiamo la semplificazione degli organigrammi di alcuni dipartimenti per avere un processo di decisione e di valutazione più snello, più rapido e anche più partecipativo; dall’altra parte lavoriamo sull’agilità della produzione, iniziando dall’analisi della produzione interna» spiega il direttore Mario Timbal. Un ruolo chiave lo rivestirà il ‘Commissioning Board’, il comitato dei programmi che sarà attivo da fine mese: «Un organismo trasversale, con compiti editoriali e che lavorerà a stretto contatto con la parte di produzione per cercare nuovi standard, nuovi formati, per accogliere le idee provenienti da tutta l’azienda. Sarà questo il cuore della gestione creativa dell’azienda». 

 

Quanto alla riorganizzazione dei dipartimenti, prevede il passaggio degli archivi dal Dipartimento programma e immagine a quello Cultura e società con l’obiettivo di meglio valorizzarne l’importanza culturale. E poi le radio: attualmente Rete Uno, Rete Due e Rete Tre, ognuna con un suo responsabile, fanno parte del Dipartimento cultura e società, nel settore Offerta lineare diretto da Sergio Savoia; in futuro Rete Due passerà al settore Cultura – per il quale sarà aperto un concorso per il ruolo di responsabile – mentre Rete Uno e Rete Tre confluiranno, insieme a Savoia, nel Dipartimento programma e immagine guidato da Matteo Pelli.

Mario Timbal, perché separare le tre radio?

Per ragioni funzionali. Rete Due entra nella ‘verticale’ della cultura perché quello è il suo ruolo e il suo mandato. E Rete Due ha, rispetto alle altre due reti, una costruzione più simile a quella televisiva, con programmi autonomi realizzati da redazioni; Rete Uno e Rete Tre hanno invece un flusso, dato dalla musica e dagli animatori, all’interno del quale ospitano alcune trasmissioni. Nella sua nuova collocazione Rete Due entrerà nelle competenze che poi andranno su tutti i vettori, mentre Rete Uno e Rete Tre ospitano i programmi realizzati dall’informazione, dalla cultura, dall’intrattenimento e per questo vanno sotto il Dipartimento programmi.

E si perdono i responsabili di rete.

A Rete Due resta Sandra Sain mentre per Rete Uno e Rete Tre ci sarà Sergio Savoia, coordinatore di entrambe le reti e poi il ‘Commissioning Board’ che al momento è concentrato soprattutto sulla televisione ma che assumerà un’importanza anche per la radio. Così facendo semplifichiamo la parte decisionale.

Ma Rete Uno e Rete Tre non potevano restare nell’attuale dipartimento?

Non sono Cultura e intrattenimento: il flusso delle due radio è programma. Ma credo che la domanda sia un’altra domanda.

In effetti sì: ha voluto dare Rete Uno e Rete Tre a Matteo Pelli?

Non è una stata una scelta ‘ad personam’. Chiaramente Matteo Pelli ha una grande conoscenza di radio, soprattutto per quanto riguarda i flussi con gli animatori: credo che lui e Sergio Savoia siano tra le persone più competenti in materia di radio in Ticino o almeno in Rsi e adesso lavoreranno insieme.

Questa riorganizzazione è anche una misura di risparmio?

Porta a un risparmio, ma i motivi di questa scelta sono funzionali. Andremo a mappare tutti i flussi decisionali e produttivi all’interno dell’azienda cercando di semplificare ogni passaggio non essenziale.

Per la guida del settore Cultura sarà aperto un concorso. Che tipo di profilo cercherete?

Spero di farmi stupire dai profili che arriveranno: vorrei figure che mostrino diversità perché la cultura in gran parte è questo, è diversità. Il concorso l’ho voluto aperto perché non credo ci sia un profilo unico: certo la conoscenza dell’azienda e della cultura del territorio sono punti importanti, ma vogliamo anche punti di vista, appunto, diversi.

Vista l’importanza della Rsi per la vita culturale della Svizzera italiana, e vista l’importanza della cultura per la Rsi, ho voluto aprire al massimo lo spettro e dare la possibilità a tutto il mondo culturale di pensare a delle proposte.

È già capitato che dei concorsi si chiudessero senza candidati di rilievo. Potrebbe accadere anche in questo caso?

Potrebbe, ma visto il dibattito che c’è stato intorno alla cultura alla Rsi sarebbe un peccato. 

Scoprire che, tra tutte le persone che si sono giustamente espresse criticamente nei confronti della Rsi, nessuno si fa avanti adesso che c’è la possibilità di contribuire sarebbe per me una delusione.

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