Nel Paese asiatico aumentano i sequestri
Dietro una grande casa, sei tigri si muovono in un recinto di cemento. È mattina nella provincia collinare di Thai Nguyen, nel nord del Vietnam, ma il caldo è già torrido. Gli estranei presenti nel cortile – un’équipe composta da esperti di animali del Centro di recupero della fauna selvatica di Hanoi e da rappresentanti del dipartimento di protezione delle foreste – sono qui per trasferire le tigri nella loro nuova casa, ma gli animali sono agitati per la presenza delle persone. Per calmarle, il proprietario ha offerto il loro cibo preferito: pollo intero e grossi pezzi di manzo. È un momento toccante per l’uomo di mezza età: «Per quasi 20 anni li ho trattati come se fossero miei figli», ha detto. «Ma sto invecchiando e la mia salute non è più stabile, così la nostra famiglia ha deciso di consegnare volontariamente le tigri a un luogo affidabile, in modo che possano essere seguite per il resto della loro vita». Sì, perché in diversi Paesi, c’è chi tiene le tigri come fossero animali domestici. E non solo in Vietnam: secondo le stime della Cites (Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione) oltre mille tigri vivrebbero in Europa in cattività. In Vietnam si ha ora una soluzione.
Secondo i dati raccolti dalle varie organizzazioni, tra cui WWF TRAFFIC, nel mondo ci sarebbero centinaia e centinaia di tigri in cattività, ma si stima che il numero reale sia molto più alto. E non parliamo solo degli zoo, ma anche di privati, che per capriccio decidono di acquistare illegalmente cuccioli di tigri per poi tenerseli in casa. In Asia il problema è molto diffuso. In Vietnam, insieme al WWF, sono stati creati diversi centri di soccorso. Uno di questi è l’Hanoi Wildlife Rescue Center, situato nella capitale del Paese. La struttura, gestita dallo Stato, è uno dei 23 centri di soccorso per animali del Vietnam e l’unico attrezzato per offrire un rifugio sia alle tigri consegnate spontaneamente sia a quelle confiscate dalle autorità. In tutto il Vietnam, quasi 400 tigri sono tenute in cattività in zoo, safari e strutture private, dove individui allevano gli animali per compagnia. Tuttavia, c’è anche un numero significativo di tigri tenute in allevamenti clandestini – spesso contrabbandate nel Paese dai vicini Laos, Cambogia e Thailandia – per essere allevate come animali domestici o per essere macellate nell’ambito del lucroso commercio illegale delle loro parti. Le tigri sono una specie in via di estinzione e in Vietnam – così come in tutto il mondo – è illegale cacciare, tenere o vendere le tigri o parti di esse. Il numero è aumentato così tanto, che è stato necessario dare vita a questi centri, che le accolgono dopo essere state tenute (in alcuni casi per decenni) tra le mura domestiche. Spesso, rimettere in libertà questi animali è impossibile, visto che non hanno problemi ad aggirarsi in un ambiente urbano.
Pur essendo la tigre un animale protetto dalle varie leggi internazionali, il suo commercio continua a prosperare in alcune parti dell’Asia, spinto da una domanda che vede la richiesta e l’utilizzo di tutte le sue parti. Le ossa che vengono usate nella medicina tradizionale per curare presunti disturbi come l’artrite o per fare una bevanda che viene mescolata al vino per il consumo e gli artigli, i denti, la pelle e persino i baffi che vengono apprezzati come amuleti o curiosità decorative. Quando le tigri vengono confiscate al commercio illegale o consegnate volontariamente dai proprietari, come a Thai Nguyen, vengono trasportate all’Hanoi Wildlife Rescue Center dove vengono curate insieme ad altri animali salvati, come uccelli e rettili. Da quando ha aperto i battenti nel 1996, il centro ha accolto e salvato più di 32’000 esemplari di oltre 100 specie diverse, dagli orsi malesi ai gibboni dalle guance bianche. Negli anni poi sono state create delle sezioni speciali per le tigri, visto che via via andava aumentando il numero di esemplari sequestrati. «Gli animali salvati di solito non sono in uno stato di salute ottimale, sono piuttosto inattivi e spesso hanno paura degli altri animali», spiega il direttore del centro Luong Xuan Hong. Per questo i veterinari sottopongono i nuovi arrivati a un controllo approfondito per individuare eventuali lesioni o malattie, prima di elaborare un programma di riabilitazione adeguato, che comprende attività per aiutarli a mantenere i loro istinti naturali. Una volta in salute, alcune specie – tra cui i pangolini del Borneo, i platisterni (sono delle tartarughe semiterrestri) e i cobra reali – vengono rimesse in libertà, nei vari parchi nazionali sparsi per il Paese. Cosa che però è impossibile fare con le tigri, che invece dipenderanno a vita da questi centri di recupero.
«Per animali come le tigri non c’è alcuna possibilità di rilascio in natura e dipendono da centri di soccorso come l’Hanoi Wildlife Rescue Center per fornire cure sicure e a lungo termine», spiega Michelle Owen, responsabile del WWF per il progetto USAID Saving Threatened Wildlife, che collabora con il governo vietnamita per contrastare il traffico di animali selvatici. In un recente pomeriggio estivo nuvoloso, una manciata di tigri ha fatto il bagno in vasche d’acqua di cemento, si è rilassata in ampi recinti pieni di vegetazione e si è soffermata su mazzi di foglie appesi alle gabbie in un ambiente tranquillo. Una volta terminato il periodo di quarantena, le sei tigri (tre maschi e tre femmine) sequestrate a Thai Nguyen – dove ha avuto inizio il nostro viaggio – si uniranno ai loro simili, e le loro giornate non saranno più confinate in angusti alloggi di cemento sul retro della casa di qualcuno. «Stanno facendo un ottimo lavoro», dice Owen del centro. «Ma sono al limite della capienza». Per fortuna, sono in corso progetti per espandere il sito di 2,5 acri. Oltre a lavorare con il centro di recupero, Owen e il suo team stanno assistendo il governo del Vietnam nella compilazione del primo database del DNA delle tigri in cattività, che registra i profili genomici unici dei felini insieme alle strisce della loro pelliccia. L’obiettivo? Aiutare le autorità a garantire che le strutture in cattività siano gestite in modo adeguato e a monitorare i loro spostamenti per ridurre al minimo il rischio che vengano trafficate per ricavarne parti, il tutto nell’ambito degli sforzi per proteggere le preziose tigri selvatiche rimaste in Asia.