Souvenir confiscati alla frontiera svizzera
Una collana di corallo per la nonna? Una bottiglia di whisky con dentro uno scorpione morto per il migliore amico? Le vacanze di Natale sono alle porte e molti turisti svizzeri si recheranno al caldo, volando verso mete del Sud-est asiatico o dell’Africa e, come spesso accade, ci si porta dei piccoli ricordini dai luoghi di vacanza. Purtroppo, non sempre tutti i souvenir sono completamente legali. Di solito non si rendono conto che hanno contribuito allo sfruttamento della natura, alla minaccia delle specie o alla sofferenza degli animali. La guida aggiornata del WWF sui souvenir fornisce un orientamento ed informa i viaggiatori su quali ricordini siano illegali e li aiuta a fare la scelta giusta. Basti pensare che ogni anno, alla frontiera svizzera vengono confiscate diverse centinaia di articoli di specie animali e vegetali protette, come carne di scimmia o braccialetti d’avorio. Questo può costare fino a 1 milione di franchi svizzeri in multe. René Kaspar, responsabile internazionale della conservazione delle specie del WWF Svizzera spiega: “La sensibilizzazione delle persone gioca un ruolo cruciale nella lotta al traffico di animali selvatici. I consumatori informati prendono decisioni migliori”.
Pelli di animali, coralli e tartarughe: tutti vietati. Per non parlare di carne di scimmia o prodotti realizzati con piante protette: tutta merce che è già stata trovata nelle valigie di viaggiatori e poi confiscata alla frontiera elvetica. In collaborazione con l’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria (UFV), il WWF ha sviluppato e rinnovato ulteriormente la guida ai souvenir, che oramai da anni è a disposizione dei viaggiatori. La guida contiene informazioni sui souvenir più comuni importati in Svizzera, elenca gli articoli vietati e fornisce consigli su che souvenir scegliere durante le vacanze. Chiunque venga riconosciuto colpevole di contrabbando, consapevolmente o meno, rischia una multa fino a 1 milione di franchi. Ma vediamo nel dettaglio cosa è vietato: animali vivi come serpenti, camaleonti o pappagalli. Bisogna essere muniti di un certificato di esportazione e vale ovviamente solo per animali che non sono a rischio estinzione. Quindi no, non si può prendere un serpente vivo al mercato e poi metterselo nella borsetta prima dell’imbarco. Ci sono anche i coralli o i gioielli e sculture realizzate con ossa di specie protette come elefanti, rinoceronti o balene. Vietati anche le pelli di animali di specie minacciate (ad es. tigri) e scialli di lana shahtoosh, così come prodotti medici e cosmetici realizzati con specie di animali e di piante a rischio di estinzione. Le borse e/o le scarpe in pelle di coccodrillo o serpente (a rischio estinzione) e anche diversi tipi di orchidee e cactus. Nel dubbio, meglio portarsi a casa solo bei ricordi e qualche foto.
I turisti devono informarsi sulle norme di importazione ed esportazione, preferibilmente in anticipo. È opportuno verificare l’origine dei souvenir e consultare la guida in caso di acquisto di oggetti che non è chiaro se siano stati prodotti legalmente. Gli animali vivi spesso provengono da catture selvatiche illegali. Quando si acquistano prodotti in legno o altri materiali naturali, è importante verificare la presenza di certificazioni come il sigillo FSC. Gli operatori che effettuano i controlli in aeroporto o lungo il confine, ne hanno viste di tutti i colori. C’è chi aveva acquistato carne di pangolino per il gusto di cucinarla una volta tornato a casa. I regali esotici che migliaia di viaggiatori portano con sé sono un motore del bracconaggio e del prelievo illegale di animali e piante dai rispettivi habitat. Ogni anno, diverse centinaia di esemplari di specie protette vengono confiscati alla frontiera svizzera. Le importazioni illegali più comuni sono dunque la “carne selvatica” (carne di pangolini, scimmie), scialli fatti con la lana dell’antilope tibetana (shahtoosh), caviale e animali vivi. Nell’ambito dei controlli sui viaggiatori, gli articoli in pelle di rettile, i pezzi di corallo e il caviale sono più frequentemente trovati addosso ai turisti e confiscati per mancanza di documentazione. Bisogna sempre ricordarsi che il bracconaggio è la seconda causa di crisi delle specie: secondo la Lista Rossa Internazionale, quasi il 30% delle specie animali e vegetali di tutto il mondo è in pericolo di estinzione. Più di 40’000 specie animali e vegetali sono protette dall’accordo commerciale internazionale CITES. Il commercio illegale ha un grave impatto negativo sulla fauna selvatica, sugli ecosistemi e sulla biodiversità globale.
Secondo il Living Planet Index del WWF, lo sfruttamento eccessivo di animali e piante – compreso il bracconaggio – è la seconda causa della crisi delle specie in corso, dopo la perdita di habitat. Quindi: quando si va ad acquistare souvenir in avorio o pelle di coccodrillo, bisogna sempre tenere a mente che si va a finanziare le organizzazioni criminali. Il bracconaggio e il commercio illegale di animali selvatici si sono trasformati in un’attività criminale di proporzioni globali. Ogni anno quest’affare, che vede coinvolte specie animali e vegetali minacciate, porta almeno 19 miliardi di dollari americani nelle casse di racket e gang operanti in tutto il mondo. E il bracconaggio è solo il primo anello di una lunga catena manovrata dalla criminalità: «Al Wildlife Crime sono riconducibili corruzione, frode, riciclaggio di denaro e violenza», afferma Doris Calegari, esperta di protezione delle specie presso il WWF Svizzera. L’origine di questo grave fenomeno risiede in Cina e nel Sud-est asiatico, dove negli ultimi anni un nuovo ceto medio con un grande potere d’acquisto sta facendo aumentare la domanda di prodotti provenienti dal commercio illegale delle specie. Il desiderio di possedere un oggetto ritenuto “status symbol”, la mancanza di conoscenze e la superstizione sono spesso i motivi che inducono ad acquistare avorio, ossa di tigre o polvere di corno di rinoceronte. Il bracconaggio ha raggiunto una portata tale da mettere in pericolo la sopravvivenza di numerose popolazioni e specie, la cui tutela rientra saldamente fra i nostri obiettivi. Il WWF ha, nella sua missione, anche la lotta a questo tipo di commercio.