Raccogliere il miele in sicurezza
Accovacciato, un mouli (in bengalese "raccoglitore di miele") controlla un telaino dell’alveare in un apiario del Bonphool Honey Collective, in India. Intorno a lui si sente il tipico rumore di migliaia di api al lavoro. Ronzano indaffarate tra le file di cassette dell’apiario. A quel punto il mouli usa un affumicatore di latta che emette fumo per calmarle mentre lavora. Quattro anni fa – i moulis, che si sono riuniti in una sorta di cooperativa – avrebbero potuto trovarsi immersi nel fango fino alle ginocchia in una fitta foresta di mangrovie e con dei bastoni per tenere alla larga le tigri. Invece oggi possono lavorare in un luogo sicuro vicino a un campo di senape. Tradizionalmente, infatti, raccolgono miele da alveari selvatici nelle profondità delle Sundarbans, una foresta costiera di mangrovie che si estende dal Bangladesh meridionale al Bengala occidentale in India. Ma le comunità della regione stanno cercando di stabilire pratiche più sicure, lontano dal territorio delle tigri. In passato, infatti, ci sono state vittime, su entrambi i lati. E ad oggi, le uccisioni per raccogliere il miele, rimangono il problema maggiore per le tigri, che vengono uccise preventivamente.
A seguito di numerose tigri uccise, per permettere alle persone del posto di raccogliere il miele in sicurezza, nel 2018 il WWF-India ha deciso di collaborare con la Direzione della Riserva della Biosfera di Sundarbans per fornire cassette per apiari ai raccoglitori di miele locali autorizzati nelle Sundarbans, con la speranza di generare mezzi di sostentamento e ridurre al minimo il conflitto uomo-tigre. Da allora, i raccoglitori di miele che raccolgono costantemente da queste aree recintate non hanno più avuto problemi e i casi di scontri tra uomo-tigre si sono ridotti a zero, mentre la produzione di miele è aumentata. Il lavoro richiede di attraversare le mangrovie alla ricerca di alveari selvatici, accendere un fuoco alla base di un albero in modo che il fumo calmi le api, quindi aprire l’alveare per raccogliere il miele. Oltre a incontrare le tigri che nuotano tra le isole di mangrovie, i moulis possono imbattersi in forti tempeste e altre minacce mentre cercano di guadagnarsi da vivere. Per questo motivo iniziano il loro compito con un canto a Ma Bonbibi, uno spirito guardiano riconosciuto da molte persone locali che dipendono dalla foresta per il loro sostentamento. Chiedono alla divinità di essere protetti dagli attacchi delle tigri mentre si addentrano nelle mangrovie. "Questa è la nostra vita", dice Mahua Pramanik. "Qui nelle Sundarbans, noi persone viviamo da sempre accanto alle tigri". Metodo che però viene messo in discussione sempre di più dalle nuove generazioni, che vogliono sì proseguire con il lavoro dei loro genitori, ma in sicurezza e senza dover uccidere altri animali.
Mahua Pramanik per anni ha rischiato la vita per sfamare la propria famiglia. Oggi, però, fa parte di una delle cooperative che ha deciso di usare un metodo più sicuro. "Stiamo facendo profitti e non dobbiamo rischiare la vita, perché è molto più sicuro. Ora installiamo fototrappole, sappiamo come muoverci e possiamo raccogliere il miele dai nostri alveari". Con questo metodo i moulis possono ottenere una resa molto più elevata, producendo oltre 60 tonnellate di miele in un periodo di tre mesi solo nelle Sundarbans. Finora sono stati formati circa 80 moulis che raccolgono il miele da 1’400 cassette apiarie nelle Sundarbans e in aree vicine come Nadia. Tradizionalmente, la raccolta del miele era un lavoro stagionale nelle Sundarbans, poiché le api selvatiche producono solo quando le mangrovie sono in fiore. Ma i moulis possono ora estendere il periodo di raccolta trasportando le loro cassette nelle aree agricole del Bengala occidentale, dove le api impollinano i campi di litchi, senape e coriandolo. Gli apicoltori bengalesi hanno formato diverse cooperative nelle Sundarbans e dintorni, tre delle quali vendono il loro miele con il marchio Bonphool Wild Honey. Il marchio è ora disponibile online in India e i moulis sperano di venderne anche a livello internazionale. In India il miele viene usato spesso come rimedio casalingo per le malattie, il che lo ha reso un bene prezioso durante la pandemia. Ora però le cooperative puntano anche ai mercati fuori dall’India, per avere una stabilità economica maggiore. Prima del progetto, erano soprattutto gli uomini ad occuparsi della raccolta. Oggi sono coinvolte maggiormente anche le donne della comunità. Le iniziative sul miele sono solo uno dei modi in cui il WWF aiuta le popolazioni dei Paesi dove vivono le tigri a far fronte alle numerose sfide che devono affrontare.
Si sta per concludere la prima settimana di COP27 sul clima in Egitto. L’esito della COP27 darà la linea di indirizzo per i prossimi vertici e dovrà dimostrare che la comunità globale è disposta ed è in grado di procedere con l’attuazione di azioni per il clima e la natura in tutto il mondo. Il WWF ha diverse richieste. Tutti i Paesi, in particolare quelli con le maggiori responsabilità e capacità, devono essere fortemente impegnati a combattere il cambiamento climatico e a non superare il budget di emissioni a breve, medio e lungo termine; la giusta transizione globale per eliminare i combustibili fossili e costruire sistemi energetici sostenibili, efficienti e rinnovabili dovrà essere accelerata piuttosto che ritardata nell’attuale contesto geopolitico; la comunità internazionale deve sostenere coloro che si trovano in prima linea nel fronteggiare gli impatti climatici e istituire uno strumento finanziario dedicato alle perdite e ai danni; i governi devono essere pienamente impegnati ad adottare misure sempre più ambiziose per attuare gli Accordi di Parigi; tutte le parti, gli stakeholders, gli osservatori della società civile, le popolazioni locali, le donne, i giovani e i rappresentanti delle comunità più vulnerabili devono avere accesso e influenza effettivi nei processi decisionali; l’azione per il clima deve contribuire e massimizzare la protezione, la gestione sostenibile e il ripristino degli ecosistemi, mantenendo e rafforzando il loro potenziale per la mitigazione e l’adattamento, in linea con i risultati già noti del Sesto Rapporto IPCC.