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La vaniglia che distrugge

Progetti sostenibili per salvare la foresta

Coltivazione sostenibile di vaniglia
18 febbraio 2023
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L’80% della vaniglia consumata nel mondo proviene dal Madagascar. La coltivazione e il commercio di questa materia prima ha portato nel Nord dell’isola più sicurezza economica per gli agricoltori, a discapito però della foresta pluviale, che pian pianino sta sparendo. Non solo, dopo quattro o cinque anni il terreno non è più utilizzabile. "Quello che a prima vista può sembrare una benedizione, in realtà è una maledizione". A dirlo è Oly Dannick Randriamanantena, Conservation Manager del WWF Madagascar, che in questi giorni si trova in Svizzera. Lo abbiamo incontrato a Zurigo. "Per anni le comunità locali stavano economicamente meglio rispetto alle popolazioni circostanti. Ma il prezzo da pagare per questo benessere è alto: la distruzione della foresta pluviale. Senza considerare le condizioni in cui molte famiglie sono costrette a lavorare e ai salari scandalosamente bassi. Vengono sfruttati. Questo è un sistema che con il tempo porterà nuovamente alla povertà. Con la differenza che avremo perso anche parte della foresta e degli ecosistemi essenziali per combattere i cambiamenti climatici e frenare l’erosione delle coste". Per questo motivo il WWF Madagascar, sostenuto dal WWF Svizzera, nel 2015 ha avviato una serie di progetti.

Proteggere la foresta

Uno dei progetti più importanti è stato avviato con il partner Helvetas nel 2018. "Pur vivendo meglio rispetto alle altre comunità – ci racconta Randriamanantena – lo standard di vita nelle zone del Nord rimane molto basso. Grazie agli aiuti del WWF, che offre lavoro all’interno delle aree protette, sono arrivati anche partner come Helvetas che garantiscono un accesso migliore ai mercati internazionali di vendita. La povertà della popolazione rurale viene quindi ridotta, ora e per le generazioni future". Il WWF, insieme ad Helvetas, nel contesto del progetto, sostiene i piccoli agricoltori e le aziende commerciali al fine di costruire catene di valore sostenibili per prodotti certificati e senza deforestazione, come la vaniglia. I criteri da rispettare sono elevati, ma, soprattutto, agli agricoltori viene pagato un prezzo migliore e stabile e hanno la garanzia che il compratore non si rivolgerà a chi vende la vaniglia a prezzi più bassi a discapito della foresta. "Questo ha motivato tante famiglie a partecipare ai nostri progetti – prosegue –. Gli stessi abitanti dell’isola non vorrebbero vedere distrutta la foresta. Ma prima erano spinti dalla grande povertà. Ora hanno l’occasione di prendersi cura della propria casa, senza dover soffrire la fame. "Sono oltre 1’500 (in costante aumento) i piccoli agricoltori che hanno aderito a questo progetto e che hanno imparato diverse tecniche agricole migliorate e adattate al clima. Vedono che c’è rispetto e osservano che i nostri agricoltori non devono abbandonare la terra dopo alcuni anni perché resa inutilizzabile".

Coltivazioni equosolidali

Il WWF è attivo negli altipiani settentrionali del Madagascar da oltre 20 anni. Nel 2015, insieme al governo e ad altre Ong ha fondato l’area protetta "Complexe d’Aires Protégées Ambohimirahavavy Marivorahona" (CAPAM), che si estende per oltre 500mila ettari di foresta, pari alle dimensioni del Canton Vallese. "Tuttavia – ci racconta Oly Dannick Randriamanantena – l’istituzione dell’area protetta da sola non è sufficiente". Per attuare con efficacia la conservazione delle foreste, il WWF sostiene la popolazione nella costruzione delle competenze e delle strutture per l’organizzazione e la gestione dell’area protetta. "Come parte del progetto, formiamo i membri delle comunità locali nello svolgimento di vari compiti di conservazione. Si effettuano, ad esempio, pattugliamenti nella foresta, si denunciano reati come l’abbattimento illegale di alberi e il bracconaggio e si riforestano determinate aree. In tal modo si preserva l’ecosistema della foresta pluviale, le persone riescono ad assicurarsi dei mezzi di sussistenza e, a lungo termine, anche la popolazione del sifaka candido (un lemure a rischio estinzione) aumenta". Vengono formati da consulenti agricoli in materia di metodi di coltivazione adattati al clima che proteggono il suolo e migliorano le rese. Imparano tecniche di agroforestazione e permacultura. I piccoli agricoltori non devono più cercare terreno fertile e possono vendere sul mercato locale i raccolti in eccesso di cui non hanno bisogno. Al contempo, i piccoli proprietari espandono la propria gamma di prodotti e imparano ad esempio a coltivare lo zenzero o le verdure. Questo ha il beneficio di renderli meno dipendenti dai prezzi del mercato internazionale dei singoli prodotti, talvolta soggetti a forti fluttuazioni (soprattutto la vaniglia).

Microcrediti alle donne

Randriamanantena lavora per il WWF da 15 anni. Per dieci anni si è occupato della riforestazione di mangrovie. Ha visto con i propri occhi i successi che si possono ottenere se si lavora insieme e si rispetta il territorio. Uno degli ultimi progetti ai quali è molto affezionato riguarda l’empowerment delle donne della sua terra: "Nel Madagascar, purtroppo, ancora troppo spesso l’ultima parola spetta all’uomo di famiglia o al più anziano. Per questo motivo abbiamo dato il via ad una serie di progetti che coinvolgono sin da subito le donne. Abbiamo assunto una persona che si occupa di gender, che crea corsi sia per uomini che per donne, aiutando le comunità a cambiare. Quando parliamo di sviluppo socio-economico, parliamo di donne che, una volta coinvolte, non solo contribuiscono in maniera eccezionale a questo sviluppo, ma spesso lo fanno anche in maniera più sostenibile. Le donne possono e devono svolgere un ruolo importante per frenare i cambiamenti climatici". A parte i corsi e la sensibilizzazione, il WWF Madagascar ha avviato una serie di micro-prestiti che vanno alle donne che lavorano a progetti ecosostenibili. Grazie ai vari partner, il WWF ha avviato un cambiamento culturale all’interno delle comunità, affinché la partecipazione delle donne venga riconosciuta sempre di più. "La strada è ancora lunga – conclude il nostro collega –, ma le cose iniziano a cambiare. Lo dobbiamo alle prossime generazioni. Il Madagascar ha una biodiversità unica al mondo. Ci sono oltre 2’200 specie autoctone. Abbiamo la crisi climatica che va affrontata. E bisogna fare tutto questo insieme. Noi facciamo la nostra parte. E voi?".