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Toccasana o bidone? Dentro la riforma del 2° pilastro

Dopo quella sulla 13esima Avs, altra aspra contesa sul futuro del sistema pensionistico. Si vota il 22 settembre: risposte alle principali domande

La riforma migliora la copertura pensionistica delle persone con redditi modesti e impiegate a tempo parziale, in buona parte donne
(Keystone)
21 agosto 2024
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Su che cosa votiamo il 22 settembre?

Su una riforma della previdenza professionale (vedi ‘Il glossario’ sotto per tutti i termini in corsivo), disciplinata dalla Legge federale sulla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità (Lpp). La revisione è stata adottata nel marzo 2023 dal Parlamento, che in precedenza aveva scartato un compromesso raggiunto tra sindacati e Unione svizzera degli imprenditori. Sindacati e sinistra hanno lanciato con successo il referendum. Se accolte, le modifiche dovrebbero entrare in vigore al più presto nel 2026.

Cosa prevede la riforma?

Il perno attorno al quale ruota è la diminuzione dal 6,8 al 6% dell’aliquota minima di conversione, ovvero il tasso che – al momento del pensionamento – viene applicato per convertire in rendita l’avere di vecchiaia accumulato durante la vita lavorativa. In questo modo però le rendite dei futuri pensionati subirebbero un calo del 12% circa. E la storia insegna: una diminuzione ‘secca’ dell’aliquota non ha chance alle urne (2010: 72,7% di no).

Sono state previste perciò svariate misure compensative, che consentirebbero – così scrive l’Ufficio federale delle assicurazioni sociali (Ufas) – di mantenere “globalmente” il livello delle rendite (“in alcuni casi” la riforma potrà tradursi in rendite più basse, ammette lo stesso Consiglio federale: ce ne occuperemo in un prossimo approfondimento). In particolare: a lungo termine, il rafforzamento del processo di risparmio, grazie a una ridefinizione della deduzione di coordinamento che amplia la parte del salario assicurato e quindi fa lievitare l’avere di vecchiaia; a corto termine: supplementi di rendita, a beneficio di chi rientra nella ‘generazione di transizione’.

La riforma contempla inoltre un abbassamento della soglia d’entrata nel 2° pilastro, misura che – unitamente alla ‘nuova’ deduzione di coordinamento – è destinata a estendere e migliorare la copertura assicurativa dei lavoratori (per lo più donne) con salari bassi, occupati a tempo parziale e/o con più impieghi. Infine, una diversa graduazione degli accrediti di vecchiaia dovrebbe consentire di rendere ‘meno care’ sul mercato del lavoro le persone ‘over 50’.


Infografica laRegione
Un articolato pacchetto di misure per riformare la previdenza professionale

A cosa deve servire?

I due parametri in base ai quali viene stabilita l’aliquota di conversione sono mutati da quando questa è stata ridotta, tra il 2006 e il 2014, dal 7,2 al 6,8%. La speranza di vita continua ad aumentare, perciò le rendite devono essere versate sempre più a lungo. E il rendimento ottenuto dalle casse pensioni per i loro investimenti sui mercati finanziari è tendenzialmente in calo dall’inizio del secolo (negli ultimi 10 anni è stato in media del 3,5%): ormai non raggiunge più il 5% necessario per ‘sopportare’ un’aliquota del 6,8% (anche se dopo il -9,2% del 2022, lo scorso anno la performance media è stata del 5,2%). La conseguenza: per una parte delle casse pensioni – quelle che forniscono solo le prestazioni minime contemplate dalla previdenza professionale obbligatoria, o che assicurano prestazioni di poco superiori al minimo legale (previdenza professionale sovraobbligatoria) – è diventato almeno sulla carta più difficile finanziare le rendite (in realtà, come ha illustrato il ‘Tages-Anzeiger’, anche molte di queste avrebbero preso precauzioni accantonando da tempo le risorse necessarie per convivere con l’aliquota attuale). Un tasso di conversione troppo elevato le obbliga infatti a pagare agli assicurati rendite più alte di quanto in teoria sia disponibile. Per coprire questo deficit di finanziamento, che cresce a ogni pensionamento, le casse sono costrette a ‘prelevare’ denaro dagli assicurati attivi, attingendo ai rendimenti prodotti dai loro averi di vecchiaia. Solo così riescono a versare ai pensionati le rendite stabilite per legge: un finanziamento trasversale ‘occulto’, che erode le future rendite dei lavoratori; e che è estraneo a un sistema fondato sul principio di capitalizzazione, nel quale ognuno risparmia per accumulare il proprio capitale di vecchiaia.

Chi è interessato?

Nemmeno l’Ufas è in grado di dirlo con esattezza. Quel che è certo è che non cambierà nulla per chi è già in pensione quando la riforma entrerà in vigore. Anche chi (già oggi sono in molti a farlo) al momento del pensionamento rinuncia a una rendita preferendo ritirare l’intero avere di vecchiaia, o una parte di esso, sfuggirà agli effetti dell’abbassamento dell’aliquota di conversione, o ne attenuerà le conseguenze.

Le ripercussioni saranno impercettibili per la grande maggioranza dei lavoratori che beneficiano di prestazioni ben al di sopra del ‘minimo’ stabilito dalla Lpp (regime sovraobbligatorio). Le loro casse pensioni già oggi applicano un tasso di conversione (è del 5,3% in media, era del 6,1% dieci anni fa) inferiore a quello previsto dalla riforma: si sono adeguate con anticipo ai mutamenti demografici e socio-economici in corso, risolvendo il problema da sole, senza attendere il legislatore.

Invece, a percepire in modo diretto – in un senso o in un altro – gli effetti di quest’ultima saranno le lavoratrici e i lavoratori (così come i loro datori di lavoro) affiliati a casse pensioni che offrono unicamente le prestazioni minime previste dalla legge, o le cui prestazioni superano di poco tale soglia. Parliamo di un terzo al massimo (un 20% con una parte minima di ‘sovraobbligatorio’, più un 12% in regime esclusivamente obbligatorio) dei 4,6 milioni di assicurati attivi con una copertura del 2° pilastro, affiliati al 12-16% degli oltre 1’300 istituti di previdenza esistenti.

Chi ci guadagna? Chi ci perde?

Secondo uno studio commissionato da Alliance F, la più grande organizzazione femminile svizzera, circa 360mila persone (essenzialmente con redditi modesti e poco o per nulla assicurate alla Lpp, di cui 275mila donne) vedranno le loro rendite aumentare o ne avranno una (l’Ufas calcola che circa 70mila persone, in buona parte donne, potranno essere assicurate per la prima volta e che altre 30mila con più impieghi a tempo parziale avranno ulteriori redditi assicurati nel 2° pilastro); per contro, altre 170mila (di cui 67mila donne; soprattutto persone con salari elevati, in là con gli anni e assicurate solo in regime obbligatorio) subiranno una perdita a livello di rendita Lpp, nonostante le compensazioni previste. Per 336mila donne e 176mila uomini (e per i loro datori di lavori) le trattenute salariali aumenteranno.

Gli effetti della riforma dipendono comunque in ultima analisi sia dalla situazione personale degli assicurati (carriera professionale, età al momento dell’entrata in vigore, salario), sia dalla ‘politica’ della loro cassa pensioni. La ‘ministra’ della previdenza Elisabeth Baume-Schneider (Ps) consiglia a tutti, per raccapezzarsi, di leggere il proprio certificato Lpp e di chiedere alla propria cassa pensione di simulare le conseguenze dei cambiamenti previsti.

Chi è a favore? Chi è contro?

La riforma è sostenuta dal Consiglio federale e dai principali partiti di destra (Udc, Plr) e del centro (Centro, Verdi liberali). Sono spalleggiati dalle principali organizzazioni economiche: Unione svizzera degli imprenditori, Economiesuisse e Unione svizzera delle arti e mestieri. Anche Alliance F è favorevole. Schierati in prima linea per il ‘no’ sono i sindacati, il Ps e i Verdi. Dà loro man forte un’alleanza dell’economia capitanata da GastroSuisse e dal Centre patronal (l’associazione dei datori di lavoro della Romandia) e formata da otto associazioni di settori caratterizzati da salari bassi (panettieri e pasticcieri, parrucchieri, centri fitness e benessere, stazioni di servizio, bar e gastronomia individuale, commercianti di carne). L’influente Unione svizzera dei contadini (contraria alla riforma ancora durante i dibattiti in Parlamento) si astiene dal formulare una raccomandazione di voto.

Perché votare sì?

  • Perché la previdenza professionale va adeguata alla realtà sociodemografica (aumento della speranza di vita) e a quella dei mercati finanziari (rendite in calo per le casse pensioni): solo così le casse pensioni che offrono unicamente le prestazioni minime, o poco più, potranno contare su basi finanziarie più solide e saranno dunque in grado di garantire le rendite per le generazioni future. Questo a tutto beneficio dei lavoratori attivi, per i quali si ridurrà il rischio di venire chiamati alla cassa attraverso il finanziamento trasversale a favore dei pensionati.
  • Grazie a misure di compensazione specifiche viene mantenuto, nel complesso, il livello delle rendite.
  • La riforma migliora la copertura assicurativa nel 2o pilastro (anche in caso di invalidità e decesso) delle persone con redditi modesti, impiegate a tempo parziale e/o che svolgono più lavori. È perciò una pietra miliare in particolare per le donne: saranno quattro volte di più a ottenere un incremento della rendita, rispetto a quelle per le quali calerà, stando a uno studio commissionato da Alliance F. E grazie all’abbassamento della soglia d’entrata, decine di migliaia di persone in più (anche qui soprattutto donne) potranno affiliarsi per la prima volta a una cassa pensioni.
  • Il ‘gender gap’ (divario di genere) a livello di pensioni verrebbe ridotto.
  • La riduzione degli accrediti per i lavoratori più anziani rende questi ultimi più attrattivi per i datori di lavoro.

Perché votare no?

  • Perché molte persone dovrebbero versare contributi salariali più elevati nel 2o pilastro (2,1 miliardi all’anno, complessivamente; fino a 2’400 franchi per ciascun lavoratore), senza ottenere in cambio alcunché. Anzi: soprattutto chi lavora in settori a bassi salari e chi ha più di 50 anni vedrebbe la propria rendita – già in calo da anni – diminuire ulteriormente, fino a 271 franchi al mese. I sindacati parlano di “progetto di smantellamento”, di “fregatura” e “furto delle pensioni” da parte dell’“industria finanziaria”.
  • Non viene mantenuta la promessa di migliorare la situazione assicurativa delle donne nel 2o pilastro. La riforma infatti non prevede alcuna compensazione per gli svantaggi associati alle interruzioni di carriera, né per la diseguale ripartizione del lavoro retribuito tra uomini e donne. E non risolve nemmeno il problema della compensazione del rincaro.
  • Siamo usciti dall’epoca dei tassi negativi; e da un paio d’anni a questa parte le casse pensioni realizzano di nuovo lauti rendimenti sui mercati finanziari. La riforma – sostiene Pierre-Yves Maillard, presidente dell’Unione sindacale svizzera – è “anacronistica”. Tanto più che persino la Commissione di alta vigilanza Lpp afferma nel suo ultimo rapporto annuale che dal 2021 non si è assistito ad “alcuna redistribuzione significativa” tra assicurati attivi e pensionati.
  • Le casse pensioni stanno accumulando riserve sproporzionate a spese degli assicurati; e i costi amministrativi sono destinati a crescere: di questi aspetti la riforma non tiene conto.
  • Ad approfittarne – guadagnando miliardi a scapito degli assicurati – sarebbero in primo luogo banche, broker e compagnie di assicurazione, che gestiscono i fondi delle casse pensioni.

Il glossario

I termini da sapere

  • Accrediti di vecchiaia I contributi versati sul salario, corrispondenti a una percentuale del salario coordinato (la parte di salario assicurata obbligatoriamente). Vanno a costituire l’avere di vecchiaia. Variano in funzione dell’età dell’assicurato.
  • Aliquota minima di conversione È il tasso che, al momento del pensionamento, viene applicato all’avere di vecchiaia accumulato durante la vita lavorativa (attraverso i contributi salariali versati da lavoratori e datori di lavoro) per convertire quest’ultimo in rendita. Esempio: per un avere di vecchiaia di 100mila franchi, oggi (con un’aliquota del 6,8%) si riceve una rendita di 6’800 franchi; un domani (con un’aliquota del 6%) si riceverebbe una rendita di soli 6mila franchi, inferiore del 12% circa a quella attuale.
  • Avere di vecchiaia Il capitale accumulato da un assicurato durante la vita lavorativa, che finanzia la sua rendita. È la somma delle prestazioni di libero passaggio (interessi compresi), degli accrediti di vecchiaia (idem) e dei riscatti volontari (idem).
  • Casse pensioni Ogni datore di lavoro è tenuto a costituire un proprio istituto di previdenza (cassa pensioni) o ad affiliarsi a uno esistente (collettivo o comune). In Svizzera ve ne sono oltre 1’300.
  • Deduzione di coordinamento La quota di salario non assicurato obbligatoriamente nel 2o pilastro (oggi: 25’725 franchi). Nella previdenza professionale obbligatoria non è assicurato l’intero salario. Per il calcolo del salario assicurato viene dedotto un importo già assicurato nell’Avs: la deduzione di coordinamento. Oggi questa è fissa (25’725 franchi), a prescindere dal grado d’occupazione.
  • Generazione di transizione Ne fanno parte le persone cui all’entrata in vigore della riforma mancheranno 15 anni o meno alla pensione (se la riforma entra in vigore nel 2027: gli uomini nati tra il 1962 e il 1976, le donne nate tra il 1962 e il 1977). Riceverebbero un supplemento di rendita, poiché in questo lasso di tempo più o meno breve non riuscirebbero ad aumentare il loro avere di vecchiaia abbastanza da compensare la riduzione dell’aliquota minima.
  • Previdenza professionale Introdotta nel 1985, regolata dalla Legge federale sulla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità (Lpp). È il 2o dei tre pilastri sui quali poggia il sistema di previdenza per la vecchiaia (1o: Avs, previdenza statale; 3o: previdenza privata). Stando alla Costituzione deve consentire agli assicurati – unitamente all’Avs – un adeguato mantenimento del tenore di vita dopo il pensionamento. Copre anche i rischi di decesso e invalidità. Si basa sul principio di capitalizzazione: gli assicurati (e i loro datori di lavoro) versano contributi salariali per finanziare la propria rendita.
  • Previdenza professionale obbligatoria Vi sono assicurati tutti coloro che svolgono un’attività lucrativa, se questa è svolta per più di tre mesi e genera (presso un unico datore di lavoro) un salario annuo compreso tra la soglia d’entrata (22’050 franchi, vedi sotto) e 88’200 franchi. Le regole di questo ‘regime obbligatorio’ (l’aliquota minima di conversione, ad esempio: vedi sotto) sono contenute nella Lpp.
  • Previdenza professionale sovraobbligatoria Molte casse pensioni assicurano anche salari più elevati: si parla di ‘regime sovraobbligatorio’. In tali casi applicano un’aliquota ‘mista’, inferiore a quella minima (oggi è in media del 5,3%). La condizione: la rendita dev’essere almeno uguale a quella che un assicurato riceverebbe con un tasso del 6,8%.
  • Soglia d’entrata La soglia minima di salario (oggi di 22’050 franchi) che una persona deve raggiungere (presso un unico datore di lavoro) per poter essere assicurata obbligatoriamente alla Lpp.