Pierre-Yves Maillard, presidente dell’Unione sindacale svizzera, è in prima linea contro la riforma Lpp. ‘Dire sì è firmare un assegno in bianco’
Sindacati che difendono la classe media; partiti borghesi e organizzazioni padronali che difendono i redditi bassi, i lavoratori part-time e le donne: sembra il mondo alla rovescia. Non lo trova strano?
Chi, come le donne dei partiti di destra e del centro, ha voluto ad ogni costo che le donne lavorassero un anno di più, sa di avere la cattiva coscienza e adesso cerca di recuperare facendo credere che questa riforma sia la giusta compensazione. Purtroppo non è così.
Perché? Decine di migliaia di donne saranno assicurate per la prima volta al 2o pilastro; e aumenterà la rendita di 275mila donne impiegate a tempo parziale e con salari bassi.
Le grandi organizzazioni padronali hanno sempre criticato i tempi parziali. Ora, improvvisamente, sarebbero diventate le loro grandi amiche. Difficile da credere.
Sta di fatto che il saldo di questa riforma è positivo, soprattutto per le donne: saranno più numerosi coloro che ci guadagnano di quelli che ci perdono.
La realtà è che si amplia l’obbligo assicurativo per i redditi più bassi. Ma questo costa caro, in termini di salario netto. Per ottenere in cambio rendite comunque modeste, perché il sistema Lpp non permette di avere buone rendite a partire da bassi salari. Rendite che per giunta saranno dedotte dalle prestazioni complementari, perché queste persone saranno comunque costrette a richiedere le Pc una volta andate in pensione.
Secondo lo studio commissionato da Alliance F, 360mila persone vedranno la propria rendita Lpp aumentare.
Questo studio racconta solo metà della verità: parla solo di possibili miglioramenti delle pensioni di anzianità, ma non menziona mai il loro costo! Faccio un esempio: alcune persone vedranno aumentare i loro costi di 150 franchi al mese per avere una pensione che migliora di pochi franchi. È evidente che si tratta di un cattivo affare!
La riforma è stata pensata anzitutto per ‘sgravare’ le casse pensioni che garantiscono il ‘minimo’ Lpp, o poco più, dal fardello delle realtà demografica e dei mercati finanziari. Contestate la necessità di abbassare l’aliquota di conversione?
Se si è voluto ampliare a tal punto il salario assicurato, è soprattutto perché bisognava compensare il calo generalizzato delle rendite Lpp [del 12% circa, ndr] dovuto alla diminuzione del tasso di conversione. Noi saremmo stati aperti a un’estensione del salario assicurato, più moderata e progressiva rispetto alla soluzione scelta [deduzione di coordinamento variabile, pari al 20% del salario assicurato; abbassamento della soglia d’entrata a 19’845 franchi, ndr], che ha un impatto brutale sul salario netto. Ma non per compensare una diminuzione del tasso di conversione, che è il cuore di questa riforma.
Potreste accettare una diminuzione scaglionata, su più anni, del tasso di conversione?
Noi eravamo entrati in materia su un compromesso [poi sottoscritto da sindacati e Unione svizzera degli imprenditori, ndr] che prevedeva un abbassamento del tasso di conversione, ma che garantiva a tutti di non subire perdite a livello di rendita Lpp. Purtroppo questo compromesso – elaborato su mandato del Consiglio federale – è stato abbandonato. E così adesso abbiamo una riforma che provoca delle diminuzioni di rendita. Di quanto, e per quante e quali persone, è impossibile dirlo: nemmeno il Consiglio federale è in grado di farlo. Con questa riforma non si può dare alcuna garanzia. Dire sì è firmare un assegno in bianco. Il contesto, inoltre, è cambiato.
A cosa si riferisce?
Le condizioni che giustificavano all’epoca questo abbassamento del tasso di conversione non sono più riunite: i tassi d’interesse sono tornati positivi, e persino la Commissione di alta vigilanza della previdenza professionale riconosce che il finanziamento delle rendite dei pensionati a partire dagli attivi delle lavoratrici e dei lavoratori non ha più luogo.
Non è un’inversione di tendenza, riconosce la stessa Commissione.
D’accordo, ma questa storia del ‘finanziamento trasversale occulto’ è sempre stato un fenomeno piuttosto teorico.
Quattro miliardi e mezzo di franchi all’anno in media dal 2014 non è proprio ‘teoria’...
Quel che conta alla fine sono i tassi di copertura delle casse pensioni: e questi si sono rafforzati negli ultimi anni. Non esiste alcun problema di solvibilità. Anzi: le casse pensioni negli ultimi vent’anni hanno accumulato eccedenze finanziarie per complessivi 150 miliardi di franchi: le riserve non sono mai state così elevate. Non si capisce bene dove starebbe questo deficit a livello di finanziamento delle rendite. Certo, tra regime obbligatorio e regime sovraobbligatorio, è difficile fare la parte dell’uno e dell’altro. Ma globalmente il sistema del 2o pilastro è perfettamente finanziato. È addirittura sovrafinanziato: le casse pensioni, negli anni di tassi negativi, hanno piazzato il denaro in svariati prodotti, tra cui azioni e immobili; e quando il denaro è a buon mercato, il valore di questi attivi aumenta. Ciò che ha più che compensato i minori rendimenti sulle obbligazioni. Dopo aver massicciamente abbassato le rendite nel regime sovraobbligatorio [oggi il tasso di conversione medio è del 5,3%, ndr], non c’è alcuna ragione di mettere sotto pressione quelle del regime obbligatorio. Questa storia deve finire: non c’è più margine per un ulteriore abbassamento delle rendite. Oggi la pensione media [Avs più Lpp, ndr] di una persona sola non arriva nemmeno a 4mila franchi. Come volete vivere in questo Paese con una simile rendita, dopo aver lavorato duro tutta la vita?
D’accordo: mantenere o migliorare la propria rendita Lpp costerà molto caro. La rendita Lpp però è anzitutto il risultato di problemi strutturali (la minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, le disparità salariali tra uomini e donne), non della legge in sé. Non sbaglia bersaglio, sparando su questa riforma?
Così com’è concepito il sistema, oggi per arrivare a superare il livello delle Pc [il minimo vitale, ndr] bisognerebbe avere almeno 1’500 franchi di rendita mensile Lpp. Se, grazie alla riforma, la vostra rendita sarà leggermente superiore, beh… ciò che avrete guadagnato lo dovrete ‘restituire’ alle prestazioni complementari. Non serve a nulla dunque prelevare contributi sui salari bassi: perché, alla fine, non farà alcuna differenza sul reddito che avrete una volta in pensione. La Lpp è stata concepita soprattutto per la classe media, che non ha accesso alle Pc. Il paradosso di questa riforma è che, da un lato, estende il salario assicurato delle persone con redditi bassi (anche se poi, a causa della concorrenza con le Pc, i vantaggi teorici di tale misura vengono vanificati); dall’altro, tende ad ‘atrofizzare’ il capitale delle persone con un reddito vicino al ‘massimo’ Lpp [88’200 franchi, ndr], penalizzando dunque la classe media.
Le pensioni del 2° pilastro delle donne sono oggi in media di un terzo inferiori a quelle degli uomini: questa riforma contribuisce quantomeno a ridurre leggermente il divario pensionistico di genere. Meglio di niente, no?
Prenda l’esempio di una donna che guadagna 30mila franchi all’anno. Adesso paga contributi Lpp solo su 5mila franchi [è un’approssimazione del salario assicurato calcolato con l’attuale deduzione di coordinamento fissa di 25’725 franchi, ndr], per un importo [variabile a seconda dell’età, ndr] di circa 20 franchi al mese. Se la riforma passa [con una deduzione di coordinamento pari al 20% del salario], pagherà contributi Lpp su 25mila franchi circa: fanno circa 120 franchi al mese. Il suo salario netto subirà dunque una riduzione di circa 100 franchi al mese. Guadagnerà per contro circa 2’500 franchi di capitale ogni anno. Se le mancano 20 anni alla pensione, con la riforma accumulerà 50mila franchi in più di avere di vecchiaia. Con un tasso di conversione del 6%, fanno 3mila franchi in più di rendita annua: nemmeno 300 franchi al mese! Si può pensare che questa sia la soluzione per colmare il divario pensionistico di genere: ma è ridicola!
Questa riforma, nonostante tutto, tende a far aumentare le rendite per i redditi bassi. Contestate anche questo?
Tendenzialmente è abbastanza giusto. Ma poi dipende dall’età, dall’avere di vecchiaia accumulato alla fine della vita professionale. Dipende, non è affatto detto che sia così. Per uno stipendio mensile di 3’500 franchi, la riforma comporterà un aumento annuale dei contributi Lpp tra i 1’500 e i 2’500 franchi (a seconda dell’età) per avere appena 2mila franchi di pensione in più all’anno, ovvero meno di 200 franchi al mese di rendita Lpp aggiuntiva. Il bilancio della riforma è quindi già negativo per stipendi mensili di circa 3’300 franchi al mese. È un po’ come se il suo datore di lavoro le dicesse: ‘Il suo salario non diminuirà. Ma per avere lo stesso salario, dovrà lavorare due ore in più alla settimana’. E poi mi lasci dire una cosa: gli stessi che a suo tempo ci dicevano che un prelievo solidale dello 0,5% su tutti i salari – previsto nel compromesso respinto dal Parlamento – sarebbe stato insopportabile, adesso non si fanno problemi a imporre a settori come la ristorazione, l’agricoltura e la vendita al dettaglio un aumento del 2-3% della massa salariale. Gastrosuisse calcola maggiori costi dell’ordine di 200 milioni di franchi!
È relativamente facile dire di no. Ma quale sarebbe l’alternativa, con questo Parlamento dove la maggioranza di centro-destra bloccherebbe progetti più ambiziosi?
Se vogliamo davvero aumentare le rendite Lpp, c’è una sola cosa da fare: introdurre anche qui, com’è stato fatto nell’Avs, degli accrediti per compiti educativi e assistenziali. Lo abbiamo proposto. Ma gli stessi che pretendono di fare una riforma nell’interesse delle donne, non ne hanno voluto sapere. Di cose da fare comunque ce ne sarebbero. A cominciare da un ‘tetto’ alle spese amministrative e per la gestione dei capitali da parte delle casse pensioni: parliamo di 8 miliardi di franchi all’anno, dai quali potrebbero facilmente essere ricavati 2-3 miliardi di franchi all’anno da destinare, ad esempio, agli accrediti a cui accennavo. Potremmo anche aumentare il salario assicurato: non in un sol colpo, ma moderatamente e gradualmente, in modo da preservare il potere d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori.
Nessuna iniziativa popolare per abolire il 2o pilastro?
[ride] No. Pensiamo che si possa fare di meglio, con questo 2o pilastro: renderlo più solidale, più efficace. Faremo delle proposte.