Rientrato in Ticino, Ricky Petrucciani rivive il suo sogno olimpico. E dà appuntamento a Parigi 2024
Ci rivedremo tra tre anni. Più che un auspicio, è una promessa. La promessa con cui Ricky Petrucciani si è congedato dalla ribalta olimpica in Giappone dando appunto appuntamento ai suoi avversari a Parigi 2024. A qualche giorno di distanza dall'incredibile avventura della semifinale olimpica sui 400 m, l'emozione vissuta la sente ancora tutta il 21enne onsernonese. Anche a quasi diecimila chilometri di distanza. «Sì, anche se sono ormai rientrato in Svizzera, e in Ticino, il 'film' di quest'Olimpiade l'ho ancora ben visibile nella mia testa – racconta Petrucciani –. È stato qualcosa di incredibile. Mi spiace solo non essere potuto restare lì ancora qualche giorno in più, almeno per seguire la finale del 400 m. Anche se non da protagonista diretto, mi sarebbe piaciuto esserci e viverla allo stadio, rivedendo alcuni di quei protagonisti che fino a un paio di giorni prima hanno fatto gara con me battersi per una medaglia».
Riavvolgiamo la bobina del film olimpico di Ricky: come hai vissuto i tuoi primi GIochi da protagonista? «Un'avventura che abbiamo iniziato passando dal campo di allenamento a Tsukuba, dove per una settimana abbiamo affinato la preparazione. A Tokyo e al villaggio olimpico mi sono trasferito il giovedì precedente la mia gara, facendomi letteralmente avvolgere dall'atmosfera olimpica. L'aria che vi si respira è qualcosa di unico, quasi impossibile di descrivere a parole. C'erano tutti quei grandi campioni che fino a qualche mese prima ammiravo dallo schermo di una tele, e che invece lì, e per tutta la durata del mio soggiorno nel villaggio, avevo la possibilità di incrociare in carne e ossa». Che sensazione hai provato invece allo stadio? E l'assenza del pubblico, come l'hai percepita? «Anche lì l'ambiente era unico, ben diverso da come me l'ero immaginato... Il pubblico? Sarebbe stato ancora più speciale correre in uno stadio gremito, sì, ma in tutta franchezza per me non ha fatto grande differenza. È vero che al primo impatto, entrando in uno stadio così immenso, quando l'occhio va a posarsi sui seggiolini vuoti, una certa sensazione strana la avverti, ma poi tutto diventa relativo: quando ti presenti ai blocchetti di partenza la concentrazione è massima, e non presti attenzione agli spalti».
Come è andata col caldo e l'umidità? «A Tsukuba, nel pre-camp, le condizioni erano ideali. Poi, a Tokyo, caldo e umidità si sono fatti sentire. Soprattutto nelle qualificazioni, dove la temperatura rasentava i 39-40 gradi. Correre in quelle condizioni non è stato evidente... È andata un po' meglio nelle semifinali, quando la colonnina di mercurio è arrivata 'solo' a 31 gradi».
A Tokyo ci sei arrivato portando in dote il titolo europeo U23 conquistato pochi giorni prima a Tallinn (facendo tra l'altro segnare il nuovo record svizzero di categoria e personale in 45"02), ripartendovi con in tasca la semifinale raggiunta sul giro di pista: risultati che rappresentano il preludio di una carriera tutta in divenire. «Tanto quello ottenuto in Estonia, quanto quello in Giappone sono risultati di valore notevole per me. Ci tenevo a fare bene a Tallinn: quella gara era il mio grande obiettivo stagionale. E alla fine mi sono messo al collo l'oro; una soddisfazione immensa: diventare campione europeo U23 è qualcosa di straordinario. Come straordinario è stata la semifinale raggiunga alle Olimpiadi: sia per il risultato in sé (già il fatto di poterci essere era come un sogno che si avverava, il fatto che sia arrivato fino al penultimo atto lo ha reso ancora più speciale), sia per l'impagabile esperienza vissuta in quei memorabili giorni. Quella è una passerella dedicata a pochissimi, ai migliori, e averla potuta calcare, facendomi onore, è una cosa di cui posso andare fiero. A Tokyo, poi, è andata in scena una sorta di rivincita con alcuni degli avversari che avevo battuto nella capitale estone, e ancora una volta l'ho spuntata io. Il che dimostra che ora come ora tra gli Under 23 europei sono l'uomo da battere: sicuramente un bel punto di partenza per affrontare l'ultima parte della stagione». Già, perché calato il sipario sulle Olimpiadi, l'annata agonistica di Ricky Petrucciani va avanti... «Non saranno tantissimi appuntamenti, massimo tre o quattro gare, ma comunque impegnative. Ci sarò anche ad Athletissima (il 26 agosto, ndr); non per la gara che rientra nel palinsesto della Diamond League, ma per il 400 m che figura comunque nel programma principale del meeting della Pontaise».
Con i tuoi ventun anni compiuti da poco più di un mese, eri anche il più giovane tra tutti i semifinalisti dei 400 m: cosa hai provato nel trovarti fianco a fianco di campioni navigati sulla breccia da anni? «Quando ti ritrovi al fianco di gente così, con un palmarès da capogiro e capaci di tempi straordinari, provi prima di tutto grande rispetto. Analizzando la loro prova, puoi soltanto imparare da campioni di questa stoffa. Sia sul loro comportamento in gara, sia per l'atteggiamento che assumono negli istanti che la precedono, davanti alle telecamere e pure prima di entrare in pista. Campioni così non puoi che guardarli con gli occhi di chi vuole imparare, specie per uno come me, che era appunto il più giovane tra i semifinalisti, anche se non in assoluto dei 400 m: quello era l'italiano Scotti (bronzo a Tallinn), eliminato però in batteria».
Emozioni, quelle regalate da Ricky Petrucciani, seguite con occhi attenti a diecimila chilometri di distanza da papà Maurizio e da parecchi altri ticinesi: sentivi il 'peso' di questi occhi puntati su di te? «Familiari e amici non hanno mancato di scrivermi per complimentarsi con me. Li ho costretti a una levataccia per guardarmi, ma spero di averli ripagati come da loro aspettative. A farmi piacere è stato anche il commento di Enrico Cariboni e Debora Carpani ai microfoni della televisione: mi piace andare a rivedere le mie gare per sentire cosa si dice di me. I complimenti che ho ricevuto mi fanno un immenso piacere».
Iniziata con un personale di 46"15, la tua stagione si è fatta via via più veloce, con un tempo che sul giro di pista è sceso fino al 45"02 di Tallinn, a soli tre centesimi dal primato svizzero assoluto di Mathias Rusterholz. Peccato solo non averlo replicato a Tokyo (45"64 in batteria e 45"26 in semifinale)... «Impossibile da replicare il tempo di Tallinn non lo era, ma comunque non facile da realizzare. In batteria sono partito forse troppo veloce, pagando un po' nel finale. Memore di questo, in semifinale ho cercato di dosare meglio le energie, riuscendo a limare quasi quaranta centesimi. Ma non ero nella corsia ideale per il tempone: fossi stato in una centrale, forse avrei anche potuto limare qualche ulteriore centesimo. Al di là di tutto sono comunque contentissimo di quanto fatto alle Olimpiadi; posso sentirmi pienamente appagato da questo risultato». Adesso c'è però un altro obiettivo da inseguire: il record di Rusterholz è ormai vicinissimo... «Sì, a questo punto il primato svizzero diventa il mio obiettivo per l'ultima parte della stagione. Ci proverò, e vedremo come andrà a finire... Ad ogni buon conto anche se non dovessi riuscirci, il bilancio complessivo di quest'annata è più che positivo: il primato sarebbe come la ciliegina sulla torta. E poi... ho comunque parecchio tempo davanti a me per riuscire a batterlo prima o poi». Quali invece le tue aspirazioni a medio termine sul piano internazionale? «Dopo aver vinto l'oro europeo U23, il prossimo passo naturale che mi piacerebbe compiere è quello di salire sul podio continentale assoluto: quello sarà l'obiettivo per il 2022. Allo stesso tempo cercherò di ritagliarmi un po' di gloria ai Mondiali di Eugene».