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Jannik Sinner, più forte di tutti e di tutto

Giunto a New York travolto dalle polemiche per il suo presunto doping, l’altoatesino ha saputo mantenersi freddo e immune a insinuazioni e provocazioni

In sintesi:
  • Lucido e inscalfibile nel gestire lo tsunami di polemiche seguite alla notizia della sua assoluzione malgrado i due controlli antidoping non superati, il tennista italiano ha risposto nel modo che meglio gli riesce: sul campo.
  • Tranne Novak Djokovic e Carlos Alcaraz, che però in questo finale di stagione paiono aver esaurito la benzina, al giorno d'oggi non c'è alcun tennista capace di tener testa al numero uno delle classifiche, né tecnicamente né nella gestione psicologica delle partite
10 settembre 2024
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Sono tante le ragioni che rendono gli Us Open, tradizionalmente, lo Slam più incerto della stagione. La superficie veloce ma non troppo e i rimbalzi alti offrono una sorta di ideale medio per i tennisti di questa epoca, che tornano competitivi dopo le difficoltà attraversate nelle bizzarre e complicate superfici europee, la terra e l’erba. Il tabellone allora sembra più aperto, i candidati di più. Non ci sono turni scontati. Soprattutto, si gioca alla fine dell’anno, quando le gambe ormai sono gelatina e i vuoti mentali sono dietro l’angolo. Agli Us Open si cade come nella giungla vietnamita, senza nemmeno fare in tempo ad accorgersi del pericolo incombente.

E così Carlos Alcaraz e Novak Djokovic, reduci da una sfibrante finale per l’oro olimpico a Parigi, sono finiti in pezzi contro avversari modesti. Lo spagnolo è stato eliminato dal metronomo olandese Botic van de Zandschulp; il serbo ha ceduto alla furia agonistica dell’australiano Alexey Popyrin. Alcaraz e Djokovic avevano fatto finale negli ultimi due grandi tornei stagionali: Wimbledon e Giochi olimpici. Nessuno dei due ha fatto in tempo a entrare nella seconda settimana del torneo. A quel punto restava un grande favorito, il numero uno del mondo: Jannik Sinner.

Oggi che guardiamo le sue foto col trofeo in mano, animato da una modesta felicità dopo aver battuto un volenteroso ma dimesso Taylor Fritz, ci sembra tutto scontato. Il tabellone tutto sommato agevole, le vittorie quasi sempre in tre set, la sensazione di dominio e controllo sulle variabili del tennis. Una vittoria burocratica. Eppure non c’è niente di scontato in questo successo.

Un periodo da incubo

Sinner arrivava agli Us Open nel momento più difficile della carriera: la posizione di numero uno contestata nei discorsi e nei fatti, problemi fisici, risultati altalenanti e uno scandalo di doping scoppiato a una settimana dall’inizio dello Slam. Non si può immaginare un modo peggiore per prepararsi a New York. Dopo un inizio d’anno favoloso, il suo rendimento si era normalizzato nella stagione europea, con diversi problemi fisici e una generale diminuzione delle energie. Non ha partecipato ai Giochi Olimpici - suo dichiarato obiettivo stagionale - per una tonsillite, e ha saltato parte della preparazione. E poi il cataclisma.

Dopo la vittoria al torneo di Cincinnati è stato comunicato che al torneo di Indian Wells Sinner non aveva superato due controlli antidoping, e che nel suo corpo erano state trovate piccole tracce di Clostebol (steroidi). Sinner è stato giudicato innocente da un pool di esperti; è stato riconosciuto che il quantitativo di sostanza non gli dava vantaggio competitivo, che la contaminazione è stata accidentale. Sinner è riuscito a dimostrarlo con una ricostruzione coerente.

Questo non lo ha messo al riparo dalle critiche e da una crisi di immagine. Giornalisti, opinionisti, giocatori ed ex giocatori si sono pronunciati sul caso e in pochi hanno preso le sue difese o comunque creduto del tutto alla sua innocenza. ‘È stato giudicato innocente e ci dobbiamo fidare, ma…’: Tranne rari casi, le posizioni dell’opinione pubblica sono state queste. Nemmeno i suoi colleghi gli hanno concesso parole di sostegno o quanto meno fiducia. Il protocollo antidoping è stato spesso ingiusto in passato, condannando giocatori oltre le proprie colpe. A Sinner non è stato perdonato che il giudizio, per lui, numero uno del mondo, non sia stato su questa linea, ovvero sproporzionalmente severo, ingiusto. Il fatto che sia riuscito a cavarsela dimostrando compiutamente la sua innocenza, rispettando tutte le normative e i protocolli, è stato guardato con sospetto.

Non pochi nemici

Nick Kyrgios, giocatore (ex?) e opinionista di Espn ha avviato una campagna mediatica contro Sinner. Attorno ha raccolto un circolo social di complottisti, troll, provocatori e persone con cattivi pensieri. Sui social si è creato un rumore incessante attorno a Sinner, e ha preso forma un’impressione tremenda, quella che sarebbe stato sempre associato al marchio morale della parola doping; ogni successo, ogni traguardo, ogni momento felice sarebbe stato decorato da un asterisco. Per molti la finale contro Taylor Fritz era una resa dei conti tra bene e male. Lo stadio Arthur Ashe ha preso la sua fisionomia da arena post-apocalittica: il baccano infernale, i cori “Usa, Usa, Usa!”, Taylor Swift e il suo compagno Travis Kelce, Matthew McConaughey con la bandana a stelle strisce. Tutti a sostegno del primo statunitense in finale nello Slam di casa dal 2006. Diciotto anni di purgatorio per un Paese che non accetta certo posti di secondo piano in uno sport tanto popolare. Fritz aveva poco da perdere e si era mostrato sicuro: «Con Sinner gioco sempre bene, sento che vincerò questa partita». Aveva battuto in semifinale l’altro americano Tiafoe, e ai quarti il grande incompiuto Zverev. Ama giocare aggressivo, dominare, ma sarebbe riuscito a scalfire la sensazione di impenetrabilità di Sinner?

Jannik è sembrato intoccabile, su un piano troppo diverso: con implacabile freddezza e lucidità ha riportato il tennis a uno sport in cui vince il più forte. Non ha permesso che il chiacchiericcio intorno, e che la pressione psicologica, potessero ostacolarlo. È stato in campo da più forte: vincendo quando giocava meglio dei suoi avversari, e anche quando giocava peggio. Contro Medvedev, contro Draper, contro Fritz in finale ha gestito meglio gli snodi decisivi del punteggio, con una forza mentale che è propria - più di ogni altra cosa - di un campione di tennis. Nelle sue partite i momenti di fisiologica flessione sono stati ininfluenti, quelli di brillantezza invece decisivi.

Il tennis è uno sport ad alto punteggio e i tennisti bravi sono quelli che controllano meglio il peso dei singoli punti, dei singoli game, dei singoli set. Contro Fritz sembrava una partita complicata, fino alla seconda metà del primo set, quando Sinner ha cambiato marcia e imposto una sgasata decisiva. Nel terzo set ha mancato l’opportunità del break e nel game successivo ha perso il servizio. Serviva meno di una prima di servizio su tre.

Il migliore in ogni frangente

Qualunque giocatore, oggi, avrebbe perso quel set. Sinner, invece, si è ricomposto, e ha cambiato di nuovo livello di gioco. Fritz non riusciva più a fare nemmeno un punto e ha perso con la rapidità improvvisa con cui si strappa un cerotto. Nessuno gioca meglio di Sinner da fondo campo. Nessuno manovra meglio lo scambio: per completezza tecnica, lettura dei momenti. Come ha detto Medvedev: «Sa quando tirare il colpo giusto al momento giusto». Nessuno palleggia alla sua velocità. Per provare a stare al suo passo gli avversari - quelli che non si chiamano Djokovic o Alcaraz - devono alzare il proprio standard fino al punto in cui qualcosa, in loro, si rompe. Medvedev, già campione a New York, è andato alla deriva mestamente nel terzo e quarto set; Draper è finito a vomitare nell’asciugamano; Fritz è stato sovrastato.

Non dà mai l’impressione di essere sotto sforzo, troppo compatto tecnicamente, e l’agio con cui vive l’eccezionale è ciò che rende Sinner di un altro livello rispetto ai suoi avversari: alieno. Sinner ha perso il primo set giocato a questi Us Open contro McDonald. Sembrava sotto shock, impreparato alla durezza mentale di uno Slam dopo tutto quello che aveva passato. Da quel momento, però, ha perso un solo set ancora, ininfluente. Dopo la vittoria ha detto che in questo torneo ha imparato l’importanza del lato mentale del tennis.

È stato sorprendente sentirglielo dire, perché sotto quell’aspetto Sinner sembrava essere già molto migliorato, ma è vero che in questo torneo è salito su un livello ulteriore. Mentre il mondo parlava di lui, e lo aspettava al varco, Sinner è riuscito a isolarsi con una facilità divina. «È stato molto difficile perché l’avvicinamento al torneo non è stato facile. Sento di essere cresciuto partita dopo partita, il mio livello di fiducia aumentava ogni volta. Ho avuto più pressione che in Australia. Sono contento di come l’ho gestita».

‘Sto con chi si fida di me’

Se nella storia in molti hanno sofferto la solitudine del numero uno del mondo - una posizione in cui tutti aspettano la tua caduta - Sinner sembra starci a proprio agio. Ama essere il più forte, quello inseguito, quello chiacchierato. Ha avuto più problemi in questi mesi, in cui la vicenda doping era rimasta segreta e lui ha dovuto sbrigarsela con sé stesso («Chi mi conosce si è accorto che qualcosa non andava»). Quando è venuta fuori, e lui ha dovuto gestirla all’esterno, non è stato un problema. Gli hanno chiesto come abbia fatto a restare così freddo, mentre in tanti gli davano del truffatore. Lui è sembrato stupito della domanda: «Ci sono cose che non puoi controllare. Guardo dal mio lato, sto con le persone che conosco e che si fidano di me».

Poco prima di alzare il trofeo, con le lacrime agli occhi, ha dedicato il trofeo a sua zia - «che non so quanto resterà con noi». Il suo sponsor tecnico ha celebrato la sua vittoria col claim “È tosta battere il più carino del circuito”.
Ci sono cose che non puoi controllare e devi concentrarti su quelle che invece puoi controllare: è una delle lezioni che il tennis offre facilmente alle persone comuni. Sinner naviga con serenità le acque più perigliose e tossiche, affronta con grazia ogni difficoltà, riporta calma e normalità dove sembra esserci caos e nevrosi. Non è questo il meglio che può offrirci un campione sportivo?