Con le Finals si chiude un 2024 che ha visto l’italiano torreggiare su tutti malgrado il caso-doping; tranne forse su Alcaraz, che però è meno costante
Due uomini sotto la cupola di un palazzetto sportivo giocano a tennis a una velocità impossibile. I servizi girano sempre attorno ai 200 chilometri orari, i dritti e i rovesci arrivano a 150. Sono forti, veloci, i loro corpi sono modellati da anni e anni di allenamento per raggiungere quella velocità e quella efficacia. Sono delle macchine perfette; in un certo senso, fanno spavento. Solo che la partita non è equilibrata perché uno dei due è più forte e più veloce dell’altro. In genere, nel 2024, su quasi tutti i campi da tennis del pianeta, e soprattutto su quelli fatti di cemento, è sempre Jannik Sinner il più forte.
All’atto finale delle Atp Finals di Torino, che radunano i migliori giocatori al mondo, Taylor Fritz si è battuto al massimo delle proprie possibilità, ma queste, oggi, non gli permettono di impensierire il numero 1 al mondo. Aveva già perso contro di lui la finale degli Us Open, in modo netto pur giocando forse il miglior tennis della sua carriera; e a Torino è successo lo stesso. Sinner ha vinto 6-4, 6-4 una partita che è stata forse un po’ monotona, ma che ha espresso al massimo delle possibilità il tennis ultra-violento di oggi. Un tennis in cui il campo diventa di ghiaccio, la palla vola da un angolo all’altro e Jannik Sinner è sempre al comando. Forse niente meglio delle parole di Casper Ruud esprimono il paranormale di Sinner in questo momento: «Almeno con Djokovic hai la possibilità di scambiare. Jannik invece non ti lascia respirare. Con Djokovic non hai paura che ti tiri una bomba lungolinea ogni volta che colpisce la palla».
Sinner ha chiuso l’anno con due Slam vinti, 70 vittorie e 6 sconfitte: uno score con cui eguaglia l’incredibile stagione 2011 di Novak Djokovic (che vinse 3 Slam ma non le Finals). È l’unico giocatore ad aver vinto più di 70 partite nel 2024. Numeri frutto dei miglioramenti costanti del suo gioco. Non c’è un aspetto del tennis di Sinner che non sia migliorato negli ultimi dodici mesi: la mobilità da fondo, la varietà dei colpi, la tenuta fisica e, soprattutto, il servizio. Un colpo decisivo nel tennis di oggi e che fino a un anno fa rappresentava il suo più grande limite. Sinner lo ha costruito un poco alla volta, prima irrobustendo la seconda palla, diventata sempre più efficace e meno attaccabile; e poi diventando sempre più incisivo con la prima. Ha chiuso la finale di Torino 14 ace a 8 contro Taylor Fritz, uno dei migliori servitori del circuito. Questi miglioramenti hanno consolidato anche un talento che si intravedeva già in nuce, e cioè la capacità di vincere i punti importanti. Ora grazie alla nuova arma del servizio, Sinner riesce a tirarsi fuori da situazioni di punteggio spinose senza dover giocare e vincere sempre il punto.
Ci sono solo due elementi che lo separano da un dominio brutale e noioso nei prossimi anni. La prima è la possibile squalifica dell’agenzia Wada. Sinner ha fallito due controlli antidoping nel 2024; la vicenda è ormai nota e ampiamente ricostruita. Il Clostebol, una sostanza proibita, sarebbe entrato nel corpo di Sinner tramite il suo massaggiatore, che l’aveva usato per medicare una ferita alle mani. Si trattava di un quantitativo insignificante, incapace di regalare a Sinner qualsiasi vantaggio competitivo, e tuttavia sufficiente per creargli problemi col tribunale sportivo. Sinner era stato inizialmente scagionato, ma la Wada ha fatto ricorso e ora le possibilità di una squalifica sono concrete.
Si attende un verdetto verosimilmente entro la fine di gennaio. Sinner rischia di non poter difendere il titolo agli Australian Open, e comunque continuerebbe a rimanere il numero 1 al mondo, tanto è il vantaggio accumulato in classifica rispetto ai rivali. Più difficili, però, da immaginare gli effetti sul lungo termine di una sua eventuale squalifica, non solo su Sinner ma sul tennis in generale.
Il secondo elemento che mette in dubbio il dominio di Sinner è Carlos Alcaraz, l’unico capace di batterlo con continuità nel 2024. I sorteggi, e la scarsa continuità dello spagnolo, hanno impedito che i due si scontrassero troppo spesso. Alcaraz, però, ha vinto tutte e tre le sfide del 2024, sebbene in contesti particolari. Nella finale di Pechino, decisa da un tiebreak fulminante, Alcaraz è riuscito a giocare una serie di punti trascendentali, rompendo il muro dell’italiano. L’impressione di quel tiebreak è forte e resta: Alcaraz sembra capace di picchi di tennis in grado di mandare in crisi Sinner e, se la partita si decide punto a punto, riesce a raggiungere una specie di trance ingestibile. Sia a Pechino che al Roland Garros Alcaraz ha battuto Sinner in partite tirate e decise su margini esigui. Qualcosa che avevamo già visto in passato.
Alcaraz ha chiuso una stagione con relativamente poche vittorie, ma due Slam vinti, a Parigi e Londra. Un 2024 contraddittorio, che ha confermato sia i lati luminosi che quelli oscuri del suo gioco. Quelli luminosi: un tennis spettacolare e capace di picchi inarrivabili forse per chiunque; una varietà che lo rende il favorito su terra, erba e su cementi lenti, come quello di Indian Wells. Quelli oscuri: una preoccupante assenza di continuità e un’incapacità tattica che spesso lo manda in crisi. Quando non è ispirato, e le cose non vanno come vuole, è capace di reazioni volitive ma danza anche su un cornicione sottile di nervosismo. I suoi crolli durante l’anno sono stati diversi, in particolare agli Us Open contro l’onesto Botic van de Zandschulp.
Alle Finals è arrivato raffreddato e malconcio, ha perso contro Ruud e Zverev, ma quelli indoor non sono certo i suoi tornei. Non è detto che il futuro gli riservi più continuità: Alcaraz è un tennista dello sperpero e i passaggi a vuoto sembrano strutturali nel suo gioco. Se però Sinner è migliorato, perché non può farlo anche lui?
Ricorderemo il 2024 come l’anno in cui il tennis è davvero entrato in una nuova era, dopo anni di cambi della guardia più desiderati che effettivi. È il primo anno dal 2003 in cui nessuno tra Federer, Nadal e Djokovic vince almeno uno Slam. Sono dovuti trascorrere 21 anni, Djokovic ha dovuto compierne 37 e avere un ginocchio malandato. Soprattutto, sono dovuti arrivare due giocatori fenomenali come Sinner e Alcaraz, che quest’anno lo hanno battuto con regolarità inequivocabile.
Djokovic, tuttavia, è riuscito nel suo ruggito ai Giochi olimpici di Parigi, nel prestigioso Philippe Chatrier, dove ha saputo aggiudicarsi la medaglia d’oro battendo in finale Alcaraz. Uno dei pochi obiettivi che mancavano a una carriera leggendaria. Un successo che rende comunque il bilancio positivo, in questa stagione che somiglia tanto all’anticamera del ritiro. Nadal ha lasciato il tennis, “se ne va un pezzo di me”, ha commentato Nole senza frasi di circostanza. Può ancora vincere a Parigi, e soprattutto a Wimbledon, dove non è impossibile che arrivi l’addio.
Il grande deluso del 2024 è Alexander Zverev, che ha chiuso un altro anno senza vincere uno Slam. La delusione è grande soprattutto se pensiamo al suo livello di gioco, forse persino superiore ai suoi standard pre-infortunio alla caviglia. Zverev ha vinto due Master 1000 ed è tornato numero 2 del mondo, ma sembra mancargli sempre qualcosa di intangibile per vincere contro i migliori nei palcoscenici migliori. Nel momento delicato sembrano mancargli il cinismo, la freddezza, forse anche la lucidità. Il suo gioco non ha apparenti punti deboli, ma a volte si fa un po’ remissivo, timoroso. Particolarmente brucianti le tre sconfitte contro Fritz, la sua kryptonite: a Wimbledon, agli Us Open e alle Finals. Bisogna menzionare anche la brutta sconfitta contro Lorenzo Musetti ai Giochi olimpici, rimediata da campione uscente. A 27 anni non deve essere semplice vedersi scavalcato da tennisti più giovani ma più maturi, più a loro agio, più vincenti.
È stata un’annata di crescita incredibile per Taylor Fritz, che a New York ha raggiunto la sua prima finale Slam. Dopo un 2023 in flessione, quest’anno ha aggiustato i limiti storici del suo gioco: il suo rovescio ballerino, i suoi spostamenti laterali e, soprattutto, una tenuta mentale che non lo abbandona più nelle svolte chiave dei match.
Le sue ambizioni hanno finito per scontrarsi sul moloch Sinner per due volte, ma il suo ingresso in top-5 è già un successo. Non è stato invece l’anno di Daniil Medvedev, superato in classifica proprio dall’americano. L’infortunio alla spalla di inizio stagione ha lasciato strascichi importanti: il servizio del russo non è più un fattore, e il resto del suo gioco si è sgonfiato. Senza poter comandare a inizio scambio, e senza punti gratuiti, il tennis è diventato incredibilmente faticoso per Medvedev. «Non ho provato gioia oggi sul campo», ha commentato dopo la sconfitta con Fritz a Torino. Il meglio, per lui, sembra passato.
Un altro deluso del 2024 è Holger Rune, sempre capriccioso e instabile. Il danese sembra avere il talento per stare tra i migliori, ma da quando è arrivato nel circuito non è migliorato in niente, forse anche a causa dei tanti cambi di allenatore. A settembre ha scelto Benjamin Ebrahimzadeh, ex tecnico di Thiem e Wawrinka. Dovrà lavorare con lui per provare a tornare ai massimi livelli nel nuovo anno. Sembra in ritardo. Ha chiuso l’anno con ottimi risultati Casper Ruud, sempre un po’ sottovalutato ma alla fine dei conti capace di sopravvivere ai massimi livelli più di quanto si immaginava. Altri giovani hanno avuto una bella annata, in particolare Jack Draper e Lorenzo Musetti. L’inglese ha trovato continuità dopo i tanti infortuni che ne hanno rallentato l’inizio della carriera, e a Vienna ha vinto il suo primo torneo importante.
L’italiano finora aveva dimostrato di poter giocare a certi livelli solo sulla terra rossa, mentre quest’anno ha ottenuto risultati significativi sul veloce, sull’erba in particolare. A Wimbledon si è spinto fino alla semifinale; mentre in estate si è messo al collo un prestigioso bronzo ai Giochi olimpici. Il gioco di Draper e Musetti, con tutte le variazioni barocche e le palle corte, sembra controculturale nel 2024, dei casi isolati rispetto anche alla nuovissima generazione che si intravede all’orizzonte – i giovanissimi João Fonseca e Jakub Mensik promettono altra ultra-violenza. Bisogna segnalare l’ingresso in top-20 del francese Arthur Fils. Nel 2024 Alcaraz e Sinner hanno alzato il volume del proprio gioco. Nessuno tira così forte, nessuno riesce a stare dentro lo scambio a quelle velocità. È un tennis esponenziale, asfissiante, sotto steroidi. Lo standard è stato fissato, siamo davvero entrati in una nuova era.