Tennis

Novak Djokovic, l'eterno campione. ‘Smettere? E perché mai?’

L'inossidabile Nole si gode Parigi e pensa già a Londra. ‘Contro di me, giovani si sentono sotto pressione nello Slam, ed è esattamente ciò che voglio’

Chi lo molla più?
(Keystone)
11 giugno 2023
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Ventitré titoli nello Slam. Nel mondo del tennis, come lui non c‘è nessuno. E nonostante i dati dell'anagrafe siano lì a ricordare che il campionissimo di Belgrado è ormai più vicino agli "anta" che agli "enta", a discapito dei suoi trentasei anni Nole non ne vuole sapere di smettere. «E perché dovrei?», risponde lui. Ed è una risposta più che mai convincente vedendo cos’è ancora in grado di combinare in campo, dopo un nuovo exploit sulla terra rossa alla Porte d'Auteuil. «Dove piazzerei questo trionfo? Senz'altro tra i più importanti – dice il nuovo numero uno al mondo –. Prima del torneo, e poi anche prima della finale sapevo che stavo per entrare nella storia. Tuttavia ho cercato di concentrarmi sulla preparazione, come avrei fatto per qualsiasi altra partita. Naturalmente non posso dire di non aver pensato a un traguardo che era molto vicino, ma il mio entourage ha fatto di tutto per creare una specie di bolla intorno a me. Siamo riusciti a rimanere nel presente e a fare le cose bene, come avremmo voluto. Poi, ovviamente quando ho visto che l'ultimo diritto era uscito bene, ho avvertito un enorme sollievo, e sono stato sopraffatto da emozioni fantastiche. Sì, sono molto felice e orgoglioso di questo titolo».

Come ci si sente a essere il più grande giocatore della storia?

«Ma io non voglio dire di essere il più grande, perché sarebbe irrispettoso nei confronti di tutti i grandi campioni del nostro sport nelle varie epoche, quando il tennis era giocato in modo totalmente diverso. Credo che tutti i grandi campioni della loro generazione abbiano lasciato un segno enorme, un'eredità, e ci abbiano aperto la strada. Lascio quindi ad altri le discussioni su chi sia il migliore. Io ho soltanto grande fiducia in me stesso e nelle mie capacità. Questo trofeo è un'ulteriore conferma della qualità del tennis che sono ancora in grado di produrre. I tornei dello Slam sono La priorità della mia stagione, ogni anno, e in particolare a questo punto della mia carriera. Quando mi sono presentato al Roland Garros i miei risultati sulla terra battuta non erano buoni, ma non appena sono arrivato a Parigi mi sono sentito diverso: ho capito che sulla distanza dei cinque set avevo ottime possibilità contro chiunque. So che molti ragazzi si sentono sotto pressione quando giocano contro di me in quelle situazioni, ed è esattamente quello che voglio che sentano. È bello avere questo tipo di vantaggio psicologico. Ma su di me c'è così tanta pressione che quando è tutto finito e mi ritrovo con il trofeo in mano, un altro trofeo dello Slam, è incredibilmente soddisfacente e un enorme sollievo. Ma sento di non essere ancora arrivato alla fine del mio percorso: finché vinco nello Slam perché dovrei pensare di smettere? Già non vedo l'ora che arrivi Wimbledon...».

Cosa si prova ad aver vinto più tornei nello Slam di campioni come Roger Federer e Rafel Nadal?

«È vero che mi sono sempre paragonato a loro, perché sono quei duei i più grandi rivali che ho avuto in carriera. L'ho già detto molte volte, sono stati loro ad avermi definito come giocatore e hanno contribuito in qualche modo a tutti i successi che ho avuto, attraverso la nostra rivalità e i nostri testa a testa. Non riesco a contare le ore passate a pensare e ad analizzare cosa dovevo fare per batterli nelle partite più importanti. Negli ultimi quindici anni ho pensato molto a loro due, quindi adesso è incredibile per me sapere di essere davanti a loro per numero di Slam vinti. Ognuno scrive la sua propria storia, e grazie a noi tre e a Andy Murray, in questi ultimi vent'anni la gente ha parlato di età dell'oro del tennis maschile. E io sono molto grato di far parte di questo gruppo».