Nadal a quota 21 Slam, tutti gli altri inseguono. Compresi Federer e Djokovic. Il maiorchino: ‘Una delle partite più emozionanti della carriera’
Il tennis ha il suo re. O meglio, a ben vedere ne avrebbe tre, tutti legittimi. Tuttavia è d’obbligo riconoscere a Nadal il titolo di imperatore. Del resto, il 21esimo Slam, uno in più dei colleghi con l’aiuto dei quali ha riscritto la storia del tennis nell’ultimo ventennio (con ancora qualche parolina da dire, perché mica è finita qua) deve pur elevare oltre lo stato di sovrano della disciplina. Altrimenti perché tanta brama nel volerlo conquistare, se poi non facesse la differenza? Che poi, questo agognato Slam in più, in definitiva era un assillo solo per Djokovic. Un titolo al quale il serbo ha consacrato almeno le due ultime stagioni, sfiorando il clamoroso Golden Slam, il non meno sensazionale Grande Slam, salvo ritrovarsi con quel doloroso senso di incompiuta, vittima della pressione eccessiva di cui si era fatto carico. Per Federer si può semmai parlare di occasioni sprecate. Celeberrima, quella di Londra nel 2019, con l’incredibile e a suo modo storica sconfitta contro Novak con due matchball, servizio a favore e vittoria in mano nel torneo che più ama. Così, è Rafa ad avercela fatta per primo. E non si dica che è il terzo che gode tra due litiganti, giacché la lotta ha sempre coinvolto tutti e tre. Non lo si pensava capace di riuscirci a Melbourne, il torneo che in passato non gli ha regalato troppe soddisfazioni (una sola vittoria, nel 2009, quattro finali perse qualche amarezza qua e là). Si è ripreso sul Centrale più improbabile quanto gli era stato portato via proprio da uno dei suoi grandi rivali - Djokovic - a Parigi la scorsa primavera. Il serbo allora si macchiò del reato di violazione di domicilio, esattamente come con Federer a Londra. Fu al Roland Garros che Nole gettò le basi per l’impresa clamorosa del Golden, poi Grande Slam, svanita. Fu sul “rosso” così gradito a Rafa che interruppe la serie di trionfi del maiorchino, fermo alla spaventosa cifra di tredici vittorie. Da quella delusione cocente che lo costrinse a rinviare l’appuntamento con il 21esimo “major", alla straordinaria affermazione di Melbourne, dove e quando meno te lo aspetti. In fondo, ancor più bello così, no? Djokovic inflisse una ferita profonda a Federer a Londra il 14 luglio, giorno della festa nazionale francese. Lo stesso serbo due anni dopo inflisse una mazzata in semifinale a Nadal in terra consacrata parigina. Medvedev poi lo privò del Grande Slam a New York. Lo stesso russo si è però inchinato a Nadal a Melbourne, consegnando Rafa alla leggenda prima degli altri. Intrecci intrisi di lacrime, di gioia e di dolore.
Come Djokovic - ma lui stesso quanto volte già ci era riuscito? Tante - Nadal ha vinto in rimonta, tornando da lontano. Come Federer nel 2017, ha centrato l’obiettivo più grosso tornano da molto lontano. Dal timore di non può farcela, dall’ennesimo infortunio, dai dubbi di che deve fare i conti con gli strapazzi di una carriera impostata sulla forza, a scapito di un fisico giocoforza logorato. Come Djokovic, come Federer… Similitudini e accostamenti che la dicono lunga, sull’impresa. Sulla quale si sono espressi entrambi. “Congratulazioni al mio amico e grande rivale per il 21esimo Slam della carriera. Pochi mesi fa parlavamo del fatto che entrambi eravamo in stampelle. Mai sottovalutare un grande campione. La tua incredibile etica del lavoro, la tua dedizione e il tuo spirito combattivo sono un’ispirazione per me e per moltissime altre persone. Sono orgoglioso di condividere questa era con te e onorato di aver avuto un ruolo nel migliorarti sempre di più, lo stesso hai fatto tu con me negli ultimi 18 anni». Firmato Federer, sinceramente ammirato, addirittura riconoscente. «Congratulazioni per il 21esimo Slam. Risultato straordinario. Lo spirito combattivo è sempre impressionante e ha prevalso un’altra volta», ha ricordato il numero uno al mondo, il grande assente che probabilmente non troverà di grande consolazione che il trono mondiale è ancora suo per qualche settimana.
«Questo trofeo resterà sempre nel mio cuore - ha spiegato Rafa cercando di tradurre in parole un sentimento complicato da esternare, tanto è coinvolgente -. È incredibile, un mese e mezzo fa non sapevo nemmeno se avrei potuto prendere parte al torneo, e invece mi trovo per le mani il trofeo. Non avete idea di quale lavoro sia alla base di questo risultato. Questa finale è una delle partite emotivamente più intense della mia carriera», ha poi aggiunto in lacrime, in preda alla commozione di chi sa dare il giusto significato all’ennesima “follia” - la 90esima finale vinta - proprio perché sa misurarne l’ampiezza e sa cosa ha dovuto investire per ottenerla.
Nadal, Federer, Djokovic… Tre nomi per sempre uniti nella storia dello sport, ben oltre quella della nicchia del tennis. Un circolo di eletti dal quale si stacca, elevandosi una tacca sopra gli altri, quello di Rafael Nadal da Manacor.
Più di Djokovic, ma come Federer, Nadal è trasversale, la forza del suo tennis è pari alla genuinità della sua persona. Ne consegue che il suo trionfo fa l’unanimità. Vuoi perché vi è la pennellata di romanticismo quale coronamento di una storia di sport segnata da lacrime, sacrifici, dubbi e proposito di ritiro; vuoi perché premia uno sportivo amato a tutto tondo, anche da chi fa il tifo sincero per uno degli altri colleghi. Vuoi, infine, perché tiene gli appassionati della racchetta aggrappati al sogno - non più solo un’illusione, a questo punto - di un tennis in cui Nadal, Federer e Djokovic hanno ancora qualcosa da dire. Già, perché possiamo ammirare Medvedev, che tanto ha già vinto e tanto altro vincerà, aspettare Sinner che forse sfonderà, applaudire Zverev, rimpiangere Wawrinka, credere in Tsitsipas, adorare Kyrgios e tutti i matti come lui, ma senza quei tre - 36, 41 e 35 anni - non sarà mai più la stessa cosa. Tale consapevolezza è ovvia. Sapere che ancora non è il momento di arrendersi a tale evidenza è rassicurante, per chi ama il tennis e, in tutti questi anni, è stato abituato molto bene. Troppo bene, forse.
Grazie Rafa, il tennis si inchina, lo sport ti è grato.