Il maiorchino domenica può conquistare lo Slam numero 21 della sua carriera: ‘Manco pensavo di poterla giocare più, una finale’
«Non pensavo nemmeno di riuscire ancora a giocarla, una finale». La gioia legittima di Rafael Nadal, vincitore in quattro set ai danni di Matteo Berrettini, è preceduta da una considerazione seria che nasce dalle difficoltà che il maiorchino ha dovuto superare per tornare a un livello tale da ambire, lui per primo, a salire a quota 21 Slam. Dubbi che nei mesi scorsi di sofferenza e dolori ne hanno minato le certezze. Dubbi forse spazzati via definitivamente dalla testa attraverso le lacrime di gioia e commozione versate dopo aver stretto la mano al tennista romano, sportivo nel riconoscere l’altrui netta superiorità.
Non a caso, visto che parliamo di due dei tre più grandi e più forti in assoluto nella storia del tennis, il suo percorso a Melbourne assomiglia a quello di Roger Federer cinque anni or sono. Nel 2017 il basilese tornò alle competizioni alla Hopman Cup, per preparare il vero e proprio rientro sul Circuito agli Australian Open, dopo una lunga assenza dai campi per un infortunio al ginocchio con relativo intervento chirurgico. A 36 anni da compiere di lì a pochi mesi. Ebbene, Federer non si limitò a tornare, bensì si superò e trionfò, per poi sbancare Londra per l’ottava volta e bissare il titolo a Melbourne l’anno successivo per quello che è stato l’ultimo “major” sul quale ha messo le mani. Un’impresa di portata storica, quella del basilese, resa ancor più mirabolante proprio dai mesi di inattività e dall’età non più verdissima, più da pensionato dello sport che da vincitore di uno dei quattro tornei più importanti al mondo. La stessa età di Nadal, oggi: 36 anni il 3 giugno.
Rafa ambisce a una replica di quanto riuscito all’altrettanto illustre collega. In un torneo che non ne ha mai esaltato le caratteristiche. Non fosse altro che perché non è mai stata una priorità nel calendario di un fuoriclasse con le qualità per imporsi anche sull’acqua, se vi si giocasse. Le cui attenzioni, però, sono però da sempre focalizzate sulla stagione della terra rossa e sul Roland Garros che ne rappresenta l’aristocratica conclusione. Non che Melbourne non abbia un valore, agli occhi di Rafa, ma certo è che non è mai stato il suo Slam preferito, anche perché affrontato in avvio di annata, all’inizio di un percorso che ha il suo apice in primavera, non nei giorni della merla. A Melbourne Nadal si è imposto una sola volta, nell’ormai lontano 2009. Poi, solo tentativi andati a vuoto. Quattro finali e altrettante sconfitte, battuto due volte da Novak Djokovic, una da Roger Federer e una da Stan Wawrinka. Tutti avversari contro i quali è lecito soccombere. Vale anche per “Stan the man” il quale, indice puntato alla tempia, in quel duello del 2014 giocò in maniera semplicemente irresistibile, per chiunque.
Insomma, quel titolo Nadal lo ha messo in bacheca, in bella vista, assieme agli altri 19 Slam della carriera, ma poi il bis lo ha solo sfiorato, costruendo la propria leggenda sul dominio a Parigi interrotto dal solo Djokovic. Ora, l’opportunità che gli si presenta è doppia. Sbancare Melbourne potrebbe anche rappresentare solo uno sfizio, se non fosse che comporterebbe tagliare un traguardo al quale hanno ambito, ma senza successo, sia Roger sia Novak. Federer ha ormai abdicato, per raggiunti limiti di età. Djokovic ne ha fatto un assillo che gli si è ritorto contro, in attesa di nuove e ghiotte opportunità. Intanto, però, il tennis pone Nadal di fronte al colpo grosso, all’eventualità di mettere le mani sul 21esimo Slam - alla 30esima finale - con il quale salire un gradino sulla scala delle gerarchie mondiali, scrollandosi per un attimo di dosso la compagnia dei due rivali. La serenità con quale ha sempre affrontato l’argomento e la consapevolezza di essere già nella storia del tennis senza per forza correggere verso l’altro il numero di titoli conquistati, ne fanno un pretendente con tutte le carte in regola per centrare l’obiettivo che a Djokovic era sfuggito in maniera clamorosa a New York lo scorso agosto, in finale contro Medvedev. Vittima della superiorità di giornata del russo, ma anche tradito dalla tensione nervosa che lo ha divorato lungo la spasmodica ricerca della consacrazione alla quale il serbo, lui sì, assegna una valenza legata ai numeri.
Riassumendo, gli elementi a favore di Nadal sono tre: la cavalcata anche un po’ romantica - se si pensa all’infortunio al piede, alla lunga inattività e all’età - che ricorda quella straordinaria di Federer del 2017 e la serenità con la quale ha sempre affrontato il delicato tema del 21esimo Slam (difficilmente l’attesa ne schiaccerà le ambizioni). Il terzo elemento a favore è… lui stesso. Il suo tennis, la sua forza, il suo essere uno dei tre più forti di sempre, quello che non ha nulla da invidiare ai due rivali, dei quali domenica potrebbe abbandonare la compagnia. In attesa di misurarsi a Parigi, dove tenterà di riprendersi lo scettro ( e saremmo a 22, 14 al Roland Garros) che Djokovic gli ha strappato di mano lo scorso giugno, impresa anch’essa sportivamente mirabolante, ascrivibile solo al serbo.
Occhio, però, giacché per tre elementi a favore ce n’è uno che si frappone, l’avversario. Da quale parte si sposta l’ago della bilancia? Quanto grosso è l’ostacolo che separa Nadal dalla ennesima razione di gloria? Beh, è senza dubbio il più complicato da sormontare. Non ce ne voglia Stefanos Tsitsipas, ma Daniil Medvedev al momento è l’unico in grado di dialogare ad armi pari con i più grandi di sempre. L’unico con le credenziali adatte alla conquista di uno Slam, solitamente terra di conquista dei Big Three. Basti pensare al citato Us Open dello scorso anno, dove frantumò a pallate il sogno di Djokovic che, tra l’altro, potrebbe scalzare dalla prima poltrona mondiale. Ma si pensi anche alle Atp Finals del 2020, la prima grande impresa dopo tanti segnali, alcuni dei quali invero un po’ interlocutori.
Insomma, in un momento storico che priva il tennis di Federer e Djokovic, non c’è finale più degna di Nadal contro Medvedev. Il russo è l’attore al quale affidare sia il ruolo dell’antagonista in grado di negare la gioia più grande al maiorchino diventando il numero uno al mondo, sia quello dell’avversario degno della finale che può certificarne la grandezza, nel caso a spuntarla fosse l’uomo dei 20 Slam a caccia del 21esimo sigillo, ma senza farne un cruccio.