Pur quasi cronicamente fuori forma, e non più giovanissimo, Shaqiri sarà importantissimo per la Nazionale anche nelle prossime settimane in Germania
Indolente, incostante, perennemente fuori forma, poco svizzero, arrivista, politicamente incauto… Si potrebbe continuare a lungo, tante sono le definizioni appioppate, negli ultimi tre lustri, a Xherdan Shaqiri, probabilmente il giocatore di maggior classe dell’intera storia del calcio rossocrociato, di cui purtroppo – al momento – benché qualcosa si muova all’orizzonte, ancora non si intravede un degno erede.
E così, alla vigilia dell’Europeo in cartellone in Germania (14 giugno - 14 luglio), molte delle speranze di addetti ai lavori e tifosi svizzeri poggeranno, ancora una volta, sulle spalle – e soprattutto sul sinistro fatato – dell’ormai quasi trentatreenne fantasista nato in Kosovo e cresciuto ad Augst.
L’altroieri sera, nella gara disputata a Lucerna contro l’Estonia, l’abbiamo visto – per l’ennesima volta – arrancare nel tentativo di reggere un ritmo a cui, ormai, non è più abituato. In Nord America, campionato dove sverna da due anni e mezzo, si gioca infatti al rallentatore, e ciò non aiuta certo chi, come Xherdan, già di suo non è quel che gli anglosassoni definiscono un workaholic, cioè uno stakanovista. E si trattava, si badi bene, di un’amichevole, per giunta contro una compagine di Quarta lega: come potrà mai reggere – ci siamo chiesti un po’ tutti – le sollecitazioni delle gare ufficiali che inizieranno fra pochi giorni?
Malgrado le difficoltà, il selezionatore Murat Yakin lo ha lasciato in campo per tutti i 90 minuti, forse per infondergli fiducia o magari per consentirgli appunto di migliorare una condizione assai precaria. E così, al riparo degli avvicendamenti, Shaqiri è riuscito anche a segnare una rete (la sua 31a in maglia rossocrociata in 122 gare): poco importa se giunta solo su rigore e se – in un primo tempo – aveva fallito la trasformazione dal dischetto, perché è un gol che gli darà morale.
Provocatore ma vittima, talentuoso ma intermittente, determinante ma pigro come spesso capita ai geni, da sempre il numero 23 serve senza sosta titoli succulenti alla stampa, facendo la gioia di giornali e televisioni. Allo stesso tempo, è responsabile dell’ingrossamento del fegato dei suoi allenatori, dei compagni di squadra, e non di rado pure dei tifosi, che insieme al suo tocco di palla superlativo hanno spesso dovuto accollarsi indolenza, dichiarazioni fuori luogo e atteggiamenti discutibili.
Alla strepitosa rovesciata con cui negli ottavi di finale di Euro 2016 pareggiava il conto con la Polonia e regalava alla Svizzera supplementari e rigori, il basilese affiancava purtroppo un rifiuto alla convocazione in Nazionale, per qualcuno difficile da perdonare ancora oggi. Allo stesso modo, parallelamente alla tripletta contro l’Honduras al Mondiale del 2014, dobbiamo ricordare un altro suo gol molto importante, ma sporcato da un episodio capace di imbarazzare l’intero Paese: alla rete del 2-1 che blindava il successo svizzero in rimonta sulla Serbia alla Coppa del mondo del 2018, fece infatti seguire – spalleggiato da Xhaka e Lichtsteiner – un’esultanza provocatoria e politica che andava a toccare temi assai sensibili e versava sale su cicatrici ancora non del tutto rimarginate, facendo il gioco dei beceri che, da sempre, lo ritengono indegno di vestire la casacca rossocrociata.
Shaqiri, insomma, oltre che come giocatore maggiormente dotato di talento della storia del calcio elvetico, sarà certamente ricordato per un sacco di altre cose, purtroppo non sempre positive. Resta il fatto che, ancora oggi, se c’è qualcuno capace di girare un match importante negli ultimi venti o trenta minuti, quello è senz’altro Xherdan. E vedrete che lo dimostrerà anche in Germania, nelle prossime settimane.
Dopodiché, già si mormora, sarà pronto per volare in Arabia Saudita per rivestire d’oro zecchino gli ultimi anni della sua chiacchierata ma invidiabile carriera. Del resto, laggiù, a nessuno importa se invece di correre si limiterà a trotterellare nella sua zona di campo preferita, a una trentina di metri dalla porta nemica.